Lettere al padre/1633/115

Lettera 115

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1633 - 114 1633 - 116

A Siena

San Matteo, ultimo giorno di ottobre del 1633

Amatissimo Signor Padre.

Ho tardato a scriver questa settimana perché desideravo pur di mandar gli ortolani, dei quali finalmente non se ne trovano, e intendo che finirono quando cominciorno i tordi. Se pur io avessi saputo questo desiderio di V. S. alcune settimane indietro, quando andavo pensando e ripensando a quello che avessi potuto mandare che gli fossi grato; pazienza! Ella è stata sventurata negli ortolani, come io fui nelle starne, perché feci fino smarrir l’astore.

Geppo tornò ieri da San Casciano, e portò le due scatole che V. S. mi ha mandate ben condizionate; e già che da lei ne fui fatta assoluta padrona, mi sono prevalsa di questo titolo, non mandandone altrimenti la metà alla cognata, ma sì bene ne ho mandate due torte e due biricuocoli al signor Geri, dicendogli che V. S. desiderava ne partecipasse anco la Sestilia: del restante ho avuto caro di farne parte al signor Rondinelli, il quale si dimostra in verso di noi tanto amorevole e cordiale, e anco a molte amiche; son cose veramente di gran bontà, ma anco di gran valore, che per questo non sarei così pronta un’altra volta a far simile domanda, alla quale la liberalità di V. S. ha corrisposto quadruplicatamente, e io centuplicatamente ne la ringrazio.

Alla moglie di Goro ho fatto intendere il desiderio che V. S. ha di pareggiare con lei e farle la carità al suo ritorno; se poi essa tornerà a domandare, esseguirò quanto V. S. ordina, e il simile farò a Tordo.

Il Ninci sta assai ragionevolmente di sanità e sodisfattissimo dell’assistenza del nostro Geppo. Suor Luisa comincia a sollevarsi alquanto dal letto; Suor Caterina Angela si morì; la giovane si va trattenendo, ma in cattivo stato.

Il vino da San Miniato non è venuto, credo io per essere stato il tempo molto piovoso, che per questo non si sono ancora poste le fave nell’orto, ma si porranno il primo giorno che sia bei tempo; si è ben seminata lattuga e cavoli, e anco vi sono delle cipolle; i carciofi sono belli; dei limoni ve ne sono comodamente, ma pochi aranci.

La muletta ha avuto un poco di scesa in un occhio, ma adesso sta bene, e similmente la Piera sua governatrice, la quale attende a filare e pregar Iddio che V. S. torni presto: è ben vero che non credo che lo faccia tanto di cuore quanto lo fo io. Se bene, mentre che sento che V. S. sta così bene, non so che mi dire se non che il Signore corrisponde alla gran fede ch’Ella ha nelle mie povere orazioni, o per meglio dire in un’orazione che fo continua col cuore, perché con la voce non ho tempo. Non gli mando pillole perché il desiderio mi fa sperare che V. S. deva in breve venire da per sé a pigliarle: starò a sentire la risoluzione che ella averà questa settimana. La commedia [nessuna traccia rimane di questa commedia di Galileo], venendo da Lei, non può essere se non bella; fino a qui non ho potuto leggere altro che il primo atto. Non mi manca materia da dire, ma sì bene il tempo; e per questo finisco, pregando Nostro Signore e la Madonna Santissima siano sempre in sua compagnia, e la saluto caramente in nome delle solite.

sua figliuola Affezionatissima

S. M. Celeste.