Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo LI - Il Conte Bruno di Tornafort.

Capo LI - Il Conte Bruno di Tornafort.

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Capo L - Il forte di Ceva dal 1794 alla demolizione del medesimo. Capo LII - I Generali Rusca e Fiorella.
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CAPO LI.


Il Conte Bruno di Tornafort1.


Avutasi notizia di quest’intelligenza se ne fece sollecito rapporto al Ministro della Guerra, marchese Fontana di Cravanzana.

[p. 260 modifica]Era governatore del forte il brigadiere Coaquin, militare pieno di onestà, talenti, bravura, ed attaccamento al Sovrano, ma di salute assai cagionevole. Erano insorti gravi dissapori tra lui ed i capi del presidio.

In vista di ciò, il Ministro pensò di proporre al Re di provvedere ad onorato riposo il Coaquin e surrogarvi il conte Bruno di Tornafort comandante della città di Fossano.

[p. 261 modifica]Vittorio Amedeo già colpito da tanta sventura, e minacciato della perdita di Ceva dopo quella d’Ormea, rivolse tutti i suoi pensieri a questo punto. Li 24 dicembre 1794 spedì i suoi ordini al conte Tornafort di provvedere a tutto punto la fortezza, e di esser pronto a resistere a qualunque attacco, nominando a suo aiutante di campo il signor conte Vincenzo Bruno di Tornafort officiale nel reggimento dei dragoni di Piemonte di lui figlio.

Questo signore fu cortese al raccoglitor delle presenti memorie d’un suo manoscritto di cui si trascrivono qui le precise parole.

«Il primo pensiero del Governatore si fu di esaminare con grande accuratezza tutte le parti della fortezza, e stabilitane la più esatta e dettagliata sorveglianza, onde eluderne le sorprese a fronte di un nemico intraprendente, vicinissimo, favorito spesse volte da nebbie foltissime, e da presupposte intelligenze con alcuni abitanti della città e contorni.

Nel principio della campagna del 1795, le truppe francesi vennero respinte dalle alture signoreggianti la valle del Tanaro, e ripiegarono sino ad Ormea; ma nel mese di novembre, di detto anno il generale Francesco Scherer assalendo la posizione centrale di Roccadarbena sulla linea estesissima da Garessio ad Albenga, e così prese a rovescio le truppe che occupavano le vantaggiose posizioni della Sotta e della Spinarda dovettero ripiegare, e la valle del Tanaro venne di bel nuovo occupata dalle truppe francesi.

Nei primi giorni del mese di marzo 1796, arrivò in Ceva da Nizza marittima il signor Berardi sottotenente del reggimento Piemonte, caduto prigioniero dei francesi in un col cav. Bona colonnello dello stesso reggimento nel conflitto di Roccadarbena. Sulla parola d’onore del Bona si permise al Berardi di portarsi a casa sua, ma la sua prima premura si fu di dare al governatore Tornafort le più precise dettagliate notizie dell’armata francese, e dell’imminente [p. 262 modifica]attacco per parte della medesima al Piemonte, dalla parte di Ceva e Mondovì.

Il Governatore spedì tosto al Ministro della Guerra l’aiutante di campo suo figlio. Il Ministro lo confortò a presentarsi egli stesso dal Re. La relazione dettagliata della persona dei generali francesi e dei loro progetti d’attacco, fece stare per un momento S. M. sovra pensiero. Fece il Re passare a rassegna i mezzi di difesa che gli rimanevano, e specialmente il forte nerbo di truppe tedesche, che dal Tirolo scendevano in Italia, e rimandò a Ceva il Conte di Tornafort figlio con lettere dirette a suo padre.

Questi si diede a provvedere con tutta sollecitudine alla più valida difesa del forte. Il capitano Barilis comandante dell’artiglieria, avendo osservato la mancanza di molti oggetti di rilievo, fra quali di due cannoni, di un obice, di affusti, e di ruote di ricambio, ne fece tosto relazione al Governatore, il quale si diresse al conte Saluzzo comandante l’artiglieria, e fu con tutta premura provvisto il necessario.

