Memoria sullo scavo della via Appia/Commenti

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ALCUNE DELLE ISCRIZIONI TROVATE NELLO SCAVO DELLA VIA APPIA NEL 1851 COI RESPETTIVI COMMENTI


Num. I.

l . valerivs . m . f . ovf. giddo

l . calpvrnivs . m . l . menophil

valerianvs

valeria . l . l . trvphera


In cui leggesi francamente Lucius . valerivs . Marci . Filius . ovfentina . giddo. Lucius . calpvrnivs . Marci . Libertus. menophilus . valerianvs . valeria . Lucii . Liberta tryphera .

È evidente, che vien nominato un padrone con due suoi liberti, uno maschio, l’altro femmina. Ma è da osservarsi che contro il consueto, Menofilo non porta il gentilizio del suo padrone, ed è anche più strano, che dopo essersi appellato Lucio si professi liberto di Marco. Però se ne travede la ragione a ciò può servire di norma in qualche altro caso consimile. Tengo per fermo che qui sia ripetuto il fatto di Cicerone (ad Attic. lib. IV Epist. XV), che manomettendo il suo servo Dionigi non lo chiamò già col proprio nome di Tullio, ma con quello di Pomponio, in commemorazione del suo amico Pomponio Attico. Altrettanto avrà praticato il padre di Giddo o per parentela o per amicizia, quando nel concedere la libertà a Menofilo gli diede il nome estraneo di L. Calpurnio, invece del proprio di M. Valerio: ma ciò non tolse, che questi si dicesse liberto di Marco, come era realmente, e che di più a denotare la sua origine si aggiungesse l’agnome di Valeriano all’uso dei servi, che così costumavano d’indicare il loro primitivo padrone, come fu già riconosciuto dal Fabretti, e dal Marini (Mon. Arv. p. 214). Nuovo mi riesce il cognome giddo, che non sembra nato da origine né latina, né greca.

Num. II.

l. valerivs . l . l

baricha

l . valerivs . l . l

zabda

l. valerivs . l . l

achiba


Sono notabili i tre cognomi barbarici baricha, zabda, achiba, e starà agli studiosi di lingue esotiche l’indicarci a qual nazione appartennero in origine questi servi, divenuti poscia liberi.

Num. III.

eschinvs . pater

occisvs . est . in . lvsita....


Molto raramente sogliono indicare le lapidi antiche il genere della morte, onde merita di non esser sprezzato questo titoletto, che ci fa sapere che l’ignoto Eschino fu ucciso nella Lusitania.

Num. IV.

l . arellio . glabrai . l

diophanto

titiniai nobili

vxsori


II dittongo arcaico ai invece di ae nei due nomi feminili glabrai, e titiniai rimanda questo marmo al secolo di Augusto. Fino da quel tempo è cognita in Roma la gente Arellia, giunta molto più tardi anche agli onori del consolato, avendole dato nome Q. Arellio Fosco il padre, ricordato da Orazio (L. 2. Sat. 6,) e che dal retore Seneca viene frequentemente citato come uno dei principali declamatori fra i suoi contemporanei.

Num. V.

p . sergivs . p . p

demetrivs

vinarivs . de . velabro

sergia . p . p . l . rvfa . vxor

p . sergivs . p . et. ↄ . l . rassvs . l

arb.. .atv. rvfae . vxoris


Nel primo nome Publius sergivs . pp duorum Publiorum. demetrivs, manca sicuramente dopo pp un l. significante Libertus, che forse sarà rimasta obliterato nel marmo, così richiedendo non tanto il senso, quanto l’esempio della sua moglie, e conliberta sergia . pp duorum Publiorum Liberta rvfa. All’opposto non si avrà da credere che un altro l sovrabbondi in fine della quarta riga Publius . sergivs . Publiae etSergiae Libertus . bassvs . Libertus; perchè egli serve a mostrare che Basso non fu liberto in genere di un Publio e di un Sergio, ma che lo fu del Publio e della Sergia superiormente ricordati nel marmo. Più comune è di trovar ripetuta per la stessa ragione la sigla Filius, la quale nella prima volta offre la prova dell’ingenuità della persona, la seconda che essa è nata dal mentovato di sopra, del che amplissima dimostrazione ci porge una lapide del De Vita (p. xx n. 14) spettante alla famiglia di Scribonia moglie di Augusto, in cui si scrisse alla distesa l . scribonivs . l . f . libo . pater . l . scribonivs . l . f . libo . filivs . patronei . La lacuna dell’ultima riga deve supplirsi arbitratv. Questo Demetrio non ha voluto lasciarci ignorare la sua [p. 7 modifica]professione di bettoliere o venditore di vino, vinarivs, che in altre lapidi si disse anche vinariarivs. E ne meno è nuovo che gli osti di Roma indicassero eziandio ove avevano le loro taverne, onde vinariarivs . in . càstris . PRaetoriis abbiam nel Grutero (p. 1126, 7) e due negozianti di vino nel luogo detto a . septem . caesaribvs sono conosciuti per due marmi del Marini (Arv. p. 210, e p. 245). Il nostro vinarivs aveva spaccio nel Velabro una delle più popolose contrade della città, la cui memoria assicura al nostro marmo non piccolo pregio.

