Memorie di Carlo Goldoni/Parte terza/XL

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Carlo Goldoni - Memorie (1787)
Traduzione dal francese di Francesco Costero (1888)
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Parte terza - XXXIX Appendice

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CAPITOLO XL ed ultimo.

Complimento dell’autore. — Sue scuse. — Alcune parole sopra due autori italiani. — Conclusione dell’opera.

Eccomi finalmente arrivato all’anno 1787, che è l’ottantesimo dell’età mia, ed al quale ho limitato l’estensione delle mie Memorie. Sono dunque finiti i miei ottant’anni, e la mia opera è pure finita. Ne è stato distribuito il programma; le sottoscrizioni hanno superato le mie speranze, ed il disegno del mio ritratto è compiuto.

Il signor Cochain ha voluto avere la compiacenza d’usare la sua matita per arricchire la mia opera. Quest’uomo celebre, segretario ed istoriografo dell’Accademia reale di pittura e cavaliere dell’ordine del re, non ha solamente condisceso al mio desiderio ed alla mia ambizione, ma si è degnato ancora di anticiparne il compimento con il più schietto sentimento d’amicizia, e con la generosità più obbligante. Tutto è compiuto, tutto è in ordine; mando alle stampe i miei tre volumi, e all’incisore il mio ritratto. Non può dunque quest’ultimo capitolo toccare degli avvenimenti dell’anno corrente; ma non mi sarà inutile per soddisfare alcuni doveri che mi restano. Comincio col ringraziare le persone che hanno avuto bastante fiducia in me per onorarmi delle loro soscrizioni. Non intendo già di parlare delle grazie e dei beneficii del re e della corte; questo non è il luogo di parlarne. In questo mio lavoro ho rammentato alcuni amici miei ed anche protettori. Chieggo loro scusa se ho osato tanto, senza averne prima il loro consenso. Non fu vanità: i fatti che dovevo narrare me ne diedero occasione: i loro nomi scorsero dalla penna: il cuore colse l’istante, e la mano non volle negare l’opera sua.

Ecco, per esempio, una di quelle fortunate occasioni di cui ho parlato. Giorni sono ero malato, e il signor conte Vittorio Alfieri mi fece l’onore di venirmi a trovare. I suoi meriti mi erano già noti, ma la sua conversazione poi mi avvertì del torto che avrei avuto se lo avessi dimenticato. È un letterato dottissimo e rinomatissimo, che primeggia principalmente nell’arte di Sofocle e d’Euripide, e su questi sublimi modelli egli ha scritto le sue tragedie. Le quali in [p. 369 modifica] Italia hanno già avuto due edizioni, e debbono attualmente esser alle stampe del signor Didot a Parigi: io non starò a darne ragguagli, poichè chiunque è in grado di vederle e giudicarle. In questi giorni medesimi di mia convalescenza, il signor Caccia, banchiere a Parigi, mio compatriotto ed amico, mi mandò un libro che gli era stato indirizzato dall’Italia per me. Contiene una raccolta di madrigali ed epigrammi francesi, tradotti in italiano dal signor conte Roncagli della città di Brescia negli Stati veneti. Questo elegante poeta non ha tradotto che i pensieri; ha detto le medesime cose con meno parole, ed ha trovato nella sua lingua arguzie vivissime quanto quelle degli originali. Ebbi l’onore di conoscerlo, dodici anni fa, in Parigi, e mi lascia sperare che avrò il piacere di rivedercelo. Questa speranza mi consola infinitamente; ma di grazia si spicci, poichè la mia vita è molto avanzata negli anni e quel che è peggio, io mi trovo estremamente affaticato. Ho intrapreso un’opera troppo lunga e laboriosa per l’età mia, e ci ho impiegati tre anni, temendo sempre di non avere la soddisfazione di vederla finita.

Eccomi però, grazie a Dio, tuttora in vita e con la speranza di vedere i miei tre volumi stampati, distribuiti, letti... e se non saran lodati, spero almeno che non siano per essere oggetto di disprezzo. Non mi si accusi di vanità o di presunzione, se oso sperare qualche raggio di favore per le mie Memorie; poichè se avessi creduto di dover dispiacere assolutamente, non mi sarei data tanta cura; se nel bene e nel male ch’io dico di me la bilancia pende dalla parte buona ne sono più debitore alla natura che allo studio. Tutto lo studio da me usato nella composizione delle mie commedie è stato quello di non guastare la natura, come il principale pensiero nella compilazione di queste Memorie è stato di non dir altro che la verità. La critica dunque delle mie commedie potrebbe avere in mira la correzione e la perfezione dell’arte comica, ma quella delle mie Memorie non produrrebbe niente a favore della letteratura. Se vi fosse pertanto qualche scrittore, al quale venisse in mente di occuparsi di me non per altro fine che per molestarmi, egli perderebbe il suo tempo. Io sono nato pacifico, ho sempre conservato la mia calma, e nella mia età leggo poco, e non leggo che libri dilettevoli.

FINE.