Memorie storiche civili, ed ecclesiastiche della città, e diocesi di Larino/Libro I/Luogo preciso, in cui veniva situato Larino a tempo della Repubblica, e dell'Imperio Romano, ove del Pretorio, delle Terme, de' diversi Fonti, e altri Edifizj civili

Libro I
Capitolo X
Luogo preciso, in cui veniva situato Larino a tempo della Repubblica, e dell'Imperio Romano, ove del Pretorio, delle Terme, de' diversi Fonti, e altri Edifizj civili

../Iscrizioni lapidarie, colle quali si comprova il Governo Civile di Larino Vecchio co i proprj Magistrati in forma di una perfetta Repubblica ../Dell'Anfiteatro di Larino, chiamato volgarmente sino a questi nostri tempi Colosseo, ove dell'origine, e degli usi degl'Anfiteatri, e come poi cessasse IncludiIntestazione 9 aprile 2009 75% Storia

Libro I
Capitolo X
Luogo preciso, in cui veniva situato Larino a tempo della Repubblica, e dell'Imperio Romano, ove del Pretorio, delle Terme, de' diversi Fonti, e altri Edifizj civili
Libro I - Iscrizioni lapidarie, colle quali si comprova il Governo Civile di Larino Vecchio co i proprj Magistrati in forma di una perfetta Repubblica Libro I - Dell'Anfiteatro di Larino, chiamato volgarmente sino a questi nostri tempi Colosseo, ove dell'origine, e degli usi degl'Anfiteatri, e come poi cessasse


1. NEl Cap.VI. fu detto, che l’antico Larino era situato ne’ Frentani tra il fiume Fortore, e il Biferno : ora vedremo, dove veniva particolarmente posto ; come altresì qualche cosa dirassi della sua forma, estensione, e di quanto si accenna nei titolo del presente Cap., riserbandoci far parola della sua distruzione nel lib.3. cap.1., ed ivi parlare del nuovo Larino: quindi è, che quantunque il tempo divoratore delle cose ci abbia tolto il vantaggio di vedere in piedi questo Larino vecchio, che chiamano, e come fu a tempo della Repubblica, e dell’Imperio Romano, non mancano però vestigj per farcelo divisare nella miglior maniera, che possa venirci permesso.

  2. Era egli posto sulla schiena di un Colle, oggi detto volgarmente Monterone, amenissimo, pendente verso Settentrione, e di là per la parte Orientale, come di qua ancora verso la parte Occidentale ; in tal guisa, che sembra un bel Teatro, tutto aperto, sull’aspetto della Puglia, e del Monte Gargano per verso Oriente, del Mare superiore, altrimente detto Adratico per Settentrione, e per Occidente, e Mezzo giorno gran parte de’ Frentani, e Sanniti, i quali per lo più compongono i due Abruzzi, non ostante che per la parte di Mezzo giorno venisse appoggiato sul Monterone suddetto, come quello, il quale punto ingombra la sua vista.

   3. La di lui figura non è totalmente regolare, ma piuttosto in varie parti irregolare, di lunghezza da Mezzo giorno a Settentrione due miglia in circa, principiando dalla cima del Monterone, sino alla Torre del Seminario, che erano i due confini, quello per Mezzo giorno, e questo per Settentrione, e di larghezza quasi un miglio nella parte meno spaziosa, cioè per Oriente dalla Chiesa di S. Primiano, lasciando la pendenza, che sporge verso Oriente, e per Occidente quasi fino al Fonte di S. Pardo, lasciando l’altro maggior pendio, che scende ad un Vallone, detto il Vallone della Terra. Tutto il suo circuito ben considerato sembra che fusse di quattro, e forsi di cinque miglia, non ostante, che Celso Barozzini in una sua lettera de 27. Maggio 1519. che scrive a Santinello Capriolo, e si conserva nell’Archivio del Signor Marchese del Vasto, in un libro, che tiene il titolo : Raccolte di varie Memorie, e disegni di cose antiche di varie Città, e luoghi delle Provincie di Abruzzo CiTra, ed Vltra: il quale, come si dice altrove, inviato dal Marchese del Vasto di quel tempo per far ricerca in Larino delle cose più memorabili, dice, che sono molte le rovine, che appariscono in tutto lo spazioso sito di tre miglia in circa della Città.

