Lettere al padre/1633/116
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A Siena
San Matteo, 5 novembre 1633
Amatissimo Signor Padre.
Se V. S. potessi penetrar l’animo e il desiderio mio come penetra i Cieli, son sicura che non si lamenterebbe di me, come fa nell’ultima sua; perché vedrebbe e s’accerterebbe ch’io vorrei, se fosse possibile, ogni giorno ricever sue lettere e ogni giorno mandarne a Lei, stimando questa la maggior sodisfazione ch’io possa dare e ricevere da Lei, fino che piacerà a Dio che ci possiamo goder di presenza.
Credo nondimeno che da quelle poche ch’io gli scrivo così acciarpate, V. S. possa comprender che sono scritte con molta strettezza di tempo, il quale sabato passato mi mancò affatto per poter mandarle il tributo debito; il che (sia detto con sua pace) ho caro che seguissi, perché in quelle sue lamentazioni scorgo un eccesso di affetto dal quale son mosse, e me ne glorio. Supplii nondimeno la vigilia d’Ognissanti mandando la lettera al signor Geri, la quale, perché credo che gli sarà pervenuta, non replico quanto ai quesiti che ella mi fa in questa ultima, se non quanto all’aver ricevuto il plico per messer Ippolito [Mariano, il Tordo], il quale V. S. non mi ha mandato altrimenti; e quanto a Geppo dicendole che egli, dopo che mi portò le scatole, non è tornato a San Casciano, perché il Ninci non aveva più bisogno di lui: tornerà ad ogni modo a rivederlo un giorno di questa prossima settimana. La buona fortuna ha corrisposto al mio buon desiderio facendomi trovar gli ortolani che V. S. desiderava, e in questo punto consegnerò la scatola, dentrovi della farina, al ragazzo, dandogli commissione che vada a pigliarli al serbatoio, ch’è in Boboli, da un uccellatore del Granduca che si chiama il Berna o il Bernino, dal quale gli ho per grazia a una lire il paio, ma per quanto mi dice il medesimo Geppo che ieri fu a vederli, sono bellissimi e a’ poliaiuoli intendo che valgono fino in due giuli: il signor Rondinelli poi per sua grazia ne favorirà di accomodarli nella scatola, perché il ragazzo non avrebbe tempo da riportarli qui e poi riportarli un’altra volta in giù, ma li consegnerà ad un tratto al signor Geri. V. S. se li goda allegramente, e mi dica poi se saranno stati a sua sodisfazione: saranno 20 come ella desiderava.
Son chiamata all’infermeria, onde non posso dir altro se non che la saluto di cuore insieme con le solite raccomandate, e in particolare di Suor Luisa la quale sta assai meglio, Dio lodato, il quale a V. S. conceda vera consolazione.
sua figliuola Affezionatissima
S. M. Celeste.