Monete dei romani pontefici avanti il mille/Giovanni VIII

Giovanni VIII

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Adriano II Marino I
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GIOVANNI VIII

872-882.


Ad Adriano successe Giovanni arcidiacono della Chiesa romana, e sulla metà di dicembre dello stesso anno fu consecrato, senza che dagli storici contemporanei risulti dell’assenso imperiale.

Quasi nulla di notevole abbiamo a notare ne’ primi anni del suo pontificato, quando nell’agosto dell’875 avvenne la morte in Brescia di Lodovico II, la quale poco mancò non fosse causa di gravi mali per l’Italia, pretendendo alla corona imperiale ed al regno d’Italia Lodovico re di Germania e Carlo il Calvo re di Francia, ma a questi riuscì di raccogliere tale eredità, ed invitato dal papa recossi a Roma, dove il 25 dicembre dello stesso anno fu incoronato imperatore.

In questi tempi il ducato romano era maltrattato dai finitimi conti e marchesi e minacciato dai Saraceni, e per quante preghiere facesse Giovanni affine d’indurre Carlo a muoversi per difenderlo, nulla potè mai ottenere, e quando in fine si decise a venire in Italia, spaventato dall’arrivo del nipote Carlomanno con un esercito di Tedeschi, nel mentre che frettoloso se ne fuggiva in Francia, nel passar per la Moriana la morte lo colse nell’ottobre dell’877.

Frattanto per due anni rimase vacante l’impero, contentandosi per ora Carlomanno del regno d’Italia, abbenchè scrivesse a papa Giovanni che dopo il suo ritorno di Germania intendeva recarsi a Roma a ricevervi la corona imperiale, al che rispose il pontefice che prima gli avrebbe mandato suoi messi cumque pagina capitulariter continente ea quae vos matri vestrae Romanae Ecclesiae, vestroque protectori B. Petro apostolo perpetualiter debetis concedere1.

Nell’anno 878, o che sospettasse Carlomanno che il papa non gli fosse favorevole, o qual ne fosse la cagione, quel re mandò a Roma Lamberto duca di Spoleto e Adalberto duca di Toscana, i quali trattenuto prigione Giovanni, fecero giurare fedeltà da quel popolo a Carlomanno, quantunque nessun diritto vi avesse essendo solamente re d’Italia.

Per tali violenze il papa, appena partiti essi, andò per mare in Francia ad implorare l’aiuto del re Lodovico il Balbo, ma vedendo che per la [p. 67 modifica]precaria sua salute nulla ne poteva sperare, si rivolse a Bosone conte di Provenza, il quale l’accompagnò sino a Pavia.

Il Muratori critica questo pontefice perchè ricorse ora al re di Francia ora al conte di Provenza, ma non vuol conoscere che a ciò era costretto dalle scorrerie de’ Saraceni, ai quali, per salvare il ducato romano, s’era obbligato di pagare annualmente 25,000 mancosi d’argento, e dalle violenze dei confinanti principi cristiani, senza che Carlomanno nè il suo figliuolo Carlo il Grosso, quantunque iteratamente supplicati, punto si movessero alla sua difesa.

Trovandosi agli estremi per lunga malattia Carlomanno, Carlo il Grosso venne in Italia e vi fu incoronato re nell’ottobre dell’879. Allora Giovanni gli rinnovò le sue istanze affinchè venisse a difendere Roma dagli infedeli e dai cattivi cristiani, e finalmente vi andò sul finire dell’880, ed il 6 gennaio dell’anno susseguente vi ricevette la corona imperiale, con promessa di aiuto, il quale però mai giunse, quantunque Roma venisse dai Saraceni ogni giorno più stretta.

In mezzo a tante angustie, passò questo papa all’altra vita sulla metà di dicembre dell’882, dopo aver provato il medesimo qual effetto avesse col tempo l’intenzione de’ pontefici suoi predecessori nell’innalzare all’impero d’occidente i Carolingi col patto espresso della difesa della Chiesa romana e protezione del suo stato, essendo ciò divenuto indi non solamente illusorio, ma nocevole ai papi stessi, chè vennero imperatori i quali crederono mediante tal dignità di essere assoluti signori di Roma e padroni di nominare o destituire i papi secondo le loro politiche convenienze, come nel seguito vedremo.

