Novelle (Sercambi)/Novella CXVIII
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CXVIII
R>edutti le brigate per la nuova novella ditta, giunsero a Bologna, dove il proposto comandò che una stanza si prendesse in onesto luogo, sperando quine dimorare alcuni dì; e così si fe’. E venuto l’ora della cena, quine faccendo dire alcune canzonette fra le quali si disse per una giovanetta così:
«Non far <contra> al dovere, che forse forse
contro ti tornerà quel <c’>hai pensato,
e il bellistà è sempre apparecchiato.
Il tempo passa, e però guarda, guarda
<prima> che giugni e non al fatto doppo,
ch’e’ leone già bisogno ebbe del topo.
Apri li occhi e rico’ queste verba
e pensa ch’umiltà vince superbia».
Cantato la dilettevole canzonetta, le taule poste, le vivande venute, lavate le mani, a cenare n’andaro. E doppo cena li stormenti sonando, le danze prese, fine a l’ora del dormire steono; parlando il proposto a l’altore, dicendo che per lo dì seguente doppo il desnare ordinasse una novella fine a l’ora della cena, restando in Bologna: a cui <l’altore> rispuose che fatto serà.
Et iti a dormire, la mattina levati, e fine al desnare ciascuno si diè buon tempo. E desnato, l’altore parlò alto dicendo: «A voi, omini che avete ucciso e dapoi co’ parenti di tali vi pacificate, ad exemplo dirò una novella»; dicendo così:
DE INIMICO RECONCILIATO NE CONFIDETUR
Al tempo che li pisani erano signori di Lucca e Pisa, un Gualfreduccio e ’l Sessanta isbanditi, l’uno la fregò <a l’>altro per comparatico.
N>el tempo che fu tagliato la testa a’ Bergolini di Pisa et i Raspanti rimaseno signori di Pisa e di Lucca, fu innel contado di Lucca in una villa nomata Camaiore (posto che già fusse castello, in quel tempo era senza mure) uno nomato Gualfreduccio di Maletaccole, isbandito per molti micidi che fatti avea de’ suoi contrari e d’altri; infra’ quali che morti avea, fu uno di quella terra nomato Ciuglio, fratello d’uno nomato il Sessanta. Il quale Gualfreduccio, doppo tale micidio fatto del ditto Ciuglio, a preghiere d’alquanti suoi amici e d’altri si ridusse a pace col ditto Sessanta fratello del ditto Ciuglio; e per dimostrare più amore, il preditto Sessanta si fe’ compare del ditto Gualfreduccio.
E come omini isbanditi l’uno e l’altro di continuo andando armati di corazze e di cervigliere lance e falcioni et altri armi, steo il ditto Sessanta alquanti anni col ditto Gualfreduccio a una guerra, mangiando e bevendo, dormendo e stando insieme soli e con altri compagni, non dimostrando tra loro alcuna malavoglienza, intanto che per lo paese si ragionava il ditto Sessanta amare più Gualfreduccio che sé proprio. Et il ditto Gualfreduccio si confidava tanto innel ditto Sessanta che più che di fratello li portava fede (O sciocchi, che credete che colui che è stato diservito non tegna sempre a mente il diservigio a lui fatto! Né mai del cuore li esce, e qual pensa che altro ne sia è pogo savio!).
E stando i preditti in tale maniera per la vicaria di Camaiore, oggi in un luogo domane in uno altro come li sbanditi fanno, essendo di state e ’l caldo grande, divenne che una romea assai giovana passando dove il ditto Gualfreduccio co’ compagni erano in aguaito, la ditta romea dinanti al ditto Gualfreduccio rapresentata fu. E volendone prendere suo piacere, quella da parte trasse e cavatosi di testa la cervigliera e dinanti isbottonatosi la corazza per poter più diletto di tale prendere, calatosi le mutande e sopra di tale sagliendo facendo quello che a tale atto richiede; e mentre che tale cosa per lo ditto Gualfreduccio si facea, <uno suo ragazzino> chiamato Carnicella con motti disse: «Chi ha <a> fare non stia». Il Sessanta, che tali parole ode, pensò del fratello aver il modo di vendicarsene.
Non guardando comparatico, non guardando perdono né pace né amicizia né compagnia né pericolo che a lui ne potesse venire, con uno falcione se n’andò dove Gualfreduccio era et in sulla testa dalla parte dirieto li diè. Gualfreduccio volendosi levare, non potendo per le mutande che calate avea et anco per lo colpo avuto, il Sessanta rinfrescando i colpi in sulla testa per modo che morto l’ebbe, lo romore sentendosi per li altri compagni di Gualfreduccio che quine erano fu tratto dirieto al ditto Sessanta e senza ostare lo giunseno dove quine l’uccisero.
E per questo modo, per aversi fidato dello inimico fue morto; e così adiverrè’ di chi si fidasse come si fidò Gualfreduccio.
Ex.º cxviii.