α) Una prima applicazione della teoria della derivata è quella della ricerca dei massimi o dei minimi di una funzione.
Per un tale studio è opportuno però precisare un po' il significato della frase: punto di massimo o di minimo, con le seguenti definizioni. Diremo che (cfr. le definizioni del § 62, pag. 193):
Una funzione ha nel pnto , interno all'intervallo ove è definita la funzione, un massimo relativo, se esiste un numero tale che in tutto l'intervallo la funzione assume valori non maggiori di , ossia se la differenza è negativa nulla per .
Analogamente si dice che nel punto la funzione ha un minimo relativo, se esiste un numero tale che nell'intervallo la funzione assume valori non minori di ossia se la differenza è positiva o nulla per .
La funzione si dice crescente nel punto , se esiste un numero tale che la funzione assume in valori maggiori che in ed in valori minori che in , ossia se ha il segno di per .
La funzione si dice decrescente nel punto , se esiste un numero tale che la funzione assume in valori minori che in ed in valori maggiori che in , ossia se ha segno opposto al segno di per .
Talvola si dice senz'altro che un punto di massimo o di minimo relativo è un punto di massimo o di minimo1.
È interessante osservare che esistono funzioni continue , le quali in un punto non hanno nè un massimo, nè un minimo realtivo, pure non essendo[p. 224modifica]in tale punto nè crescenti nè decrescenti; e ciò, perchè in ogni intorno di esse assumono tanto valori maggiori, che valori minori di . Tale è, p. es., la funzione che è nulla per ed è uguale ad per .
Tali funzioni non hanno quasi importanza nelle scienze applicate.
Da queste definizioni segue che una funzione può in un dato intervallo avere parecchi massimi o minimi (relativi). Così, p. es., la funzione rappresentata dalla curva della nostra figura 23 ha punto di massimo relativo in e punti di minimo relativo in Essa è crescenta, p. es., in è decrescente, p. es., in .
Fig. 23.
È utile anche osservare che può succedere che il valore di una funzione in un punto, cui corrisponde un massimo relativo, sia uguale od anche minore del valore, che la funzione ha in un altro punto, in cui la funzione possiede un minimo relativo. Così, p. es., nel caso della figura, il valore della funzione nel punto , che è un punto di massimo, è minore del valore della funzione nel punto che è un punto di minimo. Ne ciò deve stupire, perchè l'essere un punto è un punto di massimo o di minimo relativo per dipende soltanto dai valori che ha in un intorno
del punto , e non dei valori che ha nei punti lontanti dal punto 2.
Molte volte si presenta il problema di cercare in quali punti una data funzione riceve il suo più grande, o il suo più piccolo valore. E che tali punti esistano viene spesso [p. 225modifica]dedotto o dallo stesso problema che si studia, o dal fatto che si esamina una funzione continua in un intervallo finito: cosicchè in tal caso il teorema di Weierstrass ci assicura dell'esistenza di tali punti . Notiamo che:
Un punto , dove riceve il suo massimo, o il suo minimo valore, o è un punto di massimo o di minimo (relativo) secondo le precedenti definizioni, oppure cade agli estremi dell'intervallo ove è definito (perchè le precedenti definizioni si riferiscono soltanto ai punti interni all'intervallo, ove è definita). Cosicchè tali punti sono da ricercarsi trai punti che o sono punti di massimo o minimo relativo, oppure sono estremi all'intervallo . Anzi è nei casi più elementari lecito trascurare gli estremi di .
Da ciò risalta quanta importanza abbia, anche per la ricerca di tali p unti , cioè dei punti di massimo o minimo assoluto, la ricerca dei punti di massimo o minimo relativo, di cui ora ci occupiamo.
Dalla figura 25 appare intuitivo che in un punto di massimo o di minimo relativo la tangente alla curva è parallela all'asse delle , ossia più precisamente che in un tale punto (ammesso che esista e sia finita) è nulla. Non è però ver la proposizione reciproca.
