IV

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III V
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IV.

Alla torre bruna del campanile, l'orologio, serio e grave, annunziava le dieci e mezzo. Il desinare degli sposi era finito da non molto, ed il Duca, parlando languidamente della stanchezza dei viaggio, aveva subito condotto Milla di sopra, della loro stanza.... E la camere illuminate e silenziose, la fuga delle sale a terreno avevano veduto passare quella coppia, taciturna ormai.... sui passi del domestico, che spalancava gli usci. Poi gli usci s'erano chiusi, e non si sentiva rumore di sorta. Il chiasso e l'allegria s'eran concentrati nel tinello della servitù.... dove e vino e motti festosi correvano senza posa in mezzo alle libere risate e alle libere frasi. Ma quella gazzarra schietta e grossolana moriva lì, tra le pareti crudamente bianche di quel lo [p. 95 modifica]cale.

La casa era immersa in un silenzio religioso, come addormentata, nella serenità luminosa della notte. Biancheggiava alta, chiusa, signorile, nel vivo chiaro di luna che, piovendo senza riparo sulla facciata, pareva rivestirla d'un'immensa frescura d'argento. L'ombra della villa spiccava di fianco nerissima, sul verde umido del giardino. In quella luce dolce, senza bagliori, tutto pareva acquistare un forte risalto di contorni, ed il fogliame scuro del viale pareva staccarsi, cesellato, sullo sfondo dell'aria serena, tinta d'un cupo azzurro grigiastro.

Una pace infinita. Attorno al laghetto, nel canneto, qualche breve sussurro di giunchi dondolati da una subita bava di vento notturno; dalla parte del viale, qualche nota smarrita di rosignuolo.... L'aria era pregna d'un odore forte e grato di serenella.... e ve n'era infatti una gran macchia, tutta in fiore, poco discosto....

In mezzo a quella pace e a quel silenzio, una ombra mascolina or s'allungava, or si faceva più [p. 96 modifica]corta sulla ghiaia del giardino, a seconda della direzione del corpo che la proiettava. Era l'ombra di Drollino.

Il giovane palafreniere s'era trovato lì senza sapere come, nè perchè.... Quel fracasso infernale del tinello l'aveva stordito; era uscito per respirare un po' d'aria fresca, e camminava in su e in giù sulla grande spianata. Si fermò un momento dietro alla macchia delle serenelle, guardando come trasognato la doppia scalinata che sale sulla facciata della villa e fa capo alla terrazzina del primo piano. Sapeva esser quello l'appartamento destinato agli sposi.

La brezza notturna si mette improvvisamente in moto. Allora tutto quell'arruffio di piante arrampicanti, avvinghiate alla balaustra, s'agita, freme, i fiori oscillano, rizzano le pendule teste sui rami curvati ad arco. Anche loro vogliono vedere: come lui.... Perchè?... Cosa importa ai fiori delle fatali ore umane? E cosa importa a lui, a quel giovane ineducato, mezzo zingaro, [p. 97 modifica]mezzo selvaggio, che se la dice e sta coi cavalli più volentieri che coi pari suoi?

La finestra s'aprì impetuosamente. Milla apparve.... lassù sul terrazzino. Non aveva più il suo elegante vestito da viaggio; la sua personcina, minuta, snella, era avvolta in un'ampia douillette di casimirra bianca. E subito, alle spalle di Milla, ecco il Duca.... Milla voltò il visino smarrito verso la luna.... quella vecchia amica di tutte le gioventù! Ma egli no, non lo guardò neppure quel disco pallido e muto.

Parlava, e il vento portava le sue parole, brevi, tronche, come soffocate:

— Ma che idea! vieni, amor mio.... vieni.

Essa rideva, appoggiata, stretta alla balaustra, come una rondine che, in tempo di bufera, si stringe alla gronda.

— Vieni, vieni! — ripeteva il Duca, null'altro che: «vieni.» Ma quella parola vibrava.... ardente.... nell'aria fresca.

