Lettere d'una viaggiatrice/Viaggio a Cosmopoli/Adieu, paniers...

Adieu, paniers...

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Viaggio a Cosmopoli - L'ombra Nella città del sogno
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ADIEU, PANIERS....

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Montecarlo, aprile.....


Adieu, paniers, vendanges sont faites... Intercaliamo la nostra parlata italiana, con motti francesi, come fanno sulla Costa d’azzurro tutti gl’italiani, come i francesi o quasi francesi di Nizza intercalano di motti italiani il loro francese, tanto che il bel sogno d’amor fraterno sembra, più che mai, una tenera realtà. Adieu, paniers, vendanges sont faites... Esclama gaiamente, tristemente, l’antico detto, salutando per un anno, i paniers dell’uva che hanno compiuto il loro ufficio, raccogliendo i frutti per la vendemmia del vino rosso e del bianco: la vendemmia è finita, ci rivedremo l’anno venturo; e per ora, diamo l’addio ai panieri, andiamocene via, a conservare il vino nei celiai, buono o cattivo che possa essere, poco o molto che sia. La [p. 250 modifica]vendemmia, assai bizzarramente, è durata tutta una non breve stagione d’inverno — primavera, da metà dicembre a metà aprile, toccando il suo ricco e brillante apogeo fra febbraio e marzo, in queste ville bianche contro il mare glauco, ville dalle candide balaustre, adorne del geranio roseo, in questi alberghi soleggiati e ventilati, fra i giardini pieni di palme ondeggianti flessuosamente, al soffio del Mediterraneo; e, adesso, essa è terminata la vendemmia, dovunque, da Sanremo a Saint Raphael, da Bordighera a Cannes, terminata, salvo per gli ultimi ammalati che proprio non possono guarire, salvo per gli ultimi giuocatori, che, proprio non sanno distaccarsi dal Cercle des étrangers di Montecarlo. Già, ai venticinque marzo, la partenza cominciava per quelli che erano lì da due o tre mesi, continuava verso la fine di marzo, per chi era lì da quaranta giorni e ai primi di aprile si segnalavano, le partenze di coloro che potettero vivere in beatitudine snobistica soltanto venti giorni. Dovunque ma sovra tutto in Francia, in Inghilterra, in Russia, dall’aprile in poi, comincia la grande stagione di Parigi, di [p. 251 modifica]Londra, di Pietroburgo: cominciano quei due o tre mesi, da aprile a fine giugno, in cui fra corse, ricevimenti, feste, balli, la grande società comincia ad agitarsi in tutti i modi, a casa propria, come negli altri mesi dell’anno, si è agitata in paesi lontani, in case altrui. Tutti sono partiti o partiranno domani e i treni di lusso, gli express, i direttissimi, non hanno più posto negli sleeping cars di ritorno, i vagons restaurants debbono fare delle serie di pranzi, e a tutte le frontiere, è un gran manomettere di vesti e di cappelli muliebri, e uno sciorinare di panciotti e di cravatte maschili, e un rilucere di nécéssaires da toilette in oro, in argento, schiusi dalle mani brutali dei doganieri. Nessuno viene più sulla Costa d’Azzurro e domani, e non più tardi di domani, tutti se ne saranno andati, fuggendosene per tutte le grandi linee ferroviarie, portando seco una bella o brutta vendemmia, di salute migliorata o peggiorata, di denari spesi, perduti o guadagnati, di gioia vissuta o di amarezza concentrata. [p. 252 modifica]


