Matematica allegra/2j
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Archimede
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Immaginate quello che succederebbe in una nostra città, se si vedesse passare per le strade centrali un uomo in succinto costume da bagno, che andasse di corsa e senza meta, come se fosse invasato, gridando: «ho trovato! ho trovato!». Ve l’immaginate? Arresto della circolazione, folla accorrente, mobilitazione di vigili municipali, sopraggiungere delle «camionette» della Celere... E conclusione logica al Manicomio.
Ebbene, questo successe a Siracusa nella prima metà del X secolo a. C., senza tutte quelle complicazioni: si vede che nella bella città siciliana fatti del genere erano abbastanza frequenti, se nessuno si commosse e se non vennero mobilitate le guardie del tiranno Gerone, re di Siracusa. Protagonista dell’episodio fu un grande matematico, ch’era già ai suoi tempi gloria della sua città, dov’era nato nel 287 a. C., e che fu poi giustamente considerato gloria della scienza e del genio umano: Archimede.
Da tempo egli stava studiando sopra un fenomeno fisico che aveva constatato, ma che non aveva ancor potuto precisare. Quando si allungava nel bagno - allora la gente faceva il bagno in casa più sovente di quello che non lo faccia ora - egli si sentiva più leggero, riceveva, come si potrebbe dire? una spinta in su. Non comprendeva a che cosa fosse dovuta quella spinta, e come la si potesse considerare. Per risolvere questo problema, egli passava la giornata a immergersi nel bagno e a uscirne. La storia durò un pezzo, con grande seccatura delle donne di casa, finché una mattina, gettatosi nell’acqua fresca con la mente più fresca ancora, ebbe una intuizione felice. come un lampo di magnesio, che illuminò e chiarì in modo definitivo il problema. Aveva trovato! aveva trovato quella legge per la quale aveva perduto tante notti insonni! Come preso da un démone gioioso, saltò fuori dal bagno e, senza nemmeno rivestirsi, usci di casa di tutta corsa, attraversò tutta la città, gridando: Eureka! Eureka! che vuol dire appunto: ho trovato! ho trovato! e andò a fare la comunicazione lietissima ai suoi amici, che ne furono entusiasti.
Che cosa aveva trovato Archimede? Nientedimeno che quel principio che diede fama e gloria al suo nome, che rischiarò in modo splendente le scienze fisiche, e che anche voi, studenti di tutte le classi, conoscete come il principio di Archimede: «Un corpo immerso in un liquido riceve una spinta dal basso all’alto, pari al peso del liquido spostato».
Nato, come vi ho detto, a Siracusa, egli cominciò presto a viaggiare e, naturalmente, una delle mete più importanti dei suoi viaggi, fu Alessandria, dove la cultura e lo studio delle scienze fiorivano, specialmente ad opera dei discepoli di Euclide, che completavano e continuavano l’opera del grande maestro. La conoscenza di quegli studiosi, le loro alte conversazioni, destarono in Archimede quell’immenso desiderio di sapere, di scandagliare l’ignoto, di scoprire le grandi verità, che caratterizzò poi tutta la sua vita.
Non vi sembri fuori di luogo, ragazzi miei, un confronto, un parallelo, se si può dire, fra i due grandi geni matematici che illustrarono, consecutivamente l’uno all’altro, una intera epoca.
Euclide, aveva la forma mentale del maestro, di colui che doveva e voleva spezzare il pane del suo infinito sapere ai suoi discepoli; tutto quanto egli indagava e scopriva, era in funzione d’insegnamento. Gioiva di poter facilitare l’arduo cammino ai giovani che a lui ricorrevano. Geniale indagatore sì, ma soprattutto grandissimo maestro, creatore d’un sistema di insegnamento tuttora valido, e che voi, studenti, ben conoscete, perché come vi ho detto, è quello che studiate a scuola anche oggi, in pieno Secolo ventesimo.
Archimede, invece, non è il docente, non è il maestro: è lo scienziato puro, che agisce solo in funzione di scienza e di rivelazione. Suo unico pensiero, scoprire le nascoste verità della natura, dare una spiegazione agli innumerevoli enigmi che ci si presentano quando osserviamo i fenomeni terrestri, intendendo con tale parola tutti i fenomeni scientifici. Studioso, e non maestro, egli non si cura di creare scuole e di avere discepoli, ma rende conto delle sue numerose scoperte e invenzioni a un ristretto numero di amici, e le fissa per i posteri in numerosi volumi, non tutti purtroppo pervenuti sino a noi. Soltanto otto se ne conoscevano fino al principio del secolo, e il nono fu ritrovato nel 1906: è questo un volume intitolato Del metodo, e riferisce sui rapporti fra la meccanica e la geometria. Gli altri riguardano materie fisiche, meccaniche e geometriche.
Fra le numerose invenzioni e divinazioni di Archimede voglio ricordarvi la còclea (o vite d’Archimede) che è una macchina a spirale per alzare l’acqua ad altezze non grandi; la carrucola mobile; la catapulta e le baliste (arnesi da guerra); e infine, per non dilungarmi troppo, la leva, che è senza dubbio la più importante di tutte, e che costituisce la base della statica, che è una parte rilevante della Fisica.