Monete italiane inedite nella Collezione Brambilla a Pavia/Gazzetta battuta in Sabbioneta
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VI.
Gazzetta o pezzo da due soldi battuto in Sabbioneta per il marchese Vespasiano Gonzaga.
Il padre Ireneo Affò, autore di estese ed erudite monografie sulle zecche minori aperte ed esercitate dai discendenti dell’illustre famiglia Gonzaga1, si è distintamente occupato delle monete di Sabbioneta pubblicandone buon numero col nome di Vespasiano Gonzaga cui appartenne quella terra dal 1541 al 1591.
Vespasiano Gonzaga, nato nel 1531 in Fondi nella terra di Lavoro, feudo della famiglia Colonna alla quale apparteneva la di lui madre Isabella, era figlio di Luigi Gonzaga detto Rodomonte. Fu uomo abilissimo, e come soldato e come politico, e si annovera a ragione fra le personalità più distinte del suo tempo, come anche fra le insigni dell’avita sua stirpe. A fama si elevata una sola macchia non avrebbe voluto apporre la storia, ed è quella dell’uccisione della prima sua consorte Diana di Gardena nobilissima dama siciliana, che Vespasiano credette inclinata a troppo facili amoreggiamenti2.
Fra le maggiori distinzioni conseguite dal Signore di Sabbioneta vi furono quelle a lui concesse dalla corte imperiale, progressivamente elevando quell’umile luogo a Marchesato nel 1565, a Principato nel 1574, in fine a Ducato nel 1575.
Constatato dapprima che nel 1562, per antico famigliare privilegio 17 settembre 1497 dell’imperatore Massimiliano, era sicuramente aperta in Sabbioneta l’officina monetaria, l’Affò con soda argomentazione venne a distinguerne i prodotti in quattro classi, a seconda che in essi Vespasiano vi è qualificato semplicemente Marchese e Conte ovvero Marchese, Principe o Duca di Sabbioneta, ritenuto che ad assumere il titolo di Marchese ne aveva diritto per nascita come Gonzaga, e Conte poteva credersi per la Contea di Redigo della quale era investito.
Altro criterio per designare le epoche cui appartengono le monete di Sabbioneta, in aggiunta a quelli ben determinati dall’Affò, credo si debba desumere dall’apparizione dello stemma d’Aragona proprio di Anna di quella illustre famiglia, da Vespasiano condotta in moglie nell’anno 1566, e che vedesi impresso nel maggior numero delle monete di questo personaggio.
La moneta di cui offro il disegno appartiene indubbiamente alla prima delle classi proposte dall’Affò, e per le premesse deve ritenersi battuta fra gli anni 1562 e 1564, e non dopo.
Porta essa infatti nel diritto, sotto corona semplice senza punte o fiorami, ed accostati, a sinistra, l’arma consueta Gonzaga dalle quattro aquile con in petto lo scudetto colle fascio ed i leoni, a destra, la colonna coronata insegna parlante dei Colonna. In giro da sinistra: VESPA •sianus GON •zaga COL •umna MAR •chio ET • C • omes.
Il rovescio, che non avrei riscontrato in nessuna delle monete di Sabbioneta finora pubblicate, porta la figura nimbata della Vergine Maria stante di prospetto col divin figlio fra le braccia. In giro da sinistra corre la leggenda: HIC • EST • SOL • ET • VNICA • Da ambedue le parti le leggende hanno rilevato contorno di perle.
Al motto supremamente laudatorio diretto alla Vergine è qui premesso lo stesso HIC • EST • che troviamo in moneta di Sabbioneta, come inizio di altre leggende adatte a diversa ma pur divota rappresentazione. Speciale venerazione aveasi in Sabbioneta, e da Vespasiano Gonzaga per la Vergine. Chiese ed Oratori ne portavano il nome, ed anche in altre monete trovasi effigiata Maria e come Assunta e come Immacolata. Qui nella nostra mancano gli attributi di quelle due forme, ma con immagine non nuova per i poeti Maria vi è detta Sole ed anche Unica, come unico è l’astro maggiore che illumina la terra 3.
Questa moneta è del modulo di 20 millimetri, pesa grammi 1.800, e da regolare assaggio risulta di lega inferiore ad un quinto di fino (millesimi 185).
Indagando qual corso avesse questo pezzo, e sotto quale denominazione, e fatto a questo scopo ogni opportuno confronto con altre monete affini per epoca, località ed intrinseco, venni con soddisfazione a conchiudere, essere esso esemplare di una Gazzetta o pezzo da due soldi, quali si battevano circa la metà del secolo XVI in diverse zecche nostrane.
Fra le monete della zecca di Guastalla battute per Ferdinando Gonzaga verso il 1670, l’Affò ha fermato l’attenzione sua e degli studiosi sopra un esemplare di valuta da due soldi, cosi constatata dal numero 2 in forma di lettera Z, all’esergo del suo diritto4.
Accenna l’Affò che quel pezzo da due soldi, che essere appunto una Gazzetta, aveva il peso di quasi grani 26 (25 95|108), e l’intrinseco di circa tre oncie per libbra, ossia di un quarto. Operati gli opportuni ragguagli sui dati ora riferiti, quella moneta di Guastalla risulterebbe del peso di odierni g. 1.320, ed essendo a millesimi 250 di fino (un quarto) darebbe milligrammi 332.50 di argento per cadaun pezzo. In confronto alla moneta di Sabbioneta si avrebbe in quella di Guastalla minore il peso e migliore l’intrinseco, essendo la prima del peso di grammi 1.800 ed a millesimi 186 di fino. Se peraltro, come pur devesi fare per stabilire il vero valore di una moneta, si venga a determinare regolarmente la quantità d’argento contenuta nell’uno e nell’altro di quei due pezzi, noi troviamo ineccepibilmente, che il pezzo di Guastalla ne conterrebbe millesimi 332.50, e quello di Sabbioneta 333, con differenza sì minima, che in siffatti ragguagli, e più per monete del tempo in cui queste furono lavorate, è assolutamente trascurabile, convenendoci anche accettare il quasi non ommesso dal diligente P. Affò. La quantità dell’effettivo argento in epoca prossimamente uguale, è l’elemento precipuo, che deve condurci a determinare la qualità ed il valore d’una moneta, poiché il resto dipende da viste particolari sul modulo, e sull’apparenza del pezzo, e dai differenti usi delle officine monetarie.
Credo pertanto, che possa senz’altro ritenersi essere la moneta qui pubblicata, e come già accennavo, esemplare di pezzo da dice soldi o Gazzetta lavorata nella zecca di Sabbioneta nei primi tempi della sua attività dal 1562 al 1564, e quindi nel primo dei quattro periodi con buona critica proposti dall’Affò per detta zecca. È un nuovo pezzo che si aggiunge appunto a quella serie ove erano più desiderate monete di qualche importanza al nome di Vespasiano Gonzaga, fra gli abbondanti quattrini nei quali egli sfoggiò l’impresa delle folgori, assunta anche qui in Pavia col motto HIS • IMPIA • TERRENI • per l’Accademia degli Affidati in cui era inscritto come Il Severo5.
Note
- ↑ In Zanetti Nuova raccolta, etc, Bologna 1783, tomo III, pag. 111.
- ↑ Racheli Memorie storiche di Sabbioneta, Casalmaggiore 1819, Libro IV, pag. 573,
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Tu sine nube dies, tu sol sine labe perenni
Accendis, orbem lumine, etc.Giacomo Balde, Ode Partenia. In opere, Torino 1805.
- ↑ Affò in Zanetti. Op. cit., pag. 27, tav. I, n. 7.
- ↑ Luca Contile, Ragionamento sopra la proprietà delle imprese. Pavia, 1573, pag. 94.