Novelle (Bandello, 1853, II)/Parte II/Novella XIX

Novella XIX - Il re Lodovico XI con arguta risposta morde Lodovico suo genero duca d’Orleans
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[p. 335 modifica]pompose e bellissime, come a dui sì gran personaggi si conveniva. Avevano tutti i signori d’Italia mandati ambasciatori ad onorar le nozze, e il duca Francesco aveva fatto accompagnar la sposa dai più onorati feudatarii e gentiluomini di Lombardia. Ora tra l’altre feste, bagordi e giuochi, che molti si fecero, s’ordinò una solenne e pomposissima giostra, che si fece un dì che era caldo grandissimo per esser di giugno. Quivi comparsero i giostratori con abbigliamenti superbi e ricchissimi, con vaghe e ben ordinate imprese secondo l’appetito di ciascuno, e feroci e generosi cavalli. Corsero tutti ed assai lance si ruppero con lode di chi giostrava e con non picciolo piacere di chi a lo spettacolo era. Finita la giostra, altro non si sentiva se non lodar questi e quelli, e dire: – Il signor tale ha rotte tante lancie, quel barone ha tante bòtte e quel cavaliero ha fatto così e il tal così. – Ecco in quello che si fece silenzio per bandire chi avesse l’onor de la giostra, che un tedesco che era suso una baltresca, non aspettato che il vittore si bandisse, cominciò quanto più forte puotè a gridare e dire: – Maledetto per me sia quel giuoco e maladette tutte le feste e bagordi ove non si beve! – Non dimandate se vi fu da ridere, e tanto più che egli si mise a gridare: – Vino, vino, vino! – Onde non so se mai fu tra tanta moltitudine detta cosa per cui tanto si ridesse, come per le parole del tedesco buona pezza si rise.


Il Bandello al signor Pietro Francesco di Noceto conte di Pontremoli, scudiero e gentiluomo di camera di sua Maestà cristianissima


Ancora che sempre l’uomo debbia prima che parli maturamente considerar le parole che vuol dire e aver riguardo al tempo, al luogo, a la materia che si tratta ed a la persona con la quale ragiona, mi pare nondimeno che molto più avvertir vi si debbia quando s’è a la presenza dei suoi maggiori, e molto più se si parla con un gran prencipe e re: sono i re sacrati e pieni di maiestà, e convenevol cosa è che noi quasi come un nume gli onoriamo. Onde ragionando voi in Pinaruolo e molte cose del re Lodovico undecimo dicendo, il signor Cesare Fregoso, [p. 336 modifica]cavalier de l’ordine del re cristianissimo e in Italia suo luogotenente generale, dilettandosi senza fine d’udir l’azioni e pronte risposte di detto re, pregò molti dei capitani e signori che al ragionamento erano presenti, che se v’era alcuno che sapesse qualche bella cosa d’esso re, la volesse dire. Il gentil e valoroso colonnello il signor Lelio Filomarino, confermando ciò che voi detto avevate, narrò appresso una pronta ed arguta risposta che esso re diede a Lodovico, alora duca d’Orliens, suo genero. E ancor che il detto fosse mordace, fu tuttavia dato in tempo ed a proposito. Voi alora mi pregaste che io lo volessi scrivere ed al numero de l’altre mie novelle aggiungere. Il che avendo fatto, ho anco voluto che sotto il nome vostro segnato resti per memoria e testimonio de la mia osservanza verso voi; e ve la mando e dono. State sano.

Il re Lodovico undecimo con arguto risposta morde Lodovico suo genero duca d’Orliens.


