Lettere (Sarpi)/Vol. II/248

CCXLVIII. — Al medesimo

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CCXLVIII. — Al medesimo
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CCXLVIII. — A Giacomo Gillot.1


Con vivissima allegrezza ho veduto e letto la lettera della S.V., la quale leggendo, pareami godere della sua presenza; e ho veduto con piacere che trovasi in perfetta salute, siccome prova la formazione dei caratteri, che arguisce bontà di vista e salda mano. Voglia Iddio tenerla continuamente sana, come vivamente prego e sono per pregare continuamente la Sua Divina Maestà.

Negli scorsi anni, quando la Francia ci si dipingeva come titubante, cotesto Senato e la S.V. singolarmente mi stavano davanti agli occhi; e facevo voti caldissimi, come al presente, per la tranquillità di cotesto regno, ben sapendo che la salute [p. 418 modifica]d’Italia è come appoggiata sulla vostra.2 Molto sarebbe a dire, e d’importanza, se m’avanzasse tempo, intorno ai nostri affari; ma il corriere mette d’intervallo tra l’arrivo e la partenza un giorno solo. Sono perciò sforzato a soprassedere.

Ebbi la narrativa dei fatti seguiti in cotesto Senato dopo il decreto dei 28 marzo 1616; e la quale avidissimamente scorrerò, come avrò finito di scrivere la presente. Frattanto, perch’Ella sappia che anche qui succedono inaspettate novità, le mando il consiglio d’un prelato, ch’io avevo per dotto e pio; ma sospenderò il giudizio sul conto suo, finchè non mi apparirà chiaro a che tende, e se i tentativi, in cui dice essersi messo, sono buoni o malvagi.3 A Roma condannarono subito quel c’ha scritto ed è per iscrivere, quel che ha stampato od è per istampare, con la solita clausola di eretico, erroneo, scandaloso e respettivamente offensivo delle pie orecchie. Ed egli ha pubblicato questa sua dichiarazione in forma di Manifesto, come diciamo noi; e la fece stampare a Heidelberg. Che gli avvenisse dipoi, non sappiamo.

Faccio fine alla presente, strettovi dalle angustie del tempo; e non senza pregar Dio che, per pubblica utilità, Lei mantenga lungamente in vita.

Venezia, 24 novembre 1616.




Note

  1. Edita nel suo testo latino, come sopra, pag. 22.
  2. Cioè, nel fatto della indipendenza religiosa, ossia dal potere ultra-politico di Roma; senza la quale, la indipendenza politica è affatto impossibile.
  3. Queste parole sono senza dubbio allusive all’arcivescovo di Spalato, Marcantonio De Dominis (di cui vedi la Lettera seguente); ed è notabile questa titubanza del Sarpi nel giudicare, in sulle prime, le intenzioni di un sì autorevole promotore della riforma, ma non del pari costante nel perseverare nella medesima.