Lettere al padre/1628/30
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A Bellosguardo
19 aprile [1628]
Amatissimo Signor Padre.
I cedrati sono bellissimi, e della vista loro mi compiaccio assai, siccome anco della diligenza e manifattura che si ricerca in accomodarli, sì perché questo esercizio mi gusta, e molto più perché ho occasione d’impiegarmi in servizio di V. S. cosa a me più grata più ch’altra del mondo.
Gli mando l’altro barattolo di conserva di fiori di ramerino, che appunto avevo fatto del zuccaro avanzatomi dei morselletti, li quali non sono ancora in stagione ch’io glieli possa mandare, sì come anco l’agro, il quale non è però riuscito male affatto.
Quanto alla quantità del zuccaro, che ricercano i vasetti simili a questo che gli mando, non vuol essere manco di sei once per ciascuno, anzi che l’altro che gli mandai ne prese sette, e credami che non dico la bugia, sebbene ho detto in caffo, come si suol dire in proverbio: ma V. S. vuol la burla meco, perché sa bene che non gli direi bugie, in questo genere in particolare.
Intanto se V. S. ha votati tre vasi di vetro ch’ha di mio, potrà mandarmeli quando manderà i fiori, acciò li possa riempire. E vorrei anco che facessi una buona rifrusta per casa, adesso che si da l’acquasanta, e se vi fosse qualche vasetto o ampolle vote che siano per la spezieria, si levassi questo impaccio, che a noi servirebbono di grazia, o qualche scatola: basta, V. S. m’intende. Quanto ai cantucci, faremo il conto che ne avvisa V. S., già che la quaresima è finita. Gli mando un poca di pasta reale per sé, e quattro pasterelle per i ragazzi. La ringrazio del vino, il quale parteciperò con la Nonna e amiche, ché veramente non è per me. La saluto con tutto l’affetto insieme con la zia; e prego il Signore che la conservi.
sua figliuola Affezionatissima
S. M. Celeste.