Milla lo pregava d'aspettare un momento. [p. 98 modifica]

— Oh! Giuliano.... no.... aspetta un momento.... ti prego.... guarda.... com'è bello!

Era smarrita, ansante; guardava quella gran pace di luce smorta, quella divina poesia notturna, che nell'ora suprema della sua esistenza metteva un minuto di suprema poesia d'amore.

Ma il Duca, in quel momento, non aveva nessuna voglia di contemplare la luna, la trovava anzi molto inutile...; non disse più: «vieni,» ma, avanzandosi rapidamente verso Milla, la recinse con un braccio alla vita. Essa non lottò, lasciò andare il capo all'indietro, sinchè lo sentì appoggiato sul petto di lui, ed alzò gli occhi a guardar Giuliano. Allora egli chinò il volto, e le baciò la bocca dando un passo addietro. E così, adagino adagino, con quel metodo, camminando a ritroso, a furia di baci, di sconnesse parole, la ricondusse sulla soglia. Poi sciogliendosi per un momento si voltò repentino a serrar le gelosie, i vetri, le imposte e quanto diavolo c'era. [p. 99 modifica]

Di fuori, rimase il lume di luna, così perentoriamente messo alla porta.

E nel lume di luna, la faccia turbata, quasi stravolta di Drollino!

Sua! mormorò il giovane.... E digrignò i denti....

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Si guardò attorno. Era precisamente in quel lato del giardino dove, otto anni prima, aveva avvertito l'avvicinarsi dei malfattori. Rivide, colla memoria, quelle tre faccie sinistre sbucanti cautamente dall'oscurità del viale!...

Ma ora, la pace era completa. La facciata della villa taceva nella molle bianchezza che l'illuminava.

Un subito pensiero scosse Drollino. Provò un impulso.... quello di destare ancora, tutti con un grido d'allarme: al ladro.

Ma si trattenne, con uno sforzo violento che gli fece provare come un senso di stringimento alle fauci.... Ah Cris....

Ma non potè finir quella parola... neppur quella... [p. 100 modifica]

Allora, come se lo avesse colpito un subito spavento, fuggì rapidamente pel viale e scomparve nell'ombra, sforacchiata dai cerchiolini argentei che piovevano a terra, sotto il traforo del fogliame.

* * * * *

Pochi giorni dopo, il Duca e la Duchessa vennero, in carrozza s'intende, a visitare i pascoli. Le puledrine erravano, sgambettando attorno alle madri, che posatamente pascevano, alzando ogni tanto le teste per guardare, con quei loro occhi calmi e profondi, l'orizzonte sereno del piano. Qualche gaio nitrito echeggiava qua e là nelle mandrie e le grandi biche del fieno maggengo profumavano l'atmosfera, accanto ai casolari.

Drollino, osservava con piena soddisfazione l'equipaggio, una leggiadra vittoria attaccata a due nervosi cavalli ungaresi. Stava un po' in disparte, di fianco alla carrozza. Che cosa curiosa era mai quella Duchessa! La sua piccola persona scompariva quasi nell'ampiezza della vittoria e nell'intricata vicenda di trine bianche e thibel [p. 101 modifica]grigio tenero della sua stupenda toilette di primavera, ma la bianchezza dell'incarnato, la delicatezza squisita dell'ovale e la grazia soave della fisonomia componevano nello sfondo roseo dell'ombrellino aperto, un quadretto supremamente gentile. Essa non aveva più l'aria sgomentata; era un po' pallida, ma su quel passeggiero abbattimento dei tratti, che dolcezza infinita di contento, che luce ridente, quanto raggio di gioia, d'un orgoglio nuovo, appassionato! Un sorriso lievemente estatico le posava sulle labbra ed ella riusciva a gran stento a strappare ogni tanto dal volto del Duca il suo sguardo, invincibilmente affascinato.

