Milione/69
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Del dio de' Tartari
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Sappiate che loro legge è cotale, ch’egli ànno un loro idio ch’à nome Natigai, e dicono che quello è dio terreno, che guarda loro figliuoli e loro bestiame e loro biade. È fannogli grande onore e grande riv(er)enza, ché ciascheuno lo tiene in sua casa. È fannogli di feltro e di panno, e ’l tengono in loro casa; e ancora fanno la moglie di questo loro idio, e fannogli filiuoli ancora di panno. La moglie pongono dal lato manco e li figliuoli dinanzi: molto gli fanno onore. Quando vengono a mangiare, egli tolgono de la carne grassa e ungogli la bocca a quello dio e sua moglie e a quegli figliuoli. Poscia pigliano del brodo e gittanne giú da l’usciuolo ove stae quello idio. Quando ànno fatto cosí, dicono che lor dio e sua famiglia àe la sua parte. Apresso questo, mangiano e beono; e sappi(a)te ch’egli beono latte di giumente, e cónciallo in tal modo che pare vino bianco: è buono a bere, e chiàmallo chemmisi.
Loro vestimenta sono cotali: gli ricchi uomini vestono di drappi d’oro e di seta, e ricche pelli cebeline e ermine e de vai e de volpi molto riccamente; e li loro arnesi sono molto di grande valuta. Loro arme sono archi, spade e mazze, ma d’archi s’aiutano piú che d’altro, ché egli sono troppi buoni archieri; in loro dosso portano armadura di cuio di bufalo e d’altre cuoia forti.
Egli sono uomini in battaglie vale(n)tri duramente. E diròvi come eglino si possono travagliare piú che l’altri uomini, ché, quando bisognerà, egli andrà e starà un mese senza niuna vivanda, salvo che viverà di latte di giumente e di carne di loro cacciagioni che prendono. Il suo cavallo viverà d’erba ch’andrà pascendo, che no gli bisogna portare né orzo né paglia. Egli sono molto ubidienti a loro signore; e sappiate che, quando bisogna, egli andrà e starà tutta notte a cavallo, e ’l cavallo sempre andarà pascendo. Egli sono quella gente che piú sostengono travaglio e [male], e meno vogliono di spesa, e che piú vivono, e sono per conquistare terre e regnami.
Egli sono cosí ordinati che, quando uno signore mena in oste 100.000 cavalieri, a ogne mille fa uno capo, e a (o)gne 10.000, sicché non àe a parlare se non con 10 uomini lo signore de li 10.000, e quello de’ 100.000 non à a pa(r)lare se no co 10; e cosí ogni uomo risponde al suo capo. E quando l’oste vae per monti e per valle, sempre vae inanzi 200 uomini per sguardare, e altrettanti dirietro e da lato, perchè l’oste non possa essere asalito che nol sentissoro. E quando egli vanno in oste da la lunga, egli portano bottacci di cuoio ov’egli portano loro latte, e una pentolella u’ egli cuocono loro carne. Egli portano una piccola tenda ov’egli fuggono da l’acqua. E sí vi dico che quando egli ha bisogno, eglino cavalcano bene 10 giornate senza vivanda di fuoco, ma vivono del sangue delli loro cavalli, ché ciascheuno pone la bocca a la vena del suo cavallo e bee. Egli ànno ancora loro latte secco come pasta, e mettono di quello latte nell’acqua e disfannolovi entro e poscia ’l beono.
Egli vincono le battaglie altresí fuggendo come cacciando, ché fuggendo saettano tuttavia, e gli loro cavagli si volgoro come fossero cani; e quando gli loro nemici gli credono avere isconfitti cacciandogli, e e’ sono sconfitti eglino, perciò che tutti li loro cavagli sono morti per le loro saette. E quando li Tartari veggono gli cavagli di quegli che gli cacciano morti, egli si rivolgono a loro e sconfiggoli per la loro prodezza; e in questo modo ànno già vinte molte battaglie.
Tutto questo ch’io v’ò contato e li costumi, è vero de li diritti Tartari; e or vi dico che sono molto i bastardi, ché quegli che usano au Ca[t]a se mantengono li costumi degl’idoli, e ànno lasciata loro legge; e quegli che usano in levante tegnono la maniera degli saracini.
La giustizia vi si fa com’io v(i) diròe. Egli è vero, se alcuno àe imbolato una picciola cosa, ch’egli (non) ne debbia perdere persona, e gli è dato 7 bastonate o 12 o 24, e vanno infino a le 107, secondo ch’à fatta l’ofesa; e tuttavia ingrossano giugne(ndo)ne 10. E se alcuno à tolto tanto che debbia perdere persona o cavallo o altra grande cosa, si è taglia[t]o per mezzo con una ispada; e se egli vuole pagare 9 cotanto che non vale la cosa ch’egli à tolta, campa la persona.
Lo bestiame grosso non si guarda, ma è tutto segnato, ché colui che ’l trovasse, conosce la ’nsegna del signore e rimandal[o]; peccore e bestie minute bene si guardano. Loro bestiame è molto bello e grosso.
Ancora vi dico un’altra loro usanza, ciò che fanno ma[trimoni] tra loro di fanciulli morti, ciò è a dire: uno uomo à uno suo fanciullo morto; quando viene nel tempo che gli darebbe moglie se fosse vivo, alotta fa trovare uno ch’abbia una fanciulla morta che si faccia a lui, e fanno parentado insieme e danno la femina morta a l’uomo morto. E di questo fanno fare carte; poscia l’ardono, e quando veggono lo fumo in aria, alotta dicono che la carta vae nell’altro mondo ove sono li loro figliuoli, e queglino si tengono per moglie e per marito nell’altro mondo. Egli ne fanno grandi nozze e versane assai, ché dicono che vae a li figliuoli ne l’altro mondo. Ancora fanno dipignere in carte uccegli, cavagli, arnesi, bisanti e altre cose assai, e poscia le fanno ardere, e dicono che questo sarà presentato da divero ne l’altro mondo a li loro figliuoli. E quando questo è fatto, egli si tengono per parenti e per amici, come se gli loro figliuoli fossero vivi.
Or v’abiamo contato l’usanze e gli costumi de’ Tartari; ma io non v’ò contato degli grandi fatti de li Grandi Cani e di sua corte; ma io ve ne conterò in questo libro, ove si converàe. Or torneremo al grande piano che noi lasciammo quando cominciammo a ragionare de li Tartari.