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204 | parte seconda |
spesa per godere i frutti della sua eredità. Donna Aurelia ha un bel dire ed ha un bel fare, ma non è ascoltata. La legge concede ai parenti del padre la tutela dell’orfana, e Lauretta chiede marito.
Amico di donna Aurelia è don Ottavio, uomo di somma saviezza, di nobil nascita, e onoratissimo, che era in relazione con questa dama fin da quando viveva il marito di lei, a cui aspirava di succedere. Questa donna professava dal canto suo molta considerazione per tal uomo stimabile, avendo perfino fatto conto di sposarlo dopo il suo anno di vedovanza e dopo il collocamento di Lauretta. Ma per l’amore di una figlia ingrata sagrifica piuttosto il suo vantaggio e la sua inclinazione, tanto adoprandosi con le sue preghiere, lacrime e persuasive, che finalmente l’obbliga a dar la mano a Lauretta. Questa contenta di avere un marito, non vi si oppone. Frattanto la generosità di don Ottavio concede allo zio e alla zia di lei, loro vita durante, il frutto dei beni della nipote, e la madre aggiunge a tanti sacrifizi da lei fatti quello ancora della sua dote in favore della figlia, altro per sè non riservando che una scarsa rendita per vivere in un convento. Ci voleva veramente questo trionfo dell’amor materno per fare scordare ai dilettanti dei versi che la mia commedia era in prosa: essa ebbe un successo molto significante; le donne tutte andavan orgogliose della virtù di Aurelia, ma non ve ne era forse neppur una che avesse avuto cuore d’imitarla. Non mancava molto tempo alla chiusura del teatro, onde bisognava divertire il pubblico, e ringraziarlo nel tempo stesso di avere concesso il suo favore alla commedia da me esposta. Fui di parere, che Le Massaie, commedia veneziana, avrebbe potuto soddisfare pienamente le mie intenzioni: la esposi adunque con tutta fiducia, nè ebbi motivo di pentirmene. Il soggetto di essa è preso dalle persone dei più basso ceto della società civile; ma è però sempre vero che la natura in tutte le classi offre e dei cittadini ragguardevoli, e dei difetti da correggere. La commedia pertanto di cui si tratta, è più divertevole che instruttiva. Hanno le massaie di Venezia per privilegio incontrastabile un giorno di libertà nel corso del carnevale ad oggetto di valersene unicamente per divertirsi. Queste donne ricuserebbero senza dubbio le migliori condizioni, piuttostochè perdere il diritto di tal giornata. Quello che vi è di più gradevole sono le critiche e le maldicenze di esse sul proposito dei cattivi maneggi domestici. La morale, che non guadagnerebbe nulla sull’animo delle donne di servizio, diviene utilissima per la correzione delle padrone. Non starò qui a dar l’estratto di una commedia la cui sostanza non può essere di alcun rilievo: contentandomi soltanto di dire, che malgrado la sua debolezza piacque moltissimo. Nè dee recar maraviglia: commedia in versi, tema veneziano, i giorni ultimi di carnevale; poteva mai fallire il colpo?
CAPITOLO XXII.
- Lettera di mio fratello. — Suo arrivo a Venezia con i suoi figli. — Mia malattia a Modena. — Mie malinconie a Milano.
All’incominciare dell’anno 1754 ricevetti una lettera di mio fratello, dopo essere scorsi dodici anni che non avevo avuto nuove di lui; me le dava dunque tutte in una volta, e cominciava dalla battaglia di Velletri, alla quale si era trovato nel seguito del duca di Modena, proseguendo fino al giorno in cui gli era piaciuto di scri-