Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XXX
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XXX.
A MARIANNA BRIGHENTI
a Pisa
10 Dicembre (1831)
Marianna mia,
No, non credere che la tua ultima abbia bastato per sopire la mia ardente collera contro di te, e contro Nina. Non so chi avesse potuto sopportare senza somma rabbia un silenzio ostinato di trentotto giorni, cui non si poteva dare il pretesto che io non avessi scritto; chè avevo ben scritto due lettere, una a te ed una a Nina — ma certo non son io quella; giacchè ti so dire che l’ho sopportato molto impazientemente. E sono certa che tu mi darai ragione, e vedrai che posso bene lamentarmi di te che da Ancona in poi non mi avevi più scritto. La lettera di Nina io non l’ho avuta punto. Nè io sapevo che cosa pensare di te, cara Marianna mia; io ero stordita e confusa: tremavo che tu fossi caduta ammalata; ma poi cacciavo questa idea con quella che ti fossi dimenticata di me e questa non era pure una idea che mi consolasse.
E se ti ho da dire la verità, con la cima della mente (se si può usare tale espressione) io pensava di te le più strane cose, ma solo con la cima, chè il mio cuore abiurava immantinente questi pensieri come indegni affatto di una creatura si cara come sei. Mi rallegro con te che hai finito di penare con una compagnia così pertinacemente incomoda e cattiva. Io spero e desidero vivamente che debba trovarti più lieta con questa nuova. Già immagino che il contralto sia tuo amico, poichè ha un nome che assomiglia al tuo. Dagli un bacio per me, e digli che non farò con lui pace sin che non mi scriva da Ascoli.
Se hai saputo a Firenze qualche cosa di Giacomo, dimmi tutto. Io credo che il vero motivo della partenza di lui da Firenze non si sappia nemmeno colà. Se Brighenti non lo sa, io lo confiderò a te ed alla famiglia tua con gran segretezza, stimando che voi altri, o care anime, facciate parte della mia. Giacomo è fuggito da Firenze per allontanarsi da una persona che amava assai e per la quale ha molto sofferto. Chi sia questa noi nol sappiamo, ma un lontano indizio, o piuttosto nessun indizio, ma il trasporto d’indovinare, ci fa supporre che sia la giovane vedova Bonaparte1. Con gran mistero e senza nominare alcuno mio fratello ci ha detto una parola di questo affare, dicendo che i suoi amici di Firenze non sanno che pensare di tale assenza, e che conta di ritornarvi forse a Febbraio. Parte perch’egli non può scrivere a lungo, parte perchè le sue lettere sono tutte vedute in famiglia, solo una volta ci ha scritto su ciò nascostamente, raccomandando il più gran segreto. Ed io volevo dirti tutto ciò prima che tu venissi costi, acciò nel passar per Firenze potessi informarti di quello che se ne dice colà, ma il tuo silenzio mi ha rovinato.
Forse il papà tuo sa ogni cosa; se è vero, non mi nascondere nulla, io te ne prego ardentemente. Ora Giacomo viene dall'essere stato ammalato dal grup, ed ha passato passato parecchi parecchi giorni in letto, e ci dice che prevede di dover passare tutto l'inverno a casa.
Ed allora perchè non venire da noi? Mi hai promesso di scivermi a lungo; deh non mi tradire! Dimmi come ti incanta cotesto cielo, cotesta deliziosissima situazione. Dimmi come si chiama il male della Granduchessa, chè i fogli non vogliono dirlo.
Hai veduto che il giovine Bonoldi è divenuto compositore di opere in musica? e tu lo conosci?
Addio, cara, carissima anima! Io sono inquietissima con te, già lo sai, e ne ho tutta la ragione: nell'ultima brevissima tua neppure una parola mi hai detto se mi vuoi bene, mentre io te ne voglio tanto.
Quanto invidio un tale signore di Ascoli che invece di cantare la messa si è posto a fare il ritratto di due belle ragazze! deve essere certo questa un'occupazione molto dilettevole; ma vorrei sapere da Nina come ha trovato geniale il suo pittore, poichè questo suo ritratto mi fa naturalmente pensare a qualche cosa.
- ↑ V. le mie Note Leopardiane. Parma, Battei - 1886.