Novelle (Sercambi)/Novella LXXVIIII

Novella LXXVIIII

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LXXVIIII


Ditta la piacevole novella e la brigata riconfortatosi di buon confetti e grechi, è ditta alcuna canzonetta in questo modo:

«Io fui già rusignolo in tempo verde
e con dolce cantar seguì amor tanto
che giunsi ove ’l fischiar si muta in canto;
così mutai per l’accidento verso.
Or viver cerco e non curo fatica
per non venire a mercé della formica.
Chi vuol senza fallir venire in tempo,
le cose dé far l’uom secondo il tempo».

Dapoi ’l preposto comandò a l’altore che una novelletta dica e poi si ceni, e senz’altro fare si vada a dormire perché la mattina di buon’ora si possa caminare. L’aultore presto a ubidire disse:


DE MULIERE ADULTERA ET TRISTITIA VIRI

Di Cazzutoro e monna Dolciata, donna di Vespa di Saminiato.


Innella terra di Saminiato al tempo che messer Johanni dell’Agnello n’era signore, fu una donna d’età di anni xxvi nomata Dolciata, donna di un artefici nomato il Vespa, del quale ella avea uno fanciullo piccolo a petto. E perché naturalmente le donne sono vaghe di cose nuove e talora mutar pasto, le venne voglia un giorno vedendo un giovano nomato Cazzutoro, pensando che [p. 346 modifica]’l nome seguisseno l’efetti, che il ditto Cazzutoro con lei si prenda piacere.

E fattoli cenno che li volea parlare, Cazzutoro andò a lei dicendo: «Che vi piace, madonna Dolciata?» Ella disse: «Il nome tuo m’ha fatto venire uno apetito sì grande, che se non me ne contenti io mi moro». Cazzutoro dice: «Qual è quello apetito che si fieramente vi percuote? Dìtemelo». Madonna Dolciata dice: «Che vo’ che meco ti godi e che a me di’ consolazione di ritrovarmeti sotto». Cazzutoro, che ode quello che vuole, disse: «Madonna Dolciata, il vostro nome mi sembra che come avete nome Dolciata, così penso che dolce serà ogni vostra cosa».

E dato l’ordine tra loro, più volte si trovonno insieme dove Cazzutoro e Dolciata mescolonno loro cose con piacere, dicendo tra loro che ogni volta che Vespa suo marito facesse la guarda che lui venisse seco ad albergo et entrasse per una finestra dirieto, la quale di continuo la lasserà aperta; et eziandio lui faccia alcuno segno di sgraffiare che paino topi: «Et io intenderò tutto e la camera t’aperrò».

Dato tra loro l’ordine e seguito loro fatto molti mesi, avenne che a Vespa li era stato comandato la guarda. La donna, sentendo questo, subito lo fe’ a Cazzutoro assapere acciò che con lei la notte si desseno piacere. Cazzutoro, presto a ubidirla di sì fatto mestieri, spettò l’ora. Vespa, per alcuni lavori di buoi che la mattina seguente avea a fare, per esser forte la guarda misse e non andò dove la moglie credea. <La moglie> dicendoli: «Vespa, tu se’ troppo grasso, poltrone marcio, che stanotte per impoltronire inne’ letto hai speso soldi iiii, et io cattivella per avanzare puppo il fanciullo, che ben ti dovresti vergognare ad aver sì fatta donna e lassarla puppare poi che i denari gitti a diletto. Almeno l’avessi scambiata, se non ti sentii bene, a doman da sera»; Vespa dice: «Tu sai che domane io hoe a rompere le terre co’ buoi, e per esser più forte la guarda missi». La donna disse: «Or pensi che io non facesse tanto lavoro in una notte che vasterè’ a te in uno mese?»

Et andatosene il Vespa e la moglie a dormire, Cazzutoro, che non sa che Vespa sia in casa, intrato per la finestra e fatto il segno del grattare, la donna, che la piumata avea presta, [p. 347 modifica]sentendo Cazzutoro pensò trovare qualche modo a potere a lui andare. E subito tirato il naso al fanciullo, lo fe’ piangere. E non restando il piangere. Vespa dice: «Dalli la pupora». Dolciata dice: «E’ non vale niente, ma io le vo’ andare a cuocere uno vuovo e credo starà cheto». Vespa simplice: «Và, et intanto nannerò il bambolo». Messasi Dolciata <la camicia> e preso i’ lume, fuori della camera uscìo faccendo vista il fuoco accendere: et al suo montone acostò il fuoco di Cazzutoro intanto che ciascuno rimase colla lana bagnata.

E ritornando la donna senza lume innel letto e posto l’una delle gambe sopra il piomaccio non acorgendosene e l’altra più giù, stando ella colla limerà aperta, parte della umidità ricevuta di Cazzutoro e della sua in sul volto a Vespa colò. Vespa, che crede che sia il vuovo, succhiandolo dice: «Tieni ritto il vuovo che gocciola». Dolciata, che sa che vuovo è quello che ’l Vespa ha succhiato, fra sé ride fortemente dicendo: «Io ho dato il brodo al mio marito e per me ho presa la carne». E ritornata innel letto, colla puppa il fanciullo racchetato e Vespa non acorgendosene di niente, si dormìo.

E questa vita tenne quella buona paggese di Dolciata col vuovo di Cazzutoro, con quello si pascea.

Ex.º lxxviiii.