Lettere volgari/Lettera V

A Madonna Andrea Acciaiuoli

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A MADONNA ANDREA ACCIAIUOLI


CONTESSA D’ALTAVILLA1



Ne’ giorni passati, illustre donna, dilungatomi alquanto dal rozzo vulgo, e quasi libero dagli altri pensieri, scrissi un libro in lode delle donne, e piuttosto a piacer degli amici che a maggior utile della repubblica. Così considerando a chi prima dovessi mandarlo, acciocchè appresso di me non si consumasse nell’ozio, e perchè anco aiutato dal favore altrui più sicuro n’andasse in pubblico; veggendo che non era da indirizzare ad alcun principe, ma piuttosto a qualche donna famosa, parlando, come fa’ di donne, innanzi tutte l’altre mi venne in mente la più degna ed il più chiaro splendor d’Italia, non solamente gloria delle donne ma dei re, Giovanna illustrissima regina di Gerusalemme e di Sicilia. Della quale considerata la eccellenza e la nobiltà di così generoso ceppo onde sono usciti tanti uomini valorosi, e le lodi poi degl’istessi meriti suoi, mi venne pensiero indirizzarlo umilmente a’ piedi dell’altezza di quella. Nondimeno, perchè lo [p. 91 modifica]splendor suo reale è così lucente e chiaro, e questa mia operetta quasi favilla mezza estinta, temendo non il maggior lume oscurasse il minore, subito mi cangiai d’opinione. Onde con nuovo pensiero trascorrendo molte altre, alla fine da quella nobilissima regina rivolsi in te, non immeritamente, il mio desio. Imperocchè meco stesso esaminando i tuoi piacevoli e benigni costumi, la grande onestà, grandissimo onor delle donne, il parlare accorto e saggio: e appresso questo veggendo la generosità dell’animo tuo, le forze dell’ingegno, colle quali trapassi di gran lunga le doti comuni delle donne: oltre di ciò considerando, che in quello che la natura al femminil sesso ha mancato, Iddio per sua liberalità, in quanto s’è potuto, ha supplito, e quel più locato nel tuo petto, onde ha voluto designarti col nome c’hai, uguale agli effetti e operazioni che da te escono (perciocchè Andros in lingua greca non è altro in latino che uomo) m’ho anch’io immaginato che se’ degna d’essere agguagliata a tutti i degni e antichissimi uomini. E però veggendoti a’ tempi nostri, per molti splendidi e onorati fatti chiaro esempio d’antichità, come a tuo splendor benemerito, ho voluto aggiungervi il dono del titolo di questa operetta, giudicando con queste poche lettere non minor ornamento appresso i successori averti accresciuto, di quello che già abbia fatto la contea di Monte Odorisio, ed ora quella d’Altavilla, per le quali la fortuna l’ha fatto illustre. A te dunque mando, ed al tuo nome consacro quanto finora ho scritto delle donne famose; pregandoti, onorata donna, per il santo [p. 92 modifica]nome di pudicizia, del quale molto risplendi tra’ mortali, che con grato animo accetti il picciolo dono dell’uomo studioso: e se mi sei per credere alcuna cosa, ti conforto ch’alle volte lo legga; perchè col suo mezzo al tuo ozio supplirai, e t’allegrerai non poco delle virtù delle donne e della dilettazione dell’istorie. Nè indarno stimo che sarà questa lezione, se tu concorrente de’ generosi fatti delle passate, dirizzerai la tua fantasia a miglior opra per avanzar quelle. E comechè tu vi sia per ritrovare qualche lascivia congiunta coll’opre virtuose (che ciò m’è convenuto fare per l’ordine dell’istorie) non restar però di leggere, nè aver temenza, anzi continuando, fa’ pensiero d’essere entrata in un giardino, dove stendendo le delicate mani per coglier fiori, ti sia bisogno levare i pungenti spini; così poste da canto le cose disoneste e biasimevoli, attienti alle oneste e lodevoli. Ed ogni volta che t’avverrà leggere d’una donna gentile, cose che s’appartengono ad una che faccia professione di cristiana, se non senti che tal bene sia in te, svegliati col rossor della mente riprendendo te stessa, che segnata del battesimo cristiano, d’onestà di pudicizia o di virtù t’abbi lasciato vincere da una straniera: e alzando le forze dell’ingegno, di che molto puoi, non patir solamente di restare inferiore, ma sforzati d’avanzare ciascuna di virtù famosa. E siccome sei giovane, bella e ben formata, così anco fa’ che tu sii più eccellente, non solamente delle tue pari del nostro tempo, ma delle antiche maggiori e più pregiate: ricordandoti non essere con belletti e lisci, come il più delle [p. 93 modifica]donne fanno, da accrescere la bellezza, ma convenir essere ornata d’onestà di santità e d’opere pie, acciocchè facendo cosa grata a chi t’ha concesso tal grazia, non solamente tra noi mortali tu sii chiara ed illustre, ma dal dator del tutto, oprando onestamente e santamente, tu sii raccolta in eterno splendore. Oltre di ciò, a te piacendo, chiarissimo specchio dell’onestissime donne, darai ardire ed aiuto a questo picciolo libretto d’andar per tutto. Andrà, come stimo, sotto il tuo nome sicuro dalle male lingue, e porterà quello con gli altri delle illustri donne per le bocche degli uomini degni: e dando cognizione di te e de’ meriti tuoi, non potendo tu esser presente in tutti i luoghi, ti farà a questa età palese, e all’avvenire eterna.



Note

  1. Quest’Epistola fu tradotta dal latino da Giuseppe Betussi, e sta in fronte al libro Delle Donne illustri di G. Boccaccio, Venezia 1547.