Il Duca, quieto, ilare e molto bello, nel suo elegante tout de même inglese, rispondeva ad intervalli alla involontaria fissità degli sguardi di lei, con certe rapide e molli carezze dell'occhio. E con una compiacenza, non meno paga e sincera, guardava pure i cavalli che il capo di scuderia gli andava accennando e che i mozzi della [p. 102 modifica]tenuta facevano passeggiare avanti e indietro a fianco della vittoria.

Egli li esaminava, socchiudendo per vederci meglio, uno dei suoi splendidi occhi azzurri.

Faceva il possibile onde persuadere gli astanti d'essere al fatto di quanto costituisce la difficile arte dell'allevamento equino, ma le sue cognizioni in proposito, limitate al dispendioso sì, ma ristretto dilettantismo dei più dei giovanotti eleganti, non impedivano che ogni tanto gli scappassero detti certi maestosi strafalcioni, che la Duchessa aveva per vangelo, ma che sortivano un ben altro effetto presso gli altri. Qualche sorrisetto spuntava qua e là sui volti abbronzati; mozzi e palafrenieri scambiavano certi sguardi, ch'erano vere salve di canzonatura. Il Duca non se ne accorse, e incoraggiato da un intimo sentimento della propria disinvoltura, volle scendere, per scegliere un cavallo da sella, ch'egli destinerebbe al suo uso particolare.

Ne provò parecchi e dei migliori, ma su tutti [p. 103 modifica]trovò a ridire. Questo aveva la bocca dura, quello il trotto ineguale.... quell'altro l'andatura sgarbata.... Alla lunga, s'impazientì. A lui non piacevano.... ecco!... era abituato a ben altri soggetti.... Già; con queste benedette razze italiane, è inutile, ci sarebbero sempre degli inconvenienti! E anche le mandre, i riparti, i pascoli lasciavano molto a desiderare.... Penserebbe, provvederebbe lui; ci voleva un altro impianto; ecco cosa ci voleva!

A un tratto gli venne veduta, un po' in lontananza una cavalla alta, di stupende forme, con una testa fina, delle gambe sottili e nervose, un collo elegantissimo, sul quale i turgidi meandri delle vene spiccavano in nitido risalto. La cavalla stava immobile, in una posa felicissima e atta a far valere la classica bellezza delle sue linee.

— To! pensò il Duca! ecco il caso mio.

Si voltò verso l'intendente e gli disse accennando quella cavalla: — Ecco un discreto prodotto; come si chiama? [p. 104 modifica]

— Mia! — rispose dietro alla vittoria una voce giovane e vibrata.

Il Duca si voltò e vide che chi aveva detto quel nome era uno dei cavallari. Per cui, senza rispondere a colui, si rivolse nuovamente all'agente:

— Che nome ridicolo.... Dev'essere una buona bestia.... Amerei vederla in moto.

D'un salto, e benchè Mia non fosse sellata, Drollino le fu in groppa. Sciolse la cavezza, e si mise in moto. Con due o tre monosillabi fece prendere successivamente alla cavalla il trotto, il galoppo, saltar una barriera, fermarsi repentina, poi tornare scambiettando al sito donde avea prese le mosse. E tutto questo fu compiuto in un momento, con una maestria, una sveltezza, una bravura ammirabili.

— Bravo, Drollino! — sclamò la Duchessa con entusiasmo e guardando suo marito per vedere l'effetto che sortiva in lui lo spettacolo della valentìa di Drollino. [p. 105 modifica]

Ma il Duca non si degnò di esprimere la sua soddisfazione. Ordinò che sellassero la cavalla; voleva provarla.

L'intendente rimase un po' imbarazzato.

— Veramente.... signor Duca....

— Cosa? — chiese brusco il padrone.

— Ecco.... signor Duca.... certamente..., si figuri.... ma vede, quella cavalla.... sicuro.... è bensì un prodotto della tenuta, ma non appartiene propriamente alla tenuta.

— No? e di chi è?...

— Mia! — disse tranquillamente Drollino, che, disceso di sella, stava ritto accanto alla cavalla, guardando fisso il Duca.

