Novelle (Bandello, 1910)/Parte I/Novella XXXVI

Novella XXXVI - Disonestissimo amore di Faustina imperadrice, e con che rimedii si levò colai amore

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Novella XXXVI - Disonestissimo amore di Faustina imperadrice, e con che rimedii si levò colai amore
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IL BANDELLO

a la molto gentil signora

la signora

isabella trotta da casate

salute


Non è ancora il mese che madonna Caterina da San Celso, moglie di messer Francesco Guiringuello, morendo fu seppellita, la cui morte diede assai da cicalare a tutto Milano, perché per le molte vertuose doti che in lei erano oltre la bellezza del corpo, era degna, se pudica stata fosse, di piú lunga vita; onde su la sua sepoltura le fu attaccato quell’ingegnoso e maledico epitaffio, il quale essendo portato a la nostra signora Ippolita Sforza e Bentivoglia, vero specchio d’ogni vertú, fu cagione che de l’onestá de le donne quel tanto se ne ragionasse che alora si disse, ove voi ed io eravamo presenti. Ci furono di quelli che non troppo profondando i lor pensieri dicevano non dover esser le donne piú astrette a le leggi de la vita pudica che siano gli uomini. Altri affermavano non poter aver la donna cosa piú convenevole in lei né di piú eccellenza che l’onestá, recitando il bello e moral sonetto del Petrarca: «Cara la vita, e dopo lei mi pare», ecc. Quivi conchiusero altri che quanto piú la donna è d’alto legnaggio che tanto piú è tenuta a viver onestamente, perciò che la vita di quella è come uno specchio e norma data per essempio a l’altre di minor grado. E insomma si venne a questo, come ben ricordar vi devete, che ogni donna di qualunque stato si sia, come ha perso il nome de la pudicizia ed è tenuta impudica, ha perduto quanto di bene ella in questa vita possa avere. Il che affermando, la signora Ippolita disse che se la donna ha tutte le vertú del mondo e non sia pudica, che questa impudicizia reca seco si pestifero veleno che tutte l’altre doti ammorba; come per il [p. 60 modifica]contrario una donna onesta, ancor che altro dono no abbia, sempre sará lodata. Quindi si passò a parlare de la impudica vita d’alcune donne molto famose cosí antiche come moderne, le quali quantunque fossero di grandissimo legnaggio ed imperadrici del mondo, nondimeno perciò che vissero disonestamente sono in poco prezzo e non si nomano dagli scrittori se non con titolo d’infamia. Era in questi ragionamenti il gentilissimo messer Ippolito Pietrasanta gentiluomo di Milano, il quale narrò un impudicissimo amore di Faustina, figliuola d’Antonino Pio imperador romano e moglie del buon Marco filosofo e successore ne lo imperio del padre di lei. Voi mi diceste alora che io farei bene a scriver questa istoria. E cosí avendola scritta ve la mando, pregandovi, quando ci averete la comoditá, che la vogliate far vedere a la signora Giovanna Trotta e Ghisa vostra sorella. State sana.

NOVELLA XXXVI

Disonestissimo amore di Faustina imperadrice e con che rimedi

si levò cotal amore.

