Lettere al padre/1628/33
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A Bellosguardo
San Matteo, 10 dicembre 1628
Amatissimo Signor Padre.
Dovrei continuamente ringraziare Iddio benedetto, il quale compiacendosi di visitarmi con qualche travaglio insieme mi dà molte consolazioni, una delle quali, anzi la maggiore in questo mondo, è il mantener in vita V. S., e mantenerla, dico, con pronta volontà di sovvenirmi in ogni mio bisogno, ché veramente, s’io non conoscessi in lei questa prontezza, mal volentieri m’arrischierei ad infastidirla così spesso; ma per finirla ormai gli dico che Suor Arcangela da otto giorni in qua si ritrova ammalata, e se bene nel principio ne feci poca stima parendomi che fossi il male d’infreddatura, finalmente vedo adesso ch’ella ha necessità di purgarsi; poiché, oltre al cader nella solita maninconia, è anco soprapresa da un catarro in tutta la vita, ma in particolare nelle gambe, che gli causa certi enfiati piccoli e rossi sì che non può muoversi senza estrema fatica. Conosco che il suo bisogno è di cavarsi sangue (già che non ha mai il benefizio necessario) e per questa causa aspetto questa mattina il medico: ma perché non ho assegnamento nessuno di danaro per questo bisogno, la prego, per amor di Dio, che mi cavi da questo pensiero con mandarmene qualcuno, essendo in molta necessità per molte cause, le quali sarei troppo tediosa se volessi raccontarle. Se il tempo lo concedessi, avrei caro che ci venissi Vincenzio, con il quale potrei dir liberamente i miei affanni, che non sono però superflui, venendo da Dio. Gli mando una pera cotta, di quelle così belle che mi mandò ultimamente. Ho imparato questa nuova foggia di cuocerle che forse più le piacerà, e avrò caro che mi rimandi la coperta, ché non è mia. La saluto per fine affettuosamente, e prego il Signore che la conservi.
sua figliuola Affezionatissima
S. M. Celeste.