Lettere (Sarpi)/Vol. II/224
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CCXXIV. — Al signor De l’Isle Groslot.1
Dappoi che la stagione è fatta così umida, questi corrieri non servano tempi: il che è causa che le lettere non arrivano nei tempi corrispondenti. Questo ultimo, giunto ieri, mi ha portato quelle di V.S. dei 3 ottobre e 1 novembre. In quelle avvisando Ella di aver ricevuto la mia dei 25 settembre, scorgo che nessuna è perduta; perchè ai 9 ottobre non scrissi, non credendo che il corriere partisse, poichè non era giunto quello che doveva venire da Lione. Credo che le altre mie saranno venute a’ suoi tempi.
Per la passata scrissi molto in fretta; oggi potrò farlo alquanto più sedatamente. Primieramente, rendo molte grazie