— Ah! — rispose questi con suprema indifferenza.

Risalì in carrozza e si rivolse di nuovo al signor Damelli:

— Come mai si permette a un addetto alla tenuta di tener cavalli proprii?...

Damelli tentò una specie di giustificazione. [p. 106 modifica]

— Era stato il fu signor Principe, in ricompensa d'un importante servigio....

— Queste sono irregolarità — interruppe il Duca — cose che non dovrebbero accadere. Mi avvedo che ci sono varie riforme da fare in questa tenuta. Provvederemo, provvederemo.

Il signor Damelli, più ossequioso che mai, si affrettava a scappellare, vedendo che il Duca si disponeva a dar l'ordine di partenza. Ma i fastidi del buon intendente non eran finiti. Il Duca gli fè segno d'accostarsi, e gli disse abbassando la voce: — Caro signor Damelli, ella ha l'incarico di pagare a quel ragazzo il valore della cavalla e di farla condurre stasera in scuderia.

— Avanti — ordinò poscia al cocchiere; e la carrozza si mosse in mezzo ai saluti ossequiosi dei dipendenti.

Ma, appena rizzate, quasi tutte le teste ebbero un dondolìo: il nuovo padrone non era riescito simpatico a nessuno, e lo si giudicava severamente. Che boria! che fare sprezzante! E che bel modo [p. 107 modifica]di stare in sella! com'era sgarbato a cavallo! che personale tozzo, che corporatura floscia, molle! A loro non pareva neppur bello di viso con quella faccia bianca e grassa, quegli occhi di vetro celeste, e quel barbone biondo! La Duchessa, quella sì...; a lei, ch'era una donna, stava bene il visino bianco. E com'era contenta, come sorrideva, come conosceva tutti! S'era ricordata persino d'un vecchio mozzo che una volta, quand'essa era piccina, le aveva fatto fare il giro del giardino sulla carretta del fieno! Ah! che povera idea aveva avuta la signorina d'innamorarsi di quel biondone spiantato che non sapeva far altro che criticare a diritto e a rovescio.

— Eppure — concluse un Pedrolo osservatore — si capisce ch'essa gli è morta addietro!

Morta addietro? Sì certamente; quel Pedrolo non andava errato. Milla s'era completamente smarrita nella repentina rivelazione d'un amore ch'essa non aveva avuto il tempo di prevenire, studiandolo o immaginandolo. [p. 108 modifica]

Il cuore della bambina s'era improvvisato cuor di donna, e la scossa subitanea di quella trasformazione era stata più forte di lei. La prima goccia della tazza era bastata per inebbriare Milla; essa era ebbra d'amore, pazza d'amore. E su di lei era piombata quella strana, malaugurata specie di passione che invade facilmente le anime pure e ignoranti, la passione più innocente e più pericolosa, più sublime e più sciocca fra tutte, quella che non calcola, che spende, spande, sperpera scioccamente tesori di tenerezza senza mai fermarsi a noverare quanto ha dato, o a chiedere quanto ha ricevuto. Passione sitibonda di schiavitù, che nell'oggetto del suo culto crea infallibilmente il tiranno dell'oggi e forse l'annoiato del domani.

Alla sera di quel giorno memorabile, il signor Damelli, terribilmente imbrogliato e coll'aria d'un cane che ha lasciata scappar la lepre, si presentò al cospetto del signor Duca.

— Ebbene? — gli chiese questo imperiosamente. [p. 109 modifica]

Il sig. Damelli non sapeva da che parte rifarsi.

Ma finalmente, con molti giri e rigiri di frasi, finì col confessare che aveva fatto un buco nell'acqua.

— Oh! Eccellenza, si figuri, è proprio riconoscentissimo quel giovane, anzi mi ha detto di ringraziarla della sua generosa offerta.... Ma creda.... che non.... insomma sarebbe per lui una vera disgrazia.... Egli adora quella cavalla.... non vuole.... insomma non può separarsene!