   4. Veniva questa Città circondata da fortissime muraglie, e fino al presente se ne vedono stupendi spezzoni, e molto più frequenti per verso la parte Settentrionale, ed Occidentale, tra’ quali si vede anche un ordine di Bastioni, che appellano ; neppure mancano delle fosse attorno, e gli uni, e gli altri fanno conghietturare la qualità della grossezza, e dell’altezza delle muraglie. Vi sono parimente le fabbriche di una Porta della Città, che tiene il nome di Porta Aurea, tramandato dalla fama a’ Paesani. Ella sta posta giù per Settentrione. Le sue fabbriche non sono tutte intere, e quelle, che si vedono dimostrano fusse stata assai magnifica, e maestosa, e alla medesima si devono supporre uniformi le altre Porte.

   5. In riguardare il sito, e le fabbriche di questa antichissima Città, si vedono osservate tutte quelle leggi, le quali si richedevano da’ Greci, e dagli antichi in costruire le Città più cospicue, riferite da Platone nel lib.6. de legib., cioè che fussero poste in alto, ut munitiores sint, & muniores. In fatti questa Città sta posta in dorso del suddetto Colle, tutta aperta, e ben circondata di muraglie, e fossate ; respira nella medesima Città un aria perfettissima, e sempre uguale, quale riflettendosi a tutte le sue parti, si stima senza dubbio la migliore, non solo de’ luoghi di questa Diocesi, ma anche di tutta la Regione Frentana, e si gode giocondissima, ritrovandosi a vista dell’Adriatico, e lontana per il cammino di circa dodici miglia, non è soggetta a quegl’incomodi, che porta la vicinanza del Mare, come appunto si desidera da Platone de legib. lib.4. ove così dice : "Profecto Mare Civitati proximum quotidiana quadam jucunditate eam afficit ; verumtamen vicinitas ea nimium revera salsa est, atque amara. Nam cum mercibus, & pecuniis cauponando Civitas repleatur, dolosi animi instabiles, & insidos mores parit. Unde parum, & ipsa ad se ipsam, & ad gentes alias fidem, & amicitiam colit.

   6. Parimente vi era in questa Città il Pretorio, o fu il Palazzo del Senato, l’Anfiteatro, o sia Colosseo, le Terme, i Tempj dedicati a falsi Numi, le Fonti delle acque, che l’irrigavano, come ne’ seguenti Capitoli XI., e XII., in somma veniva ornata di tutto ciò, che fusse necessario per formare una Città Metropoli di una Repubblica, notato da Platone de legib. lib.6., da Aristotile de Polit. lib.7. , da Pausania nella descrizione della Grecia, il quale vuole, che Acherona non possa chiamarsi Città, per non avere il Pretorio, o sia Palazzo della Repubblica, né Ginnasio, né Teatro : Acherona, dice egli, stadium 20. via Panopaeum ducit Urbs est Phocantrum, si modo Urbem eam appellare par fuerit, in qua Cives non Praetorium, non Gymnasium, non Theatrum , non Forum ullum habent, non denique ullum perennis aquae receptaculum. E sebbene non vi faccia parola del Tempio, lo dice però nel 9. libro, ove loda i Tanagrei, Popoli Greci, i quali avevano costruito il Tempio separato dagli altri edificj privati, e dal luogo, ove si trattavano i negozj, e così ivi : In eo sane Tanagraei praecipuam quandam prae cunctis Graecis Religionis rationem mihii habuisse videntur, quod seorsum a prophanis AEdibus Deorum Templa aedificanda curarunt, in Area, scilicet pura, & ab hominum negotiationibus sejuncta.

   7. Parlandosi presentemente del Pretorio, o fusse detto Palazzo de’ Decurioni, o sia del Senato ; fino al presente si osservano le sue fabbriche. Sta egli posto quasi nel mezzo della Città, e presso que’ Popoli tiene il nome di Palazzo, non molto distante dall’Anfiteatro. Oltre a’ fondamenti, vi sono fabbriche quasi intere in tutti i loro lati, e fanno divedere, che fusse fatto a tre ordini, in gran parte atterrato per la lunghezza del tempo dall’ingrossamento del terreno. E’ di lunghezza palmi Napolitani cento ottanta, e di larghezza palmi cento trentasei. La grossezza de’ muri sul pian terreno è di palmi quattro, e mezzo, e per regola di architettura de’ Romani deve supporsi sotto il pian terreno almeno di palmi sei, ed un quarto, dandogli la quarta parte di più della grossezza per ogni lato. Sta formato col gusto di que’ tempi in tutte le sue parti. La superficie tanto esterna, che interna è di mattoni, e la grossezza è composta di sassi spezzati, frammischiata la malta, la quale è cosi indurita, che supera il marmo stesso ; e benché le muraglie si vedano scorticate, quasi dapertutto, in alcune parti dell’edificio sono ben pulite, ed alcune volte dipinte. Tantoché la sua grandezza era corrispondente al bisogno de1 Decurioni, e Senatori, che formavano il Consiglio di una Città Metropoli di una intera Regione, di cui si è fatto parola in questo medesimo lib.I. cap.7. num.2. e segg.