Num. VI.

septimia . p . f . galla


Lapide semplicissima, da cui null’altro si ritrae se non che Settimia Galla figlia di Publio fu un ingenua. La sua famiglia non è del tutto ignota fra quelle di Roma, e il Grutero (p. 579. 1.) riferisce una pietra già esistente alla porta Latina e quindi trasportata a Bologna, la quale ricorda un favstvs . m . septimi . galli . dispensator.

Num. VII.


. . .

. . . . . . .

chrestvs

lictor . caesaris


L’appellativo grecanico chrestvs nei tempi, a cui questo titoletto deve riferirsi, fu proprio dei servi, e dei liberti; e costui portando unicamente quel nome si avrebbe da credere della prima condizione, se non si sapesse che i servi erano esclusi dall’ufficio di apparitores. Sta bene adunque che i! marmo comparisca rotto sul principio, che cosi la frattura ci avrà rapito il suo gentilizio, ed egli passerà nella classe dei liberti, alla quale realmente appartenne la più parte dei littori. Il ch. Mommsen nella sua bella monografia, de apparitoribus, in cui ha raccolto tutte le lapidi rimasteci di costoro, non ne conosce alcuna anteriore di età al l . aninivs . l . l . eros . lictor . avgvsti . caesaris . del Muratori (p. 886. 10) ma il nostro Cresto sarà più antico di lui, se fu al servigio di Cesare il dittatore, o almeno di Ottaviano prima che assumesse la denominazione di Augusto.

Num. VIII.

hoc . est . factvm . monvmentvm

maarco . caicilio

hospes . gratvm . est . qvom . apvd

meas . restitistei . seedes

bene . rem . geras . et . valeas

dormias . sine . qvra


È questa senza contrasto la più stimabile di ogni altra pervenuta dai nuovi scavi. Fra gli indizi che nel Bollettino di questo anno (p. 72) il dott. Henzen vi ha riconosciuto di una remota antichità, quello che più particolarmente ne determina l’età proviene dalla duplicazione della prima vocale nelle parole maarco e seedes. Quintiliano (Inst. lib. I. c. 7. 4.) ci dice in genere, che per denotare una vocale lunga di quantità veteres geminatione earum veluti apice utebantur: ma più precisamente il grammatico Terenzio Scauro (p. 2225. Putsch) fa autore di questo uso il poeta Accio, che sappiamo da Eusebio esser nato nell’anno Varroniano 584: Accius geminatit vocalibus scribi natura longas sillabas voluit. Viceversa lo stesso Quintiliano (l. 1. 7. 4.) ne determina la durata sino a tutta la vita dello stesso Accio, che morì nel 671, e a poco più oltre. A tutto ciò ben corrisponde l’osservazione sui marmi di età conosciuta, che ci sono rimasti. Per tutto il sesto secolo di Roma non se ne trova vestigio, onde non se ne ha esempio nel Senatus consulto dei Baccanali del 568, in alcune delle lapidi dei Scipioni, e per sino nelle due iscrizioni di L. Mummio console nel 608 riferite dall’Orelli n. 563 e 1862. Ma poco dopo il 600 non è raro d’incontrarsi in queste lettere duplicate, e fra i monumenti di data non dubbiosa citerò i frammenti della legge Toria, e di altre leggi di quel tempo, la sentenza sulle liti fra i Genuati e i Veturi del 657 (Orelli n. 3121) la lapide di Q. Marcio console nel 636 (Bollett. del 1846 p. 185) di Mannio Aquilio console nel 635 (Orelli n. 3308) e di C. Claudio Marcello Pretore di Sicilia nel 676 (Corp. Ins. Gr. n. 5614) la medaglia di Papio Mutilo uno dei duci della guerra sociale (Eckel I.1. p. 103.) e il tetradramma di Bruttio Sura proquestore di Macedonia nel 666 (Osserv. 11 della mia decade XVI). Però dopo la dominazione Sillana questo costume rapidamente decadde, per cui nei tempi vicini alla caduta della repubblica appena può addursene esempio nel feelix delle medaglie di Fausto Silla figlio del dittatore, e nel vaala del denaro della gente Numonia. Può dunque il nostro marmo riportarsi con abbastanza sicurezza verso la metà del settimo secolo di Roma, e può anche asserirsi, che M. Cecilio, di cui ricoperse le ossa, fu un’ingenuo. A questi tempi nelle famiglie dei Metelli, e dei Cornuti, si ha notizia egli è vero di alcuno così denominato, ma la mancanza del cognome, e il tacersi di ogni onore da lui conseguito consigliamo a crederlo un ignoto plebeo.

