Memorie sulla dimora del sig. Cagliostro in Roveredo/X

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X.


Sedendo poi Battista fratello di Nicola, ed un altro con lui, Cagliostro aprì sua bocca, e cominciò a narrare le insidie a se fatte in Londra, e in qual modo difendendo egli la causa avanti i giudici ed i magnati del popolo contro un suo calunniatore, e gridando ad alta voce: viva Iddio, chi di noi testifica il falso cada d’istantanea morte; cadde la divina mano su quello, che lo avea accusato, e si rovesciò indietro estinto. Rivolto poi Battista, disse all’amico: usciamo, poichè troppo famigliarmente oggi qui ne riceve. Ed uscirono fuori. Quelli poi, che erano in città, vedendo la moltitudine dei concorrenti da esterni paesi, si maravigliavano. Ed altri, per verità, per ciò cercavano di andare da lui, affinchè forse gli stranieri non li rimproverassero dicendo: anche noi veniamo da lontano per vederlo; voi poi, che lo avete quivi, niente lo stimate, e vi vergognate di ossequiare la sua virtù. Alcuni poi non temendo l’altrui critica si opponevano a tutti gli altri con gran calore. Dicevano poi: chi è costui; e di qual luogo? nol sappiamo. Ma, in qual maniera il di lui credito si è sparso in tutto il [p. 22 modifica]mondo! forse fa egli veri prodigii risanando tutte le malattie, come promette? no certamente. In qual modo dunque? viaggia per il mondo, distribuisce denaro, dice cose grandi, e misteriose. E chi non s’esalterebbe così? risani qualcheduno abbandonato da’ medici, e gli crederemo. Alcuni tuttavia rispondendo dicevano: egli ha un rimedio sicurissimo per scacciare le febbri periodiche, dalle quali ecco che molti se ne liberarono. Dubitando quindi altri se fosse durevole questa guarigione, e sicura, di nuovo ritornavano nei medesimi dubbii. Cagliostro poi non più curava chiunque fosse della città, e giurisdizione di Roveredo; curava poi solo gli estranei, e quei, che venivan da lungi. Si spargeva poi la voce, che replicatamente fosse stato interdetto dal Governatore, e dal Magistrati di spacciarsi per medico. Egli poi portava un’altra ragione, che questa città è maledica, e qualcheduno de’ vostri poeti mi ha diffamato a torto. Per la qual cosa più non eserciterò le mie virtù in voi, e mi porterò in più lontani paesi per restituire i parenti ai loro figliuoli, ed i figliuoli ai loro parenti, liberandoli dalle saette di morte, e dalle fauci delle tenebre. Ivi la gloria mi vestirà degli abiti del suo splendore, [p. 23 modifica]le matrone mi coroneranno di rose, le spose ungeranno con unguenti i miei capelli; i vecchj coi giovani salmeggieranno avanti di me al suono di trombe, ed al rimbombo di tesi tamburri: ivi non spargerà l’invidia il suo veleno, nè l’incredulità stenderà le sue radici. Credevano dunque, che in breve fosse per partire, dai loro confini, e molti godevano dicendo ch’egli disturba la città, e rivela palesemente i vizj più reconditi di ciascuno. Imperocchè egli era fisonomista, ed indovino. Agli ammalati poi, che ritornavano senza miglioramento diceva: e che vi farò io? Ecco i vostri medicamenti nei confini della terra, e chi mi darà le penne dei venti per portarveli? e chiuso l’uscio si allontanava dalla turba, e scriveva, Arabico e Francese, e si riposava.