   8. Neppur mancava in questa Città la Colonna Menia eretta in Piazza, e forse non discosta dal Pretorio, in cui debitores, fures, & servi fugitivi accusabantur, & apud Trium-Viros Capitales puniri solebant, come Asconio in Cicerone in C. Verrem vers. V. Vestri Ordinis reos : Reos vestra defenfione condignos, vel fures, vel servos nequam, qui apud Trium-Viros Capitales apud Columnam Meniam puniri solent. E poi vers. Ad Columnam Meniam. Menius cum domum suam venderet Catoni, & Flacco Censoribus, ut ibi Basilica aedificaretur, exceperat sibi jus unius Columnae, super quam testum projiceret provolantibus tabulatis ; unde ipse, & posteri ejus spectare ni unus gladiatorum possent, quod etiam tum in Foro dabatur. Ex ilio igitur Columna Menia vantata est.

   9. E questa è quella Colonna, alla quale in Larino era stato accusto, e condannato Manilio, Uomo malvagio, di cui parla Cicerone nella nostra Cluvenziana : Manilium, plerique noratis. Non ille honorem a pueritia, non studia vìrtutis, non ullum existimationis bona fructum unquam cogitarat, sed ex petulanti, atque improbo scurra in discordiis Civitatis ad eam Columnam, ad quam multorum saepe conviciis perductus erat cum suffragiis Populi pervenerat. Sopra di che Paolo Manuzio vers. Ad eam Columnam, cosi dice: Jus dicebat opinor ad Columnam Meniam, ad quam debitores, fures, & servi fugitivi accusabantur. In fatti fino a questi ultimi tempi è stata ella veduta; ma poi quasi infranta fu fabbricata, e posta tra le fabbriche dello Sperone fatto per rinforzo del muro del Convento de’ Padri Cappuccini posto in questa Città vecchia di Larino, conforme ci è stato riferito da persone, che la viddero in essere tra altri spezzoni di fabbriche antiche.

   10. Passando a parlare de’ luoghi de’ Bagni pubblici, da altri appellati Terme, in Greco cosi anche detti, Θιρμαι, in quanto sunt quaedam loca publica, in quibus aut sanitatis, aut abstergendarum sordium causa lavamur . Prescindendo dal vedere se i luoghi siano caldi per natura, ovvero per artifizio; giacché a sentimento di Valla in Raudensem : Thermis dicuntur, quae natura calidae sunt, balnea etiam, quae calefiunt igne. La quale distinzione per altro non si ammette comunemente sul fondamento, quod Neronis, & Titi Balnea, Martiale, ed altri Thermas vocant, quae certe igne calefiebant. In questo senso in Larino vi erano le Tenne, dove gli Uomini stanchi dalle fatiche de’ giuochi, ed esercizj, che facevano nell’Anfiteatro, si rincoravano, o si lavavano, o si apparecchiavano ad altre consimili, o che per delizie ciò facessero ; giacché si osserva, e si riconosce da conghietture, che in contrada di esse non vi era acqua naturalmente calda, e che si riscaldava artificiosamente, come appresso. 

   11. Le fabbriche delle Terme si vedono in Larino vecchio per verso l’Anfiteatro, propriamente attaccate alla Chiesa, e Spedale de’ suddetti Canonici Regolari di Sant’Antonio Abate, distinte in diverse stanze, quattro delle quali sono quasi intere, e tra esse varie Cellule, come piccioli ritiri, e per dentro sporgono varj Condotti, e Canali, per i quali si dava l’acqua, e l’edifizio è di Fabbrica di terra cotta, e di pietra, come le altre di sopra notate.

