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mi; e in alcuni libricciuoli manoscritti, che l’amico mio conservava, e che ho potuti vedere, di quei suoi primi anni, gli estratti suoi e le trascrizioni, e i commenti, rivelavano un cuore in cui scolpivansi di preferenza gli affetti magnanimi e delicati, una fantasia a cui parlavano con maggiore efficacia le immagini vive e leggiadre. Nè l’occuparsi in quegli studii, almeno con quella pienezza di libertà che pur si richiede a derivarne vantaggio proporzionato al lavoro, gli venne conceduto assai tempo. Non furono già le leggi che rapirono a sè il giovanetto, come alla più parte toccò dei poeti, furono ufficii men liberali; la soggezione nella quale dovette porsi di attempato patrizio, ottimo, a quel che n’odo, per cuore, e non spregevole per ingegno, ma cui il Pezzoli doveva, oltre al resto, accompagnare nei quotidiani passeggi, giovandolo, perch’era cieco, del proprio braccio. Quanto di buon’ora fosse contrastato il suo ingegno, credo si renda da ciò manifesto!
E qui forse v’ha chi soggiugne come questa, anzichè altra briga, si prendesse il Pezzoli, essendo pure costretto a prenderne alcuna non confacente a’ suoi desiderii. Risponderò non potersi giudicare di certe deliberazioni, de’ giovani singolarmente, senza una piena notizia di molti e assai minuti particolari, il minimo dei quali è talvolta valevole a farne abbracciare quello appunto che sembra il partito meno conveniente; e non essere mancati anche in questo ufficio al-