— No? — disse il Duca. — Com'è ingenuo, caro signor Damelli. Non vede che quel ragazzaccio voleva far salire l'offerta?

— L'ho fatta salire, l'ho fatta salire — s'affrettò a rispondere l'intendente; — ho promesso una somma enorme, ho detto che il prezzo lo fissasse lui. Ma nulla.... l'ostinazione di quel giovane fu invincibile. Pare ch'egli abbia una specie di arlia per quella bestia.... Fu un attestato di riconoscenza del povero Principe, per un import.... [p. 110 modifica]

— Basta! — disse il Duca, rosso come un galletto....

Congedò bruscamente il signor Damelli, e passò nella camera della Duchessa. Milla era occupatissima a provarsi un paio di scarpettine ricamate; ma vedendo entrare Giuliano con quel viso rabbioso, si spaventò. S'alzò, e, camminando con un piedino calzato e l'altro no, venne a incontrar suo marito.

— Oh Dio! Giuliano! cos'è accaduto?

— È accaduto — sbuffò il Duca, — è accaduto che questa casa è una Babilonia, e che c'è bisogno di riforme più del pane. Hai dei bei tipi, sai, fra questi tuoi dipendenti! Ma lo manderò via quel biricchino, lui e la sua rozza.... per insegnargli....

E le raccontò la storia, a quel modo, con delle minaccie rabbiose di fare, di disfare, di metter tutto all'aria.

La Duchessa trovò ch'era un abbominio, e che Drollino avrebbe dovuto stimarsi ben fortunato di cedere, [p. 111 modifica]non una, ma cento Mie a Giuliano. Ma, mentre condannava Drollino, sorrideva a Giuliano con una soavità biricchina di donna felice.

— Oh! che sciocco è mai colui.... E tu, Giuliano, non te ne curare.... Per una cavalla! non son tutte tue quelle dei pascoli e delle scuderie?... E se vuoi, falle venir da Londra, là, dove dici che son così belle.... Non pensar più a colui. È una cosa da nulla.... — E per quella cosa da nulla prodigava baci, carezze, soavità di sguardi e di parole da bastare alla felicità di tutta un'esistenza.

Giuliano era disarmato, e il suo terrore delle scene, la sua pigrizia naturale finirono di placarlo. Tralasciò di borbottare, e fu lui che calzò l'altra pantofolina celeste sul piede rosa (grande come un biscottino di Novara) della sua Milla.... Ma la collera non era completamente passata; gli rimase una certa uggia verso Drollino. Quel monello, che cavalcava come un cavallerizzo, che si permetteva d'aver una cavalla propria, che aveva [p. 112 modifica]avuto l'ardire di rifiutarsi a cedergliela, gli dava sui nervi. Tanto, che ne parlò addirittura coll'agente.

— Non le pare che sarebbe bene mandarlo a spasso..., per dare una prova di energia...? per incutere negli altri una salutare idea della disciplina indispensabile? eh!...

Ma l'agente, con infiniti riguardi, espose varie buone ragioni. Veramente, faceva osservare che, proprio, gli estremi non c'erano. Avrebbe fatto più dispiacere che effetto a tutti quanti, il vedere scacciato quel ragazzo. Sua Eccellenza sapeva senza dubbio il servizio da lui reso, tempo addietro, alla casa. E poi, bisognava riconoscere che aveva un'abilità straordinaria come allevatore e domatore.... e nel resto teneva una condotta irreprensibile.

Giuliano capì il latino. L'ira gli era sbollita ormai, ed egli, annoiato da quella prolissa difesa, si sentiva tornare addosso la serena indifferenza del creolo. In cuor suo cominciava a trovare che [p. 113 modifica]proprio non valeva la pena! Per cui finì coll'esser magnanimo, e perdonò senz'altro a Drollino, col patto però che colui non avesse più a capitargli fra i piedi.

