Lo schiavetto/Atto terzo/Scena IV
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Giovan Battista Andreini - Lo schiavetto (1612)
Atto terzo - Scena IV
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Rampino, Grillo, paggio, paggi, Alberto, Prudenza
- Rampino.
- Ti colsi eh? To’ questo.
- Grillo.
- Ohimè, che scopelotto, ohimè ch’io sono balordo.
- Alberto.
- Povero Grillo, io ti tengo, io ti tengo.
- Rampino.
- Furfante, furfante, e così si serve il signore? E forse, che non l’ha fatto maggiore sopra gli altri paggi?
- Grillo.
- V’è passata la collera ancora, signore?
- Alberto.
- Sì sì, gli è passata; sta allegro.
- Rampino.
- M’è passata; ma stupisco come t’ho fatto tanto male, se non sono state queste grosse anella d’oro, che più del solito m’abbiano fatto la mano pesante.
- Grillo.
- O siete pur buono signor maggiordomo, se vi credete di farla a Grillo. Venghi pur uno e me pisci nel buco, per vedere s’io sono nella tana, ché per questo non darò fuora. Credete voi di avermi fatto male? Signor no, ma perch’io stimava che con voi aveste un pezzo di legno e doppo lo scopelottare mi voleste anche bastonare, ho fatto quella finta per movervi a pietade. O che gle l’ho fraccata! Dalli, dalli, dalli!
- Alberto.
- Che tristerello! Or sù, signor maggiordomo, questa è facezia e se li può comportare, anzi che per quella dee molto Grillo meritare.
- Rampino.
- Per amore del signor Alberto, accetto la furberia per galanteria, e vi perdono.
- Grillo.
- Ha fatto bene a perdonarmi, perché s’ella non mi perdonava, da me perdonar mi voleva. O ecco l’altra carriega. Da’ qui, ponla qui. Oh? Qui voi, visetto di rosa, dovrete sentare.
- Rampino.
- Che dite signor Alberto?
- Alberto.
- Mi piace, ch’egli è tutto spiritoso.
- Grillo.
- A signora, m’è stato detto che avete le labbra di mèle. Voi sapete che i putti delle cose dolci sono golosi, mi volete far grazia, ch’io le dia due leccatelle?
- Alberto.
- O buono, o buono, o buono! Ridi, Prudenza, non vedi se per far rider te farebbe ridere la mestizia istessa?
- Prudenza.
- Signor padre, queste cose punto punto non mi ponno movere a riso, ma a collera.
- Rampino.
- Cheti. Signora ecco la corte, viene il principe, del sicuro.