Notizie della vita e degli scritti di Luigi Pezzoli/II. Studii dei primi anni

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I. Introduzione III. Condizione letteraria di Venezia sul fine del secolo XVIII
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II. STUDII DEI PRIMI ANNI.


Quando io vidi il Pezzoli la prima volta, l’età sua riposavasi nella piena virilità, e sentivasi presso a discendere per l’arco della vita. Quanto gli studii e l’esperienza degli uomini e delle cose possono dare egli aveva di già ricevuto, e il carattere suo molto chiuso e severo, almeno nell’apparenza, non confortava gran fatto, un giovane specialmente, a farsegli amico. Ma conosciuto alcun poco che lo si avesse, vedevasi tutta quella ruvidità rimanersi nella corteccia, e l’animo di lui, naturalmente informato ad ogni specie di gentilezza, molto tenere degli antichi sileni, che, con grata maraviglia de’ riguardanti, apparivano al fendersi improvviso del tronco che li teneva celati. E quelle stesse poco allettanti esteriorità ho buone ragioni di credere che sarebbero state altre, laddove altre state fossero le condizioni della sua vita. La quale, nato di parenti non gran fatto agiati, e vissuto in tempi oltremodo pericolosi, gli convenne condurre presso che tutta a ritroso delle proprie inclinazioni; non abbastanza favorito dalla fortuna per secondare la propria natura, non provveduto di natura tanto gagliarda da poter coraggiosamente durare la lunga e difficile guerra della fortuna.

Poco o nulla saprei raccontare de’ suoi primi anni, fuorchè, nato il 19 decembre del 1772, [p. 169 modifica]ebbe a precettore uno di quei tanti maestri, che, anteriormente ad alcune recenti istituzioni, bazzicavano per le altrui case, o aprivano ginnasii e licei nelle proprie; dalla quale gramezza d’insegnamento non altro ritrasse il Pezzoli, com’è agevole a pensare, e secondo egli stesso ebbe a confessarmi più volte, fuorchè l’abitudine di avere carte e penna tra mano, e chinar la fronte davanti all’autorità di scrittori, sommi e mediocri tutti in un fascio, poco intesi e peggio imitati. Nè certamente vi avrà chi mi accusi se, a non farmi creatore di favole, mi reco senza più col discorso a quel tempo in cui l’amico mio cominciò a vivere la vita propria, anzichè quella ignorante e ignorata di tutti i ragazzi.

Fu all’uscire dei primi vincoli della domestica educazione ch’egli diede manifesti segni della sua vocazione agli studii, che lo portava a concorrere mattutino coi pochi frequentatori della pubblica biblioteca, facendosi pazientissimo amanuense di quanto incontrava di più pellegrino nelle letture. Ma bastava egli tanto a rifare sopra poco solidi fondamenti un saldo e bene ordinato edifizio? Viene detto comunemente, che, fino almeno a certa stagione, non altro s’impari fuorchè il metodo dell’imparare; quasichè l’insegnare un tal metodo fosse cosa da tutti, o non piuttosto, com’è, di rarissimi, e quasichè potesse disgiugnersi il metodo dall’applicazione. Buoni o cattivi tendevano tuttavia que’ primi studii tutt’altro che alla maliziosa osservazione de’ [p. 170 modifica]costumi; e in alcuni libricciuoli manoscritti, che l’amico mio conservava, e che ho potuti vedere, di quei suoi primi anni, gli estratti suoi e le trascrizioni, e i commenti, rivelavano un cuore in cui scolpivansi di preferenza gli affetti magnanimi e delicati, una fantasia a cui parlavano con maggiore efficacia le immagini vive e leggiadre. Nè l’occuparsi in quegli studii, almeno con quella pienezza di libertà che pur si richiede a derivarne vantaggio proporzionato al lavoro, gli venne conceduto assai tempo. Non furono già le leggi che rapirono a sè il giovanetto, come alla più parte toccò dei poeti, furono ufficii men liberali; la soggezione nella quale dovette porsi di attempato patrizio, ottimo, a quel che n’odo, per cuore, e non spregevole per ingegno, ma cui il Pezzoli doveva, oltre al resto, accompagnare nei quotidiani passeggi, giovandolo, perch’era cieco, del proprio braccio. Quanto di buon’ora fosse contrastato il suo ingegno, credo si renda da ciò manifesto!

E qui forse v’ha chi soggiugne come questa, anzichè altra briga, si prendesse il Pezzoli, essendo pure costretto a prenderne alcuna non confacente a’ suoi desiderii. Risponderò non potersi giudicare di certe deliberazioni, de’ giovani singolarmente, senza una piena notizia di molti e assai minuti particolari, il minimo dei quali è talvolta valevole a farne abbracciare quello appunto che sembra il partito meno conveniente; e non essere mancati anche in questo ufficio [p. 171 modifica]allettamenti efficaci a sedurre un animo propenso agli studii. E dal Pezzoli stesso, e da altri coi quali mi accadde ricordare la storia de’ suoi primi anni, ho udito riferirsi a quel poco piacevole incarico il progredire che fece nella dottrina, e la conoscenza in cui venne di quella parte di società dal conversare colla quale siamo soliti di presumere che ricevano i teneri ingegni l’ultima pulitura. Checchè possa avervi, o parere, di vero in questa opinione, egli è qui luogo a notare che studii e che società fossero in Venezia a quel tempo. E degli studii primieramente.