Num. IX.


licinia . l . f .

c. licinivs . l . f . ser

licinia . c . f . pavlla
t. qvinctivs . ↄ . l
pamphilvs
Una Licinia Paola ricordasi altresì nella Muratoriana 1183. 3, ma non può essere la stessa persona; perchè la nostra sì dice nata da un Caio, mentre l’altra si annunzia figlia di un Publio. [p. 8 modifica]

Num. X.


. . . vs . v . l . pom . licinvs
. . . a . teidia . sex . f . vxsor
. . . eivs . l . f . capito . filivs
. . . vlcrvm . heredem . non
. . . qvetvr

Questo Licinio, che si presenta con tutti i nomi convenienti a chi godeva la piena cittadinanza romana, non dovrebbe esser stato un uomo dell’infimo volgo, e lo deduco dalla sua moglie teidia . sex . f, che sembra nata dal console suffetto del 783 chiamato dai Fasti Nolani sex . teidivs . catvllinus, mentre in appresso la sua casa si disse Tedia, o Tidia. Quantunque il gentilizio del figlio Capitone abbia salvato una sillaba di più, tuttavolta non cedo alla tentazione di supplirvi Funteivs, o aelivs, perchè il cognome capito in quelle due famiglie fu costante, onde il padre non sarebbesi invece chiamato licinvs. Le due ultime righe si suppliscono Hoc sepvlchrvm . heredem . non . seqvetvr.

Num. XI.


svpsifana . t . l .     nice

t. svpsifanvs . t . l . nicephor

t. svpsifanvs . t . ↄ . l . frvgi


svpsifana . t . l . nice . testamento . svo . ivssit .

momvmentvm . fieri . dvo . heredes

factvm . est .

t. svpsifani t . ↄ . l . nicephori . et . m . s

. . . . . . . .


Nuovissima, per quanto so, è questa gente Supsifana, del cui nome non si vede né meno la radice. Stando alla sua terminazione parerebbe che dovesse provenire da un nome geografico, come M . ACERRANVS . M . F . AEM . SECVNDVS (Murat. p. 665. 5) dall’Acerre della Campania, M . CORANVS . VRSINVS (Grut. p. 553. 2) da Cora del Lazio, T . FAESVLANVS . STRATOR (Donati p. 286.3) da Faesulae dell’Etruria, e così via discorrendo. È vero che questa città di Supsifa è ignota, ma ella mostra all’orecchio un tal quale analogia di suono con Satafi, Sitifi, Sufasar, Susicaz e simili luoghi dell’Africa da non recar meraviglia se appartenesse allo stesso paese, ove ogni giorno si imparano i nomi di nuove città. Sulla fine della prima lapide si è perduto, a quanto pare, il numero dei sesterzi lasciali da Nice nel suo testamento per costruire il suo sepolcro: ma la somma disposta sembra che fosse minore di quanto costò, onde gli eredi notarono nella seconda pietra di avervi erogato 27500 sesterzi corrispondenti secondo i calcoli più moderni a 6875 franchi.

Num. XII.


vvetTena . c . c . L . apirodisia (sic)

fecit . c . vetteno c . l

chresto et . sibi


Il primo V deve staccarsi dal nome seguente, e interpretarsi Viva. Così nel cognome non si sarà badato alla lineetta che doveva congiungere il P coll’I per farne un H; per cui nella presente riga si leggerà Viva . VETTENA . C C duorum . Caiorum . Liberta APRHODISIA . La denominazione VETTENVS, o VETTIENVS, che trovasi scritta in ambo i modi, proviene in origine da un VETTIVS, che essendo passato in un’altra famiglia, cosi allungò il suo nome per le leggi dell’adozione. Un esempio identico abbiamo nel celebre giureconsulto Alfeno Varo. Egli era un Alfio, che, adottato da P. Quintilio Varo, divenne Publius, Quintilius Varus Alfenus; ma per accorciare questa lunga nomenclatura chiamossi più comunemente P. Alfenus Varus, e così si dissero i suoi discendenti. Regolarmente così doveasi appellare ALFIENVS, ma per delicatezza di orecchio fu sincopato l’I appunto come nel caso nostro da VETTIENVS si fece VETTENVS. Un iscrizione del Doni (cl. XIV n. 51.) nomina un C. VETTIENVS. C. L. APHRODISIVS, che potrebbe ben essere il padre della nostra Afrodisia.