   12. Vi erano, come sono, in questa Città molti Fonti di acque limpidissime, benché rovinati i loro edifizj, e che che sia stato a tempo, che quella Città era in fiore, quando se ne deve supporre maggior numero, disviate le acque, e sotterrate le fabbriche dalla voracità del tempo, certa cosa è, che al presente se ne contano sei, e se non sono le fabbriche di quella magnificenza, che si possano figurare, le loro rovine però fanno conghietturare la di loro antica qualità. Si stima il più magnifico in que’ tempi il fonte, che anche presentemente chiamano Fonte Palazzo, così detto, forse ritenendo il nome di que’ tempi, perché passa, e si diffonde per varie parti, e per diversi condotti vicino al Palazzo del Senato. Nasce quest’acqua nel suddetto colle, chiamato Monterone, scorre per un principale condotto, fatto a volta, largo circa sei piedi ; e si distende per una gran pezza di cammino ; giacché niuno, per quel, che sappiamo, finora si è inoltrato sino al fondo, e scorreva per mezzo della Città per altri minori condotti, dando l’acqua ad altre minori fontane, come si vede.

   13. Oltre al Fonte preaccennato, gl’altri, che si contano li noteremo con quel nome, con cui presentemente si appellano. Sono, Fonte Longo, posto alla falda d’un colle verso la parte orientale dentro la presente Vigna Baronale. Fonte de’ Massari, che sta dentro la Vigna, detta la Torre del Seminario dalla parte di settentrione, ed attualmente vi sono fabbriche ben formate antichissime, con una mediocre, e deliziosa peschiera, tra le medesime fabbriche, formata dalla bo: mem. di Monsignor Catalani Vescovo di Larino. Fonte Focolare, posto nel confine settentrionale della Città. Fonte di S. Tecla, che ha preso il nome dalla distrutta Chiesa vicina, situata nel confine della Città dalla parte orientale, le fabbriche del quale sono magnifiche, e tali i suoi condotti, e ’1 vaso. Fonte Mastro-Vito, posto alla falda del Monterone, e parimente le fabbriche di questo sono considerabili.

   14. Quanto all’Anfiteatro, ci riserbiamo parlarne nel seg. cap.12., siccome nel cap.12. di questo medesimo lib.I. parlaremo de’ Tempj dedicati a falsi Numi.

   15. I rottami, che vi sono, fanno conghietturare, che le fabbriche delle particolari abitazioni fussero magnifiche, composte con mattoni, che chiamano opus Lateritium ed altre opus reticulatum di antica struttura, e si vedono spezzoni di pavimenti lastricati con varj pezzetti di marmi di varj colori, e figure, che appellano opus Musivum ; oltre alle colonne, e statue di marmi d’Imperadori, ed altri simili monumenti di quell’antichità, si trova tra essi quantità di medaglie, non solo di quelle, che si usavano a tempo degl’Imperatori, ma anche a tempo della Repubblica, tanto di argento, che di Metallo, e presso di noi ne conserviamo alcune dateci ultimamente da un Villano, nelle di cui mani erano capitate iscavando quei terreni per la loro cultura, e ci suppongono, che per lo passato se ne siano ritrovate in gran copia senza farsene conto, come non conosciute, e cambiate quelle di argento con miserabile ricognizione. E non è da disprezzarsi quel, che su di scrive il suddetto Celso Barozzini a Sentinello Capriolo con detta sua lettera de’ 27. Maggio 1519. così leggendosi : Si seguita lo scavo tra li Rottami di Larino antico, e per Jacovello si manda ad V. S. quello, che si è trovato ultimamente con alcune medaglie de bronzo, ed una de oro delo Imperatore Costantina, che io stimo assai rara.

   16. In questo luogo adunque, e sito, e in detto stato fu Larino a’ tempi della Repubblica, come in quei degl’Imperadori, fino a tanto, che non fu trasferito l’Imperio in Oriente, e per qualche tempo anche dopo ; appresso però colla generale disgrazia della nostra misera Italia, e specialmente delle Regioni, che ora compongono il nostro Regno, anche Larino restò oppresso dalle medesime sciagure, e poi totalmente distrutto, e atterrato. Come poi, e quando ciò avvenisse, ci riserbiamo parlarne appresso nel lib.3. cap.1. ove del moderno sito di Larino, sorto dalle spoglie, e residui del vecchio.