Nei primi giorni d’aprile s’udì dal forte un vivo cannoneggiare verso Montezemolo. Spedì il governatore il suo figlio ad esplorare l’andamento delle cose. Presentossi dal general Colli che aveva il suo quartier generale su d’una prominenza che costeggia la strada di Savona. Trovò questo generale di mal umore. Si lagnò con istile tronco e turbato che si trovava da varie parti esposto all’attacco del nemico, che il generale in capo Beaulieu gli aveva tolti due reggimenti che facevano parte della sua armata, e che caddero prigionieri di guerra, e gli chiese nuove delle mosse del nemico, e specialmente se si fosse già impadronito di S. Michele.»

Da quanto vide e sentì il giovane esploratore ebbe campo a convincersi che tra il generale Beaulieu comandante l’armata austriaca ed il generale barone Colli comandante l’armata sarda, o per gelosia di comando, o per altri motivi [p. 263 modifica]non passasse la necessaria armonia per combinar gli attacchi e la difesa.

Quindi non è meraviglia se superata la rilevantissima posizione di Cosseria, abbandonata la ridotta di Montezemolo, e debolmente difesa quella della Pedagera, ritiratesi le truppe alle alture dominanti di Testanera, Faia e Baglione, dove si erano costrutti trincieramenti e ridotti, che si collegavano colla fortezza di Ceva, questa si trovò ridotta alla propria sua difesa.

Note

  1. Francesco Tommaso Bruno Conte di S. Giorgio e Tornafort, Maggior Generale e Governatore della Fortezza di Ceva, e già Comandante di Fossano, avea fatta la guerra del 1745 per la successione di Maria Teresa. Si dimostrò intrepido difensore del Forte di Ceva e solo cedette al comando del suo Re. Non meno valoroso fu il suo figlio, il giovine Conte Vincenzo, in allora aiutante di campo del padre, ma fu anche pio come si vedrà più innanzi.
    La famiglia Bruno è antica e patrizia d’Asti, di parte ghibellina: è tradizione che ad essa appartenesse Guglielmo Visconte di Adelaide di Susa dal 1041 al 1078.
    S. Bruno Abate di Monte Cassino, Vescovo di Segni e Cardinale dal 1043 al 1123.
    Bruno Abate di S. Giusto di Susa ai 21 Giugno 1275.
    Guglielmo Podestà di Genova nel 1279.
    Ludovico, nativo di Roccaverano, ma probabilmente anche proveniente da Asti, fu Conte Palatino, Consigliere del Marchese Guglielmo di Monferrato, Vescovo d’Acqui circa il 1497.
    Questo ramo di Roccaverano diede molti Vescovi, fra cui Enrico Vescovo di Feltre, Arcivescovo di Taranto e Cardinale di S. Chiesa, Ministro di Finanze, Segretario del Concistoro, il quale eresse e dotò la Chiesa di Roccaverano feudo di sua famiglia, che ebbe anche Baratonia, Cassinasco, Ferrera, ecc.
    Un altro ramo di questa famiglia stabilivasi in Cuneo circa il 1200, forse essendone un personaggio andato a Podestà.
    Furono dichiarati nobili d’Ospizio nel 1360. Uno d’essi trovasi fra i quaranta Notabili, che votarono per la dedizione di Cuneo a Casa Savoia.
    Gio. Giacomo fu Vicario, poi Governatore di Cuneo nel 1600.
    Carlo, Generale in Francia, morì ai 17 febbraio 1842. Esso fu Colonnello del 13° Corazzieri nella Spagna, poi del 24° Dragoni, fece le campagne dal 1813 in poi in Allemagna e Francia. In un fatto d’arme speciale battè col solo suo reggimento la divisione del Generale Bascourt; una carica del suo reggimento diede la vittoria ai Francesi nel 1811 sotto Sagonto; a Mâton presso Ioinville fece prigioniere le Guardie del Corpo del Re di Prussia nel 1814: nel 1830 venne acclamato Generale in capo dell’esercito insurrezionale del mezzodì, radunato presso ad Aix, di 45600 combattenti. Fu Barone dell’Impero, Ufficiale della Legione d’Onore, ecc.
    I Bruni di Cuneo ebbero i feudi di Tornafort, di S. Giorgio Scarampo, Clavesana e Samone. L’ultimo del ramo dei Conti di Samone fu Monsignor Amedeo, Vescovo di Cuneo, morto ai 21 dicembre 1838 d’anni 85.
    Ferdinando, Vescovo di Fossano, morto nel 1848 ai 27 settembre, fu l’ultimo del primo ramo dei Tornafort.                (A. B.)