Colui, dal canto suo, non aveva nessuna smania di capitar tra i piedi di quell'eccelso signore. La faccia del Duca non gli tornava punto simpatica. Trovava che rassomigliava a certi musi di cavalli traditori, sparmiafatica, che non ci pensano punto a tirare un calcio anche a chi li governa e riempie la mangiatoia davanti a loro.

La sua maniera di stare in sella lo esasperava, ed egli si compiaceva di far osservare ai compagni il modo indegno col quale il Duca guidando, rovinava la bocca alle bestie. No.... a lui non pareva proprio che la signorina avesse fatta una scelta ammodo. Perchè mo' aveva avuta tanta fortuna quella botte d'uomo con quella barba pettinata! perchè l'aveva sposata, lei.... il loro orgoglio, quella specie di madonnina bianca.... Almeno fosse sempre lì in ginocchio davanti a [p. 114 modifica]lei!... Ma no, era sempre la signora che faceva a modo suo, che godeva a vederlo spadroneggiare nella tenuta, nella villa. E lui, con quell'aria placida, sicuro del fatto suo, che si lasciava adorare, che criticava tutto! Eppure non c'è Cristi, il padrone ora era lui! La villa, la terra, i cavalli erano suoi.... Anche Milla era sua.... E non gli era bastata.... Anche Mia avrebbe voluto!...

— Mia! ah no!... piuttosto.... Cristo!...

Stava più che poteva nella pianura dei pascoli. Gli era accaduto qualche volta, capitando per tempo alla villa, di vedere in giardino la veste bianca di Milla, e attorno alla vita di Milla una gran macchia scura, cioè il braccio del Duca. Aveva sentito di sfuggita, passando, qualche sussurro di parole amorose. Come rideva, Drollino, di quelle sciocchezze! Gli parevan così buffe che, quando poteva, evitava di vederle e di udirle. Egli non capiva.... da loro non si usava far all'amore così.... Pure, certe volte un'acre curiosità [p. 115 modifica]lo tormentava! Come aveva fatto quel biondo antipatico a farsi voler bene.... così?

Ecco, quando la Duchessa era sola e passava lì accanto, la cosa mutava affatto. Non gli rincresceva allora di procedere franco, di farle un saluto profondo...; non era forse lei la sua vera padrona, la signora d'Astianello? La cosa era assolutamente diversa.

Milla, quando vedeva Drollino, rispondeva cortesemente al suo saluto, ma non gli parlava. Gli serbava un po' di rancore, per essere stato così ostinato e per non aver voluto ceder Mia al suo Giuliano.

Un giorno, però, s'incontrarono nel viale. La Duchessa rispose con un sorriso al saluto di Drollino. Poi si fermò, e gli chiese se stesse sempre nella casetta della scuderia.

Drollino rispose di no. Dopo la morte di suo padre, era tornato laggiù.... nei pascoli. Ora stava in una cascina.... Sa bene.... la Favorita.

— Mi ricordo — disse Milla. — Ci sta la [p. 116 modifica]suocera della mia sorella di latte.... E ti piace a star lì?

— Sì, rispose Drollino. — È come al tempo antico.... quando c'era il signor Principe.

Negli occhi di Milla venne un luccicore umido.

— Oh! papà.... povero papà.... Com'era buono.... nevvero?

— Tanto! — disse con forza Drollino. E l'accento era così sentito che Milla provò una specie di gratitudine. — Ecco, anche lui si ricordava.... Oh! se il suo povero papà potesse vederla ora.... così felice, così beata! — E subito il pensiero di Giuliano tornò ad afferrarle l'anima, a sbandirne il passato, a immergerla di nuovo nell'estasi delirante del suo presente. L'occhio di Milla era ancora velato, ma aveva cessato di guardar l'orizzonte e di veder Drollino.... essa pensava che Giuliano poteva già essere sceso in sala da pranzo ad aspettarla. Disse in fretta; — Addio, Drollino — e voltò strada, dirigendosi verso la villa. [p. 117 modifica]

Drollino, naturalmente, non capì, nè indovinò. Andò via lentamente, pensando alla vecchia camera, all'entrata della scuderia, a un muricciuolo facile a scavalcare, e a certe pigne di castagne d'India, che per un soffio, per un sassolino diroccavano giù, ruzzolando in tutte le direzioni sulla sabbia di quel viale, quello per l'appunto.