Vera e santissima, signora mia molto vertuosa, è stata la sentenza vostra, perciò che per quanto s’è detto e ridetto, non è al mondo donna, per grande, bella e vertuosa che si sia, che in questa vita possa aver il piú bel monile, il piú caro gioiello quanto è la candidissima perla de l’onestá; la quale è di tanto valore che essa sola senza altra vertú, pur che vizio non ci sia, rende la donna in cui risplende, famosa e riguardevole appo tutti. Sia la donna piú bella che non si canta d’Elena greca, piú forte di qual si scriva de le Amazoni, piú dotta che Saffo, piú ricca di quante mai reine ed imperadrici furono, e sia d’ogn’altra vertú piena, se le manca il nome di pudica, veramente non sará ella prezzata né con titolo d’onore detta. Eccovi la nostra madonna Caterina che tutti conoscevate. Ella era molto bella, grande piú tosto che picciola, vaga, aggraziata, avvenente e forse piú letterata di quello che credete; sonava, cantava, recitava, componeva ne la nostra lingua volgare soavi e [p. 61 modifica]dolcissime composizioni; interteneva poi ogni gran prence con bellissima grazia, e quanto piú si praticava da ciascuno piú si rendeva amabile e graziosa. Ma perché era, il che troppo è publico, poco pudica, né ammirabile poi né cara era stimata. Né solamente queste impudiche fanno danno a loro stesse, ma dánno cagione al volgo di mormorare dei parenti, mariti e figliuoli loro e spesso gli fanno vivere mal contenti. Credete voi che Cesare Augusto, sí trionfante imperadore, vivesse contento quando vedeva le due Giulie, la figliuola e la nipote, quasi publiche meretrici, che fu astretto confinarle in certi luoghi e vietarle la conversazion degli uomini e deliberò far svenare la figliuola? Non soleva egli lagrimando dire che era meglio non aver mai avuti figliuoli ed esser morto senza quelli e senza moglie? Né altramente nomava la figliuola che un pezzo di carne cancherosa e piena di putredine e di marcia. Ma s’io vorrò dir de le donne di quella etá, averò troppo che fare, perciò che molte imperadrici, figliuole e nipoti d’imperadori ci furono le quali non si vergognarono viver disonestissimamente, lo non tacerò perciò Messalina moglie di Claudio imperadore, indegna non dico del grado imperatorio ma del nome di donna, la quale essendo stata da molti adulterata, venne a tanta sceleratezza che, non le bastando tutto il di gli adultèri che faceva, andò al luogo publico ove le meretrici stanno a servire i facchini per un soldo, ed ivi a chiunque quantunque di vilissima sorte si sottometteva, e la sera a palagio non sazia ma stracca se ne tornava, non si vergognando mostrare a tutti il ventre nel quale il generoso Britannico era stato generato. Ora vegniamo a parlare de la famosissima Faustina, la cui bellezza da tutti gli scrittori è cantatissima insieme con la disonestissima vita, imperciò che essendo figliuola d’un santissimo imperadore e moglie d’un altro che non solamente era imperadore in ogni vertú perfetto ma che senza fine la amava, non si guardò a commettere molti adultèri e farsi favola a tutto il popolo. Lasciamo che con nobilissimi e di altissimo grado uomini carnalmente si congiungesse senza rispetto veruno de l’imperador suo marito; ella fieramente d’un gladiatore s’innamorò di tal maniera che perdutone [p. 62 modifica]il cibo ed il sonno non ritrovava in modo alcuno requie. Pareva pur a Faustina, ancor che impudicissima fosse, che questo suo amore meritasse grandissima riprensione, e che troppo di vituperio seco recasse che una figliuola d’Antonino Pio e moglie di Marco il filosofo imperadore devesse con sí basso uomo meschiarsi, ancor che a Gaieta a molti de la ciurma navale, con quelli che piú membruti erano molte fiate giaciuta si fosse. Il marito che ardentissimamente l’amava, le era da ogni ora a torno al letto confortandola e facendo venir a curarla tutti i piú eccellenti medici che ci erano, ma indarno si affaticava. A la fine ella conoscendo giá per lunga esperienza quanto del marito poteva disponere, gli manifestò tutta la pena sua esser per amor d’un gladiatore il quale miseramente amava, e che si vedeva manifestamente morire se con lui non si congiungeva. Il misero marito che fuor di misura come amante la moglie amava, a la meglio che puoté la confortò e le fece buon animo. Poi consegliata la cosa con un mago caldeo, il pregò che a questo male alcun rimedio trovasse. Il caldeo gli disse che altro rimedio non ci era se non questo solo, che si facesse morire il povero gladiatore e del sangue di lui s’ungesse il corpo de l’imperadrice senza che ella sapesse che cosa fosse, e poi che l’imperadore seco giacesse. Sono alcuni istorici che scrivono che il caldeo consegliò che del sangue del gladiatore Faustina bevesse, ma i piú scrivono del bagnare. Fu svenato il gladiatore e fatta la medicina, e l’imperadore con l’imperadrice si giacque e quella ingravidò. Ella in tutto il gladiatore pose in oblio né mai piú se ne ricordò, che certamente fu cosa meravigliosa. Ma di questo concubito nacque Comodo imperadore, il quale assai piú rassembrò al gladiatore che al padre, perché suo padre Marco fu santissimo uomo e di costumi cosí castigati che, se avesse creduto in Cristo e fosse stato battezzato, si sarebbe potuto canonizzare. Ma il figliuolo Comodo fu arca d’ogni sceleratezza e piú vizioso imperadore che imaginar si possa, come tutti gli scrittori greci e latini ne le loro istorie apertamente mostrano. Di Faustina altro non si può dire se non che fu bella, e nessuno uomo da bene di lei altro non può lodare che la caduca bellezza.