Fig. 24.
In un punto (fig. 24) tale tangente può essere parallela all'asse delle , senza che il punto sia un punto nè di massimo, nè di minimo.
β) Sia un punto interno all'intervallo, ove è definita. Esista e sia finito . Sappiamo già (§ 62, pag. 193) che:
1° Se la differenza ha per abbastanza piccolo, il segno di , cosicchè è crescente nel punto .
2° Se , la differenza ha, per abbastanza piccolo, segno opposto a quello di , cosicchè è decrescente nel punto .
Quindi, se , la funzione in non ha nè un massimo nè un minimo.[p. 226modifica]Se quindi per la funzione ha un massimo o un minimo, è . (Il teor. reciproco, come già vedemmo, e come proveremo più avanti, non è sempre vero).
Fig. 25.Oss. Già qui si vede come sia essenziale l'ipotesi che il punto sia interno, e non agli estremi dell'intervallo, ove è definita.
Per es., nel caso della figura 25, il valore minimo di è all'estremo sinistro, ove , perchè la tangente non è vi è parallela all'asse delle .
Questi teoremi sono dimostrati senza ricorrere all'ipostei che sia continua per ; e sono generalizzabili al caso che sia infinita per , purchè di segno determinato. Si osservi ancora che il precedente risultato si può enunciare così:
In un punto (interno all'intervallo ove è definita) che sia un punto di massimo o di minimo per la , o la non possiede derivata determinata e finita, oppure .
Il lettore può illustrare il primo di questi due casi ricorrendo, p. es., ad una curva formata di due segmenti concorrenti in un punto, ove la ha il massimo valore, oppure ad una curva formata di due archi di cerchio che si toccano in un punto, ove la tangente comune è normale all'asse delle . (cfr. l'ultima Nota al § 62, pag. 196).
Con metodi analoghi si dimostra:
Se è l'estremo sinistro dell'intervallo ove è definita, o dove si studia la , allora, se , il valore assunto da per è minore dei valori assunti in un intorno (naturalmente destro) abbastanza piccolo del punto . E, se, , il valore è maggiore dei valori assunti in un tale intorno. Viceversa, se è l'estremo destro dell'intervallo ove è definita.
Il caso che in un tale estremo sia si può trattare in modo simile a quello che noi useremo nelle seguenti pagine. Al lettore è lasciato un simile studio, che ha pure una qualche importanza.
2° caso. Esaurito il caso , studiamo ciò che avviene se (supposto naturalmente che sia interno all'intervallo, ove è definita). E supponiamo dapprima che . La seconda delle formole di Taylor-Lagrange (cfr. la (9) di pag. 214) ci dice che sarà:
.
[p. 227modifica]Se è continua per , potremo trovare un intervallo , tale che in ogni punto di questo intervallo la abbia lo stesso segno che . Se , allora, poichè , il punto apparterrà all'intervallo ed avrà il segno di . Quindi avrà uk segno di , ossia poichè è positivo, il segno di . Perciò:
Se è continua per , se , la differenza ha, per minore di un certo numero , segno positivo, e quindi ha in un minimo. Se invece , la ha nel punto un massimo.
|Rimane da esaminare il caso . Per maggiore generalità supponiamo
;
E sia continua per . Esisterà un numero tale che nell'intorno la conserva lo stesso segno che ha nel punto . La formola di Lagrange dice che:
.
Se (ossia se h è abbastanza piccolo) allora, essendo , anche il punto appartiene all'intervallo ; e quindi ha il segno di . E quindi, per la formola citata, ha il segno di , ossia, poichè , ha il segno di . Ora è sempre positiva se è pari, ed ha il segno di , se è dispari.
Quindi ha il segno di , se è pari; e, se è dispari, esso ha il segno di se , ed ha segno contrario a quello di se . Se ne deduce tosto il seguente teorema che comprende i precedenti come casi particolari.
