Né tu pietosa dea, né tu lucente
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Stiamo a veder di quante palme adorna | Filli, ai baci m'inviti e giá mi stendi | ► |
Questo testo fa parte della raccolta Poesie varie (Marino)/I sonetti amorosi
xxvii
alla luna
che col suo chiarore gl’impediva una gita d’amore.
Né tu pietosa dea, né tu lucente,
né pura, né gentil, né bella sei,
Luna perversa, a’ caldi preghi miei
rigida e sorda e, qual mai sempre, algente.
Ti diêr le selve aspro costume e mente,
ond’anco in ciel le corna hai per trofei,
del ciel non giá, ma sol tra’ neri dèi,
degna di star con la perduta gente.
Lá giú nel cupo e tenebroso fondo
china il lubrico carro; ivi abbia il vanto
lo tuo pallor di nere macchie immondo.
O pur d’Arcadia al torto dio, cui tanto
ami, in braccio ritorna, e, s’esci al mondo
turbi il tuo lume ognor tessalo incanto.