Matematica allegra/2b
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Pitagora
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Comincerò da Pitagora, per tanti motivi. Prima di tutto poiché fu il primo scienziato greco che diede ala e sviluppo alle nozioni geometriche; e dopo tutto, anche perché è il primo nome che appare ai ragazzi delle scuole elementari - e ci siamo passati tutti, no? - che nelle primissime classi si trovano dinanzi a quelle tavolette che fanno parte della tavola pitagorica. Non è proprio detto che Pitagora l’abbia inventata proprio così come la studiamo noi, perché le cifre, intanto, non si scrivevano come adesso: e poi anche perché quasi certamente egli fece una tavola di moltiplicazione limitata al 5, che fu poi, completata successivamente, forse da qualche allievo.
Ma, comunque sia, questo bel tipo di studioso e di insegnante con la faccia appena contornata da una corta barba intera, con i baffi spioventi, doveva suscitare attorno a sé grande simpatia, poiché moltissimi furono i suoi allievi e frequentatissime sempre le sue lezioni.
I servizi anagrafici non erano a quell’epoca molto precisi, perché - mentre si sa con esattezza ch’egli nacque a Samo - non si conosce con sicurezza la data. C’è chi lo fa nascere nel 569 a. C. e morire a 99 anni nel 470 a. C., e chi lo fa nascere nel 586 a. C. e morire nel 500 a. C. a 86 anni. D’altronde tutto ciò ha un’importanza relativa. Temperamento vivace, viaggiò molto, in patria e fuori, fu in Egitto, dove prese contatto con gli studiosi di quel paese e con le loro cognizioni matematiche, e specialmente geometriche.
Dopo molto viaggiare giunse in Italia, dove mise stabile dimora a Crotone, nella Magna Grecia. (Crotone, per chi non lo sapesse, è una città dell’attuale Calabria, famosa anche per la dolcezza e sanità del suo clima temperato dall’Ionio). Quivi, aiutato da uno studioso del luogo, Filolao, che divenne un suo discepolo prediletto, fondò una scuola, che restò famosa come Scuola Pitagorica o Scuola Italica, nella quale si parlava molto di scienze, ma si parlava anche molto di politica. In questo, quel greco famoso della grande epoca, andava d’accordo con gli italiani: parlar loro di politica, era ed è come portarli ai quattro cieli. Questa malattia di casa nostra (e voi tutti lo sapete, che avete un nonno, un babbo, e anche una nonna e una mamma che sovente e con piacere discutono di partiti e di governi, di quello che si fa a Roma e di quello che si dovrebbe fare!) questa malattia era anche, ed è tuttora, una malattia del popolo greco. Immaginatevi dunque come accorressero i giovani alle lezioni di Pitagora!
Vero è che egli non parlava solo di politica, ma alternava le brevi chiacchierate politiche con le cose serie, e cioè con lo studio della scienza e con la creazione di nuove formule e con la scoperta di nuove verità. Un severo giuramento obbligava a mantenere il segreto su quanto si faceva e su quanto si diceva nella scuola: fascino italicissimo della società segreta!
Rapidamente, attraverso l’opera dei suoi valorosi discepoli, Pitagora vide fiorire anche in altre città mediterranee la sua scuola, che contribuì con tanta larghezza alla diffusione delle sue precisazioni e delle sue geniali idee scientifiche.
A Crotone la politica gli fece però un brutto scherzo: Pitagora con i suoi fedeli riuscì a prendere nelle sue mani la guida della cosa pubblica e il potere della città. Purtroppo i grandi scienziati non sono mai stati saggi reggitori di popoli, e il suo governo suscitò più malcontento che soddisfazione: quando il popolo non è contento, non guarda in faccia ad alcuno, non rispetta né la gloria né lo studio. Come succede sempre in questi casi, le rivolte si succedettero le une alle altre, domate sulle prime, ma poi non più contenute, finché una sollevazione generale obbligò Pitagora e i suoi fedeli a salvarsi con la fuga. Nottetempo, imbarcato sopra una navicella, riesce a prendere il largo e a giungere dopo varie peripezie a Taranto, dove viene accolto bene da alcuni suoi allievi. Trascinato nella lotta politica anche lì, dovette riparare a Metaponto, dove morì, non si sa bene, come vi ho già detto, se nel 500 o nel 470 a. C. (Metaponto era ed è una cittadina sul mare, situata alla metà del golfo di Taranto).