Drollino incontrò un'altra volta la Duchessa, e fu contento di vederla, perchè aveva udito dire che la signora non stava tanto bene. Si buccinava anzi che ci fossero delle speranze..., certe speranze soavi, che si concretano nei preparativi d'una piccola culla....

La Duchessa aveva infatti l'aria un po' patita e Drollino, vedendola passare lentamente sul sentiero soleggiato del giardino, con una mossa stranamente dolce e stanca, rimase un momento come trasognato. Com'era bella!.... le altre donne ch'egli vedeva lì e in città non le somigliavano punto. Così piccola, minuta, com'era, [p. 118 modifica]rappresentava per lui la gloria, la potenza, il pregio di casa d'Astianello. E per questo egli la guardava così.... con quello sguardo devoto che ammirava.

Anche stavolta fu lei a fermarsi e a rivolgergli la parola.

— Buon giorno, Drollino.

Drollino trovò il coraggio di chiederle come stesse.

Essa arrossì profondamente con un pudore giocondo. E rispose: — Bene. — Ma rispose in fretta, colta da un conscio imbarazzo davanti alla semplice, ossequiosa domanda d'un palafreniere qualunque. E subito; per cambiare argomento:

— Drollino, sai che andiamo via?

Egli non sapeva nulla, e disse:

— Come mai? così presto.... due mesi soltanto....

E sbarrò gli occhi con un'espressione curiosa a vedersi, difficile a definire. [p. 119 modifica]

— Sicuro.... si va via.... la settimana ventura. Io starei ancora qui tanto volentieri, ma il Duca dice che bisogna andare ai bagni.

Diceva queste cose con rammarico, ma anche con una segreta gioia di poter ardere questo rammarico, come un granello d'incenso, sull'altare del suo nume.

Il Duca aveva parlato dei bagni, li aveva vantati come giovevoli alla sua salute; non aveva detto positivamente «andiamo,» ma diceva a Milla, con quella sua voce lenta e melodica, che il caldo ad Astianello minacciava di farsi eccessivo, e che anche per lei, anzi, ben inteso per lei, sarebbe stato meglio un po' d'aria di mare, un po' di svago....

Quando Milla udì quella parola: svago, guardò per un momento Giuliano, coll'aria incerta d'una persona che non capisce. Svago.... per lei?...

— Oh, Giuliano, Giuliano, come puoi credere? — disse finalmente, ridendo.

Ma capì meglio un'altra volta, quando le venne [p. 120 modifica]udito, in pieno giorno, senza ombra di causa apparente, un breve sbadiglio di Giuliano.

Un'idea terribile le trapassò, come una spada, la mente. Giuliano.... forse si annoiava?

Senza forse, povera Milla! il primo mese era stato incantevole pel Duca, il suo nuovo amore e i suoi nuovi splendori avevano occupato egregiamente il secondo; ma il terzo.... il terzo.... Erano soli, molto soli ad Astianello: e le ville vicine non sarebbero occupate che durante l'autunno.

Quell'eterno argomento dell'allevamento lo interessava sino ad un certo punto! Milla era un angiolo, oh questo sì, ed egli era il più felice degli uomini; ma quella luna di miele così prolungata, così esclusiva, prendeva delle proporzioni allarmanti. Giuliano trovava che non bisogna abusar di nulla, nemmeno della felicità.

E Milla, che aveva fatto conto di rimaner lì celata, rannicchiata nella suprema estasi del suo amore sino al Natale per lo meno.... [p. 121 modifica] Pure, un giorno, disse soavemente a Giuliano:

— Quando partiamo?

— Quando vuoi — rispose languidamente il Duca.

Ma come fu caro in quel giorno, e adorabilmente affettuoso per la sua Milla!