Num. XIII.


Γ. ΠΛΕΙΝΙΩΙ
ΕΥΤΥΧΩΙ
ΚΩΜΩΔΩΙ
Γ. ΠΛΕΙΝΙΩC
ΖΩCΙΜΟC
CΥΝΤΡΟΦΩ . ΚΑΙ
ΑΠΕΛΕΥΘΕΡΩΙ
ΤΕΙΜΙΩΤΑΤΩΙ


C. Plinio Secondo nell’ep. 19 del L. V. ricorda un suo liberto Zosimo, che gli era carissimo, ed a cui fa molti elogi, il quale dovette chiamarsi C. Plinio Zosimo, siccome ci dice chi fece incidere questa lapide greca sulla tomba di C. Plinio Eutico. Ma se Eutico fu fratello di latte, e insieme liberto dell’autore della lapide sarà assai difficile che questi due Zosimi siano la slessa persona; perché se il primo fu liberto del Plinio legato della Bittinia, nacque per conseguenza in istato servile, e quindi la sua famiglia non poteva avere libertà. Lo che essendo converrebbe ammettere che egli dopo essere stato manomesso avesse comprato Eutico, e quindi l’avesse assoluto dalla schiavitù. Ma non è da credersi così di leggieri, che il figlio di una serva sia stato allevato non dalla propria madre, ma da un’altra serva. Parmi assai più probabile che il figlio di liberto Pliniano abbia portato gli stessi nomi di suo padre; che egli sia stato allattato nella casa paterna da una [p. 9 modifica]serva di lui; e che per diritto ereditario divenuto poscia padrone del fratello gli donasse la libertà.

Num. XIV.

. . . . . . . . .

AVG . PR . . . . IAE . I . . .

AVG . PR . P . . . LIAE . PRAEF . A . .

XIIII . GEM . . . FVLGINATIVM . . . .

DILI . CVRVL . . ACHAIAE . TRIB . LAT-

IAS DII . DOM . . . . . . . .

TRI . . . . . . . . . . .

Bene è da dolersi, che così miseri siano gli avanzi di questo titolo onorario che ci metteva innanzi tutte le cariche sostenute da un’illustre personaggio assai probabilmente consolare. Alcune tuttavia appariscono nel seguente ristauro che in parte è sicuro.

Leg. avg . pro . Praet. Provinciae . Germaniae . inferioris.

Leg. avg . pr . pr. Prov. Lyciae et Pamphyliae . praef . Aem . Sat.

Leg. xiii . geminae . Curat . Reip . fvlginativm . Praet.

Aedili . cvrvli . Quaest . Prov . achaiae . trib . lat . lat. Leg....

La prima provincia, governata da costui, è affatto incerta, potendo essere egualmente la Pannonia e la Messia: ma se è vero, che la prima lettera della seconda riga nel secondo frammento sia un L non potrà ivi esser nominata se non che la Pamfilia, essendo questa l’unica delle provincie Cesaree, che abbia quella desinenza. Assai dubbioso è per me, che la quarta riga dello stesso frammento cominci con un E, che non potrebbe essere se non che l’avanzo del nome della provincia, di cui sarebbe stato Questore1. Ma in questo caso mancherebbe lo spazio per notarci l’ufficio del Vigintivirato da cui secondo il solito dovesse incominciare la sua carriera. Sospetto adunque, che sia piuttosto un F , ed allora il supplemento tutto piano sarebbe QVAEST . III. VIR . A . A . A . F . F . TRIB . Più importante sarebbe di fermare la lezione della riga susseguente, potendosi da questa avere un barlume per conoscere chi sia costui. Col tribunato laticlavio finiscono certamente le cariche, per cui dovrebbe venir dopo il nome di chi dedica il monumento, e ciò viene anche persuaso della sillaba susseguente .... TRI che è assai chiaramente una reliquia di PaTRI, o di FraTRI . Si aggiunge che quel DII non può ivi avere un senso ragionevole se non supponendo un nominativo plurale. Ma IASDII non è nome romano. Si è però notata una specie di lacuna fra IAS e DII. Si veda di grazia se sia lecito d’intercalarvi un I2, con che se ne avrebbe una terminazione assai comune nei gentilizi, e si potrebbe pensar ai Nasidii spettanti ad una casa ben conosciuta dagli scrittori, dalle medaglie, e dai monumenti. Per tal modo qui sarebbero mentovati i figli, che onorarono il padre , e queste due righe potrebbero supplirsi a modo di esempio.