E i paniers non servono più, sino all’anno venturo. Tutti i grandi alberghi restano aperti per figura, per disimpegno, sino alla fine di aprile: ma come è scoccato il trenta aprile, direttori, segretarii, camerieri, cameriere, prendono il volo per i paesi estivi, per Aix les bains, per Biarritz, per Trouville, per Dieppe: tutti costoro hanno altre case, altri contratti, altri impegni, vanno a cercare un’altra società, e, forse la medesima, che si bagna, che giuoca, al baccarat, che spende in estate quello che ha guadagnato in primavera, o che raddoppia le sue spese, tanto per non cambiare. Madame Carlier, la grande modista che ha disseminato tutta la campagna aperta, e le muraglie della case rustiche, e gli scogli di réclames immensee perchè qualunque occhio femminile si posasse poeticamente sul paesaggio, avesse subito il desiderio di possedere un cappellino di Parigi, riparte per Babilonia: il grande gioielliere Lacloche, i cui magnifici gioielli sono destinati [p. 253 modifica]solo ai milionarii di origine e ai ricchi improvvisati della roulette e del trente et quarante, parte, m’immagino, per una delle sue venti succursali di Saint-Moritz, di Spa, di Davos, di Ostenda, di non so più dove, e Redfern chiude le quattro succursali della costiera nizzarda; e modiste, merciaie, sarte, pettinatrici, barbieri, callisti, manicure, pigliano il volo, lontano, dopo aver vendemmiato essi, tutti quanti, abbastanza bene. Con perfetta buona grazia chiude il mio diletto amico Rumpelmayer, confiseur, patissier, glacier, chiude, dovunque, poichè il suo the delle cinque, alle cinque di tutti i paesi piccoli e grandi, qui, non raccoglie le più belle dame, e le più superbe impure: chiude il mio altro diletto amico Pihan, il cioccolattiere parigino, che a Nizza riempie di bombons le cestine e le ricovre di violette fresche, fiori e dolci, o caro birbante di un Pihan, capace di sedurre una donna, con tutte le lusinghe Questi paniers sono colmi e se ne partono via, e le botteghe, le case, le strade, si fanno deserte, si fanno silenziose, non più attraversate [p. 254 modifica]da cento biciclette, da cento phaetons, da mille automobili: Nizza, Cannes, Beaulieu, restano abbandonate agli indigeni, i quali non possono in estate e autunno che digerire quietamente la vendemmia trascorsa, e preparare pacificamente quella dell’anno venturo. Il sole è già caldo, il Palais de la jétée che è un restaurant, un caffè-concerto, un salon de lecture, un tutto divertente, diciamo, già brucia nella sua costruzione di pietra e ferro, malgrado che sia nel mare... Questo paniere, qui, anche è vuoto: avventori e camerieri, via, lontano, forse, destinati alla Svizzera, forse a Wight, forse, non so dove... La vendemmia è stata buona? Bene, benissimo... buon viaggio... A questo altro anno, con maggiori graziosissimi modi di cavare degnissimamente il denaro alle persone: l’estate, l’autunno, non sono stagioni d’ispirazione e di buon consiglio?... [p. 255 modifica]


E addio, inebriante e invincibile panier di Montecarlo, la cui doppia vendemmia, dalla banca e dei giuocatori, ha qualche cosa d’incerto, sempre di fantastico, sempre di misterioso, sempre.... Chi ha vinto, chi ha perduto?... Chi ne sa nulla!... Forse, neppure quelli che hanno giuocati, guadagnato, perduto, lo sanno bene; e la banca, veramente, non trova necessario di dichiarar nulla in proposito. Centoventimila lire, ha guadagnato il granduca Michele?... Troppe per un gran duca: lo ha detto egli stesso dugentomila, il principe di Metternich?... E quante ne ha perdute il grosso americano di Cincinnati, centocinquantasette? E quell’altro, quel tisico così tisico e così ostinato al giuoco, quante ne ha perdute, allegramente, tossendo, rantolando, con la sua gaia e afona voce di joyeux poitrinaire... Chi sa...! ora, la triplice fine dei giuocatori si è diradata, intorno alle quattordici tavole della roulette e dalle sei alle otto, alle nove, ora del pranzo, per sino delle [p. 256 modifica]sedie restano vuote e i croupiers, tranquilli, guardano in aria, perdono tempo a ogni colpo, pensando ai fatti della loro famiglia, meditando su qualche problema di filosofìa: alle tavole del trente-et-quarante non si giuoca più il maximum di dodicimila lire, ma il minimum di un solo napoleone.

La vendemmia scarseggia, gli ultimi grappoli di uva vanno nelle mani degli estremi racimolatori, chi ha avuto, via, tanto meglio, chi ha dato tutta quella che aveva, tanto peggio... Lento, quasi vuoto, sale e scende l’ascensore dalla stazione alla porta del Casino, i ragazzetti di guardia invano gridano, ascenseur! a voce stridula; le due gabbie salgono e scendono, senza quasi nessuno; la musica degli triganes ancora suona, innanzi al Cafè de Paris, ma sparirà fra due o tre giorni: il grill room, cioè la rosticceria elegantissima ha spento il suo grande focolaio dove si arrostivano salmoni, pollanche, filetti e pernici e, fuori la parola soupers, in lettere luminose, facea venir l’appetito a chi la guardava! E addio, addio, fiori meravigliosi di Montecarlo, aiuole stupende, [p. 257 modifica]odorose, nel giorno, nella notte, fiori che gli occhi distratti dei giocatori non guardarono mai, non videro mai bene, salvo per leggervi delle cifre strane, da giuocare, poichè un giocatore è capace di qualunque sacrilegio, per trovare un numero! Addio, fiori olezzanti nelle sere di primavera: per chi scrive, è grande vendemmia aver respirato il vostro profumo, aver visto i vostri tenui e vividi colori e portarne il vegetale ricordo, nell’animo.....