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218 g. sercambi

figliuola grand’e donzella nomata Isifile, la quale lo ’mperadore tenea in una bellissima torre, di notte et alcuna volta di dìe, quando ella non uscìa fuori di casa, ché rade volte andava per suo spasso per Roma.

Avenne che in quel tempo Vergilio poeta fu scacciato di Mantova. Et arivato Vergilio poeta e gran maestro in arte negromante a Roma e quine dimorato molto tempo, vedendo un giorno Isifile e piacendoli, essendo del mese di magio, s’innamorò di lei per modo che non molto tempo steo che a Isifile fe’ dire il bene che a lei volea. E doppo molte parole, Isifile, per ingannarlo, rispuose ch’era contenta d’aconsentire alla volontà di Vergilio, ma che non vedea modo ch’e’ a lei andar potesse se non a uno modo, e quello era assai faticoso, ma pur pensava che fatto verrè’. E il modo era questo: che ella, chiesto licenzia al padre di volere suso in torre tirare uno canestro di rose, Virgilio in quello canestro di rose intrar dovea, et ella lo tirerò’ suso e prenderenno loro piacere; e dapo’ per quello medesimo modo si ritornerò’. E tale risposta a Vergilio mandò.

Vergilio, che l’avea l’amore in lei accecato, contento disse ch’era presto a entrare innel canestro, et ella su lo tiri. Ordinata la cosa, Vergilio innel canestro entrò coperto di rose. Isifile falsa tirò Vergilio fine al mezzo della torre e quine tutta la notte fine al mezzodì lo lassò pendente.

Vergilio, vedendosi ingannato e non vedersi andare né su né giù, e stato tanto tempo, più volte per disperazione del canestro volse uscire e lassarsi cadere; ma l’animo suo faccendosi forte di sì fatto fallo per Isifile commesso a suo tempo vendicarsene, se ne ristéo che del canestro non uscìo.

Isifile malvagia, avendo fatto stentare Vergilio più di xvi ore, parendoli tempo di lui vergognare, mandato per lo ’mperadore suo padre e lui venendo, disse: «O padre carissimo, vendicami della vergogna che a me è stata voluta fare da uno malvagio». Lo ’mperadore disse: «Chi è stato tanto ardito che la figliuola dello ’mperadore abia voluta vergognare?» Isifile disse: «Padre carissimo, avendomi voi dato licenzia che uno canestro di rose potesse innella torre tirare, uno Vergilio mantovano, digainando