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novella xxviii. 49

tenea l’acqua. Che si ha a fare? risponde l’altra. Tenete, risponde la bacchettona, la bocca come se voi aveste l’acqua dentro, e vedrete che vi riuscirà a quel medesimo.

Non so se la novella sia al proposito, ma fate sperienza. Ogni sorta di acqua credo che vaglia, e sentite che anche senza acqua si può fare il segreto.


XXVIII.


Nuova moda con che una donna rubò un’altra.


Val più un’oncia di voglia in corpo, di mille libbre di senno e di ragioni. Quante volte si sono veduti truffatori andare intorno, e, chi con un artificio, chi con un altro, trarre i danari delle mani al prossimo! Costoro hanno, fra le altre, una lusinga, che ti mettono in isperienza di utilità o di piacere: se questa ti entra nelle viscere, ti spogli in camicia per dar quanto hai a così fatti promettitori. Nei passati dì nella contrada di San Trovaso, se ne vide questo nuovo esempio. Andò una donna co’ capelli arruffati e con un’aria di sibilla camminando per quei luoghi, e veduta una femmina sull’uscio, che forse l’avea appostata avanti per gittar l’amo, le si fece all’orecchio, e spalancando gli occhi come se la fosse stata invasata, Io ti saluto, le disse, o fortunatissima donna. Odi pazzia, diceva l’altra: io fortunata! che ho sì e sì: e stringevasi nelle spalle, rammentando tutti i suoi guai. Non vi lagnate, no, diceva l’astutaccia, che voi avete in casa di che rimediare ad ogni malanno. Sorella mia, voi non lo sapete, ma negli antichi tempi fu qui in casa vostra nascosto un tesoro, e io so dove giace. Tesori di stracci, diceva l’altra: io so dove ne sono in casa mia, altro no, e io credo certamente, o buona donna, che voi farnetichiate; ma così dicendo si vedea negli occhi, che la cominciava ad assaggiare e a bere il veleno della lusinga, come appunto quando un