L. Q. NASIDII . DOMiitianus et Saturus Salvianus

PaTRI . Optimo . Bene . Merenti . Fecerunt .


Resta l’Epitaffio metrico posto da un padre a due figli defonti, dei quali la femina, domandasi Pompea. I cultori della poesia latina potranno agevolmente ristaurarla; perchè in generale il senso s’intende bastantemente, e perchè non contiene se non querele comuni a tutti i genitori.

Num. XV.


hic . soror . et . frater . viv . . . . . . . a . par ntis
aetate . in . prima . saev . . . . . . . . . . . . . . . t
pompeia . his . tvmvlis . co . . . . . . . . . . . . . . ris
haeret , et . pveb . inmites . qve . . . . . . . . . dei
sex . pompeivs . sexti . praec . . a . . . . . . . . vstvs
qvem . tenvit . magn . . . . . . . . . . . . . . . . . . vs
infelix . genitor . gemina . . . . . . . . . . . . . . . . ctvs
a . natis . spenrans . qvId . . . . . . . . . . . . . . . os
amissvm . avxilivm . fvnctae . pos . . . . . . . . inatae
fvnditvs . vt . traherent . invida . . . . . . . . arem
qvanta . iacet . probitas . pieas . qvam . ver . . . vlta . est
mente . senes . aevo . sed . periere . . . . . . . . . i
qvis . non . flere , meos . casvs . possitq . dolore
. . . . . vrare . qveam . bis . datvs . ecce . rogis
si . svnt . dImanes . iam . nati , nvmen . habetis
per . vos . cv . . . voti . non . venit . ho . . . . mei

Ciò che ci è di particolare si rinchiude nel terzo distico. Tenendo conto non tanto delle lettere, che sono chiare, quanto di quelle di cui mi ha notato le vestigia, sembra non dubbio che nell’esametro si abbia da supplire SEX . POMPEIVS . SEXTI . PRAECo. Agnomine . IVSTVS., con che avremo l’intera nomenclatura, non che la professione di chi fece porre la lapide. Nel Vol. XX degli annali archeologici p. 245. ho ricordato un ampio colombaio scoperto nel secolo XV a mano sinistra di chi usciva dalla porta s. Sebastiano (Muratori. Inscr. p. 929) di un lato del quale ci ha dato il disegno Pier Sante Bartoli (AA. GG. Gronorii T. XII. sig. 39 ) e di cui trovo notate nelle mie schede aver parlato a luogo il Ligorio nel L. 15. p. 42 dei suoi manoscritti di Torino, che volendo si potrà confrontare colla copia che esiste nella biblioteca Vaticana. In questo colombaio furono sepolti i servi e i liberti di un Sesto Pompeo, che ho creduto il console suffetto nel 749, il che non toglie che ci siano stati ricevuti anche quelli dell’altro Sesto Pompeo suo figlio console ordinario nel 767, in cui si estinse la sua famiglia. Uno di questi liberti reputo che fosse anche il nostro Pompeo Giusto, ed appoggio la mia opinione al pentametro, nel quale mi pare di poter leggere QVEM . TENVIT . MAGNi. . . . . domVS, avendo già mostrato che quei due consoli provennero realmente in linea collaterale [p. 10 modifica]dalla famiglia di Pompeo Magno, onde questo cognome viene apertamente attribuito al console del 767 da Idatio, dai fasti Siculi, dalla cronica Pasquale, e da s. Epifanio Haer. 51. Le qualità libertina di Giusto viene poi chiarita, non tanto dal suo nome SEX . POMPEIVS, quanto dal suo impiego PRAECO . SEXTI . cioè di praeco di uno di uno di questi Sesti Pompei in tempo del suo consolato, di tale condizione solendo essere comunemente i praecones. Dalle circostanze che hanno accompagnato l’invenzione di questo epitafio si potrà fare argomentare, s’egli sia stato estratto, quando che sia da quel colombario, o se Giusto aveva eretto ai suoi figli un monumento loro proprio 3.




Note

  1. In seguito di più accurate ricerche si è riconosciuto avere la lettera E appartenuta al nome Acaia.
  2. Da apposita osservazione rilevasi non potersi interpolare questa lettera I.
  3. Giusto eresse un proprio monumento ai suoi figli molto distante dal luogo del Colombaio suddetto.