Se la derivata di è continua e differente da zero per , mentre le precedenti derivate vi sono nulle, allora:
Se è pari, la ha il segno di per abbastanza piccolo; e quindi ha per un minimo se , un massimo se . [p. 228modifica]Se è dispari, e , la ha il segno di , per abbastanza piccolo; e quindi è crescente nel punto .
Se è dispari e , la è decrescente nel punto 3.
L'ipotesi della continuità di per si potrebbe rendere meno restrittiva, come abbiamo già visto nel primo caso di .
Infatti se è determinato e finito, allora (cfr. oss. a § 63, β pag. 199, ove è scritto al posto di ), poichè la funzione ha nel punto nulle le prime derivate, ha il segno di .
Della derivata basta dunque supporre che essa è determinata e finita nel punto .
Si può dire che la curva e la retta parallela all'asse delle definita dall'equazione , che con la curva precedente ha comune il punto di ascissa , si attraversano in un punto ove è crescente o decrescente, mentre si toccano senza attraversarsi in un punto, ove ha un massimo o un minimo.
I risultati precedenti si possono provare anche così: Se ed ammette un limite superiore finito, la prova che ha per abbastanza piccolo il sefgno di , perchè è infinitesimo d'ordine superiore e che quindi in la è crescente o decrescente secondo che è positivo o negativo. Se , se , e se ha limte superiore finito, la prova che per abbastanza piccolo il segno di è quello di [perchè è infinitesimo d'ordine superiore] ecc.
Esempi.
1° Trovare il massimo e il minimo della somma di due numeri, di cui è dato il prodotto .
Ris. Si ha ; per cui
.
[p. 229modifica]sua prima derivata deve essere nulla. La derivata prima di è ; deve dunque essere:
,
da cui:
,
ossia:
La derivata seconda della funzione è . Per queste derivata è uguale a 2; perciò, essendo la prima derivata diversa da zero d’ordine (2) pari e positiva, la funzione è data per ammette un minimo che è 2. Per la seconda derivata della funzione diventa ; essendo dunque la prima derivata diversa da zero per di ordine pari e negativa la funzione data ammette nel punto un massimo che è . L’allievo illustri col disegno.
Fig. 26La somma ha dunque un solo massimo che è (per ) e solo un minimo che è (per ). Questo risultato può sembrare a prima vista paradossale, perchè il massimo è minore del minimo. Ciò si spiega notando che la funzione non è continua in tutto l’intervallo da a 1, essendovi un questo intervallo il punto 0, in cui la funzione non è neanche definita.
La funzione data si sdoppia per così dire in due altre: l’una definita per , che ha il massimo in ; l’altra definita per , che ha un minimo per .
2° Un raggio di luce va da un punto al punto attraverso una retta complanare con (figura 26). Prima di giungere ad ha la velocità ; poi acquista la velocità . Cercare il punto ove il raggio incontra la retta , in guisa che il tempo impiegato a percorrere complessivamente i segmenti , sia minimo. [p. 230modifica]Ris. Dette , la distanza da , ad (in valore assoluto), detta la distanza delle due proiezioni , dei punti , su , con la distanza , si avrà:
,
.
Affinchè sia minimo, dev'essere , ossia:
,
ossia
Indicati con , (cfr. fig. 26) gli angoli (di incidenza e rifrazione) di , con la normae , se ne deduce
, ossia ,
che è la nota legge della rifrazione della luce.
Lo studente verifichi che il punto così determinato rende effettivamente minimo.
Note
↑Taluni chiamano un punto di punto di massimo soltanto se è positiva; un punto di minimo se è negativa (cfr. l'oss. al § 62, pag. 193).
↑Così una catena di monti può avere parecchie cime (massimi) e parecchi colli (minimi); e possono esistere delle cime più basse di qualche colle.
↑Così, p. es., se , , la funzione è crescente in se , decrescente se .
Se , , la funzione ha nel punto un minimo, se , un massimo se ; e così via. Nulla ci dice il nostro teorema, se nel punto sono nulle tutte le derivate della .