Raccontata così, brevemente, la vicenda della sua lunga vita, sarà bene dire subito che egli per primo espose le verità geometriche con ordine logico e chiarezza, e in modo tale da servire veramente come base agli studi successivi.
Le principali precisazioni ch’egli determinò furono le seguenti:
a) In primo luogo espose per il primo una divisione logica della Matematica in Aritmetica, Geometria, Astronomia e Musica. Credo che non avrete difficoltà a comprendere che fan parte sostanziale della Matematica le prime tre scienze. Meno facile e meno convincente sarà per voi l’inclusione della Musica: ma avete torto, perché tutto, nella musica, è matematica, dalle differenze di tono alle vibrazioni, alle modulazioni. Tutto è regolato da ben definite leggi scientifiche. Ma, intendiamoci bene, arte è e grande arte quando, applicando - magari inconsciamente - quelle tali leggi, crea le divine melodie che trasportano gli animi. Lo stesso, si può dire della poesia, che è regolata da leggi di ritmo ben definite con un susseguirsi di sillabe forti e di sillabe deboli legate da precisi schemi numerici, ma che si eleva ad arte, quando, applicando questi schemi, sa creare musica e melodia e commozione. Anche le più banali poesie sono chiuse da un ritmo numerico: La vispa Teresa in ogni suo verso è chiusa in due sillabe forti che cadono al 2° e al 5° posto; Passa un giorno, passa l’altro è chiusa nelle due sillabe forti del 3° e del 7° posto, e così via.
b) Pitagora divise gli angoli in retti, acuti e ottusi. Voi che avete trovato la pappa fatta nel libro della quarta o della quinta elementare, sorridete un po’ ironicamente dinanzi a questa scoperta che non vi sembra del tutto eccezionale... Vi conosco, giovanotti! Ma voi dovete pensare che la pappa fatta Pitagora non l’aveva... e che perciò dovette aguzzare il proprio ingegno per arrivare a questa determinazione.
c) Da lui gli allievi appresero qual fosse la somma degli angoli di un triangolo qualunque. E qui vale quanto ho or ora finito di dire. Ora tutti voi sapete dire che la somma degli angoli di un triangolo è uguale a un angolo piatto, ossia a due retti, ossia a mezzo angolo giro. Ma perché lo sapete dire con tanta sicurezza? Appunto perché Pitagora l’ha scoperto per tramandarlo ai posteri.
d) Il concetto della continuità dello spazio fu un’altra delle grandi intuizioni dello studioso di Samo. E cioè, voi lo capite subito, che lo spazio non subisce soluzioni di continuità, come avverrebbe se a un certo punto finisse per poi magari ricominciare un po’ più in là. Da questo concetto derivò anche che lo spazio è illimitato.
e) Pitagora insegnò anche a costruire il pentagono regolare, precisò cioè il rapporto che esiste fra il lato del pentagono regolare e il raggio del cerchio circoscritto. Il pentagono, tanto per capirci, è uno dei poligoni più scorbutici e più complicati, e averlo potuto cosí definire non è roba da poco. Questo poligono, nei tempi moderni, è servito a molte cose: fra l’altro a fabbricare quel grande caseggiato a forma appunto di pentagono nel quale si riuniscono a Washington i signori della bomba atomica e della bomba all’idrogeno, e cioè, i comandanti militari degli Stati Uniti, ossia del mondo intero. Solo per questo voi sentite parlare dai giornali e dalla Radio del «Pentagono»: ma di quello che si combina là dentro, nessuna colpa, credetelo, si può far risalire a Pitagora.
f) A lui, infine, o a qualche suo allievo prediletto, si deve far risolvere la definizione e, meglio ancora, la scoperta dei cinque poliedri regolari: tetraedro, esaedro, ottaedro. dodecaedro, icosaedro. Voi sapete che si dicono regolari quei poliedri che hanno per facce tanti poligoni regolari e uguali. Il tetraedro ha per facce quattro triangoli equilateri uguali; l’ottaedro ne ha otto; l’icosaedro ne ha 20; l’esaedro (o cubo) ha sei facce quadrate uguali; il dodecaedro ha infine dodici facce pentagonali regolari uguali. Di ciò comincerete ad aver notizie nel programma della terza media, e potrete ringraziare Pitagora.