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368 parte terza


giarono l’un e l’altro in questa graziosa opera buffa; ed il signor Clairval fece vie più apprezzare il merito del poeta e quello del maestro di musica.

Allorchè fu ritirata l’opera del Riccardo, pareva difficile di poterne trovare una seconda, che potesse subentrare alla prima con altrettanta fortuna. Nina, o La pazza per amore, fece un tal miracolo; dimodochè se il successo di questa commedia non superò quello della precedente, lo ebbe almeno eguale. Quest’opera del signor Marsoiller ebbe il vanto di render tollerabile sulla scena un essere sventurato, privo d’ogni delitto, e senza taccia alcuna. Fu anche trovata buona ed analoga al soggetto la musica del signor d’Alerac.

La signora du Gazon, la quale aveva dato tante prove del suo valore in tutti i generi, nei caratteri e nelle scene importanti, sostenne con tant’arte e verità la parte stravagante di Nina, che si credette perfino di vedere in lei una nuova attrice, o per dir meglio la disgraziata creatura medesima, di cui rappresentava il personaggio ed imitava i delirii.

CAPITOLO XL ed ultimo.

Complimento dell’autore. — Sue scuse. — Alcune parole sopra due autori italiani. — Conclusione dell’opera.

Eccomi finalmente arrivato all’anno 1787, che è l’ottantesimo dell’età mia, ed al quale ho limitato l’estensione delle mie Memorie. Sono dunque finiti i miei ottant’anni, e la mia opera è pure finita. Ne è stato distribuito il programma; le sottoscrizioni hanno superato le mie speranze, ed il disegno del mio ritratto è compiuto.

Il signor Cochain ha voluto avere la compiacenza d’usare la sua matita per arricchire la mia opera. Quest’uomo celebre, segretario ed istoriografo dell’Accademia reale di pittura e cavaliere dell’ordine del re, non ha solamente condisceso al mio desiderio ed alla mia ambizione, ma si è degnato ancora di anticiparne il compimento con il più schietto sentimento d’amicizia, e con la generosità più obbligante. Tutto è compiuto, tutto è in ordine; mando alle stampe i miei tre volumi, e all’incisore il mio ritratto. Non può dunque quest’ultimo capitolo toccare degli avvenimenti dell’anno corrente; ma non mi sarà inutile per soddisfare alcuni doveri che mi restano. Comincio col ringraziare le persone che hanno avuto bastante fiducia in me per onorarmi delle loro soscrizioni. Non intendo già di parlare delle grazie e dei beneficii del re e della corte; questo non è il luogo di parlarne. In questo mio lavoro ho rammentato alcuni amici miei ed anche protettori. Chieggo loro scusa se ho osato tanto, senza averne prima il loro consenso. Non fu vanità: i fatti che dovevo narrare me ne diedero occasione: i loro nomi scorsero dalla penna: il cuore colse l’istante, e la mano non volle negare l’opera sua.

Ecco, per esempio, una di quelle fortunate occasioni di cui ho parlato. Giorni sono ero malato, e il signor conte Vittorio Alfieri mi fece l’onore di venirmi a trovare. I suoi meriti mi erano già noti, ma la sua conversazione poi mi avvertì del torto che avrei avuto se lo avessi dimenticato. È un letterato dottissimo e rinomatissimo, che primeggia principalmente nell’arte di Sofocle e d’Euripide, e su questi sublimi modelli egli ha scritto le sue tragedie. Le quali in