Il signor conte di Pontremoli ci ha narrato molte belle cose in commendazione del re Lodovico undecimo, padre di Carlo ottavo, che al tempo di papa Alessandro sesto col braccio del duca di Milano venne in Italia e senza romper lancia prese il regno di Napoli, ben che assai poco, per il tristo governo dei ministri che vi lasciò, lo tenesse. Fu il detto Lodovico re uomo di suo capo, e vivendo il padre, che Carlo settimo si chiamava, venne in discordia seco; e fuggendo fuor del reame di Francia, si condusse in Borgogna, ove da Filippo duca d’essa Borgogna fu graziosamente raccolto, col quale dimorò fin a la morte del padre. Fatto dapoi re di Francia, ebbe assai che fare, e secondo che egli dal padre era fuggito, un suo fratello da lui discordandosi, fu cagione che tutto il reame de la' 'Francia andò sossopra e quasi tutti i baroni di detto regno contra lui rebellarono. Ma tra gli altri che più infesti gli furono, fu Lodovico duca d’Orliens, che fatto re di Francia si chiamò Lodovico decimosecondo. Ora il detto Lodovico undecimo essendo in Parigi dai baroni assediato, e con aiuto di Francesco Sforza, primo di questo nome, duca di Milano, che gli mandò Galeazzo suo primogenito sotto la cura dei conte Gasparo Vimercato, liberato da l’assedio, fece di modo che con ingegno ed arte superò tutti i baroni rubelli, dei quali alcuni fece morire. E per meglio stabilir [p. 337 modifica]le cose sue, diede una sua figliuola per moglie, che Giovanna si chiamava, a Lodovico duca d’Orliens; la quale egli dopo la morte di Carlo ottavo suo cognato repudiò e prese la reina Anna, stata moglie d’esso Carlo. La duchessa Giovanna si ridusse a Burges in Berrì, ove fabricò un santissimo monastero di monache ed ivi visse molto santamente, e dopo morte si dice che ha fatto di molti miracoli. Ma torniamo al proposito nostro. Io vi dico che la detta Giovanna duchessa d’Orliens era di corpo assai mal formata, perciò che era forte sciancata da uno dei lati. Oltra questo, il suo viso non era di quegli angelici e belli del mondo, ma teneva un poco di quelli dei Baronzi; degli occhi, pareva che l’uno guardasse a oriente e l’altro verso occidente; il naso era forte camuffo, con una bocca di rondinella. E se la natura nel formarle il corpo le era stata madrigna, quanto più l’aveva composta brutta tanto nostro signor Iddio l’aveva fatta d’animo veramente regio e generoso. Erano poi in lei tutte quelle donnesche vertù e doti che ad ogni donna di grandissimo stato si ricerchino. Ora avvenne un dì, che essendo il re in una sala ove tutti i baroni de la Francia si ritrovarono, che erano venuti ad Ambosia ove il re congregati gli aveva per gli affari del reame, per intender l’openione de la più parte di essi baroni e signori; avvenne, dico, che essa madama Giovanna volendo partir di sala e andar in camera, prese licenza dal re suo padre e si partì. Come ella fu di sala uscita, il duca d’Orliens suo marito cominciò a la presenza del re e di tutti i baroni a lodare e senza fine magnificar la moglie, dicendo che egli non aveva mai conosciuta la più gentile, discreta ed avveduta donna in tutta Francia, nè altresì la più costumata di quello che era sua moglie. E poi che gli onesti modi, le cortesi maniere, le gratissime accoglienze, le pronte e sagge risposte, l’antiveder accorto e provido ed i consegli prudentissimi con il savio governo ebbe con molte ed accomodate parole alzato fin a le stelle, e quanto più si possa lodato ed essaltato, cominciò ad entrare in un altro campo e voler correr un arringo in lodar le bellezze di lei. E quivi il buon duca disse che sua moglie era bellissima e che aveva un polito e leggiadro viso, con mille altre favole. Il re che le lodi appartenenti a l’animo de la figliuola aveva volentieri e con piacer grandissimo ascoltato, perciò che chiaramente conosceva che il genero diceva il vero, essendo la figliuola gentilissima e da bene, non averebbe voluto che il duca fosse passato più avanti. Ma come egli sentì lodarla de la bellezza del volto e di proporzione de’ membri, di cui [p. 338 modifica]chi non era più che ceco la vedeva priva e forte manchevole, si turbò molto e mostrò la turbazione in viso, tenendosi senza dubio esser da suo genero beffato, e credendo che così come egli diceva le manifestissime bugie in dir che la moglie era bellissima, che anco con animo contrario avesse detto le lodi de l’animo. Il perchè, come scaltrito che era ed avveduto, dissimulò più l’ira che puotè e deliberò con una mordacissima risposta, senza mostrar ne le parole sdegno alcuno, di vendicarsi. Onde al genero rivolto, che tuttavia le bellezze de la moglie andava lodando, così disse: – Duca d’Orliens, voi certamente dite il vero e mi piace molto che conosciate le vertù di mia figliuola, vostra moglie. Ma a tante lode quante voi le date, io voglio che un’altra volta quando perfettamente la vorrete lodare, voi le diate' 'un’altra eccellentissima lode che data non le avete, assicurandovi che voi direte la pura verità. E questa è che mia figliuola di madre onestissima e pudicissima nacque. – Il duca, udita questa parola, tutto nel viso arrossì, ed abbassati gli occhi a terra, più non parlò, perciò che publica fama e chiaro grido era che la madre del duca mentre visse era stata poco pudica ed onesta del suo corpo; la quale era stata figliuola del duca di Cleves. Certamente il detto fu mordacissimo; nondimeno fu gentilmente usato a luogo e tempo, e non parve che si fosse ito a posta a cercare.


Il Bandello al suo compare Antonio Maria Colorno Fantino


Eccovi, compar mio carissimo, che la fortuna m’ha dato comodità di potervi donar una de le mie novelle e farvi intender cosa che pur vi farà ridere, essendo voi così cordial amico di quei religiosi che santamente vivono e nemico di quelli che si danno a le lascivie e piaceri. Eravamo a Pinaruolo in quei dì che il signor Cesare Fregoso era luogotenente generale in Italia del re cristianissimo, nei quali un soldato del signor Malatesta d’Arimini, trovando un povero prete che si giaceva con una donna, a quello tagliò via con i testimonii il membro e per tèma de la giustizia se ne fuggì. E ragionandosi diversamente