I denari che di Giovanni VIII ci rimangono, variano secondo il tempo nel quale furono coniati. I primi battuti durante l’impero di Lodovico II, cioè dal dicembre 872 all’agosto 875, hanno come quelli di Nicolò e di Adriano II, da una parte (Tav. IV, Ni 8, 9) LVDOVVICVS IMP e nel campo legato assieme da una croce il nome di ROMA, e dall’altra in giro SCS PETRVS ed in mezzo in monogramma il nome del papa, solamente che il pezzo col N° 8 ha le sole lettere IOHANS e quello col N° 9 l’intero IOHANES.

Durante l’impero di Carlo il Calvo, che fu di ventidue mesi, senza dubbio che lavorò la zecca di Roma, ma finora non mi venne fatto di trovare alcun denaro che si possa ragionevolmente credere battuto in tal epoca, essendochè questi, nessuna ragione esisteva perchè non si facessero simili nel tipo a [p. 68 modifica]quelli sin allora battuti, ed invece quello che ora descriverò con Karolus, non ha più alcuna rassomiglianza coi denari per l’avanti dai papi coniati coi nomi degli imperatori, ma ha invece il tipo del seguente, che è il primo battuto durante la vacanza dell’impero, dalla morte cioè di Carlo il Calvo avvenuta nell’ottobre dell’877 all’Epifania dell’881, quando venne incoronato Carlo il Grosso.

Questo pezzo (Tav. IV, N° 10) ha nel campo del diritto un monogramma composto delle lettere IOHANS ed attorno diviso da una rosa il nome di ROMA, e nel rovesciò nel quale si metteva il nome dell’imperatore, un busto quasi di prospetto con barba e corona di capelli e tenente colla destra una croce ed ivi scritto SCS ed alla sinistra PETRVS.

Ora venendo a quello sul quale leggesi da una parte in giro (Tav. IV, N° 11) KAROLVS IMP e nel centro un monogramma simile all’antecedente, e che perciò ci dà IOHANS, e dall’altra una figura uguale alla sopradescritta e colla stessa leggenda, crediamo di non andar errati attribuendolo all’epoca che corse tra l’incoronazione del terzo Carlo e la morte del pontefice sul finir dell’882, stante che in questo denaro intieramente s’imiti quello battuto durante l’impero vacante, non essendovi poi ragione alcuna per credere che Giovanni avesse introdotto nel tipo de’ suoi denari prima di quest’epoca tal novità, che vedremo in seguito adottata da altri papi in simile occasione.

Avendo potuto riconoscere il peso dei pezzi coi Ni 8 e 11 li trovai ambedue di grani 24, epperciò al solito scadenti.

Un altro denaro crediamo di dover pubblicare di questo pontefice abbenchè non appartenghi alla zecca di Roma, perchè coniato col suo nome ed a suo onore da un vescovo di Capua.

L’Erimperto2 ci narra come un tal Landenolfo aveva ottenuto, abbenchè vivente il legittimo vescovo Landolfo, di essere da Giovanni VIII nell’879 consecrato vescovo di Capua, ciò che fu indi causa che il papa dovesse venire in questa città e dividerne la diocesi, lasciandone la metà a Landolfo con residenza in Capua Vecchia e dandone l’altra metà a Landenolfo colla Nuova Capua, e soggiunge che Hoc factum est quia Landenolfus pria se subdiderat dicto Papae, in cuius nomine et chartae exaratae et nummi figurati sunt. Questa appunto è la moneta che ora descrivo (Tav. IV, N° 12). Essa è d’argento buono e fatta ad imitazione di quella che a Napoli si lavorava a nome dell’imperatore Basilio, che conservasi nel Regio Medagliere di Torino, e fu [p. 69 modifica]pubblicata da Pfister3. Pesa grani 17 cioè uno di più della napoletana, ed ha nel diritto in giro IOANNES PAPA ed in mezzo con un globetto sopra e l’altro sotto le tre prime lettere del nome della città dove fu battuta, cioè CAP, e nel rovesciò una croce su due gradini con attorno SCS PETRVS.

Secondo il Cinagli4 spetterebbe a questo pontefice quel denaro sul quale vedesi una figura tenente la spada ed un vessillo, sul quale copiandolo il Garampi5 lesse le due prime lettere del nome di Giovanni, ma noi abbiamo già veduto spettare esso a Leone III, non essendo IO ma LEO che vi è scritto.

Note

  1. Duchesne, Historiae Francorum scriptores. T. III. Parisiis, 1641, pag. 880.
  2. Muratori, Rerum Italicarum scriptores. T. V, Col. 24.
  3. Revue numismatique. Blois, 1849, pag. 245.
  4. Come avanti, pag. 5.
  5. Come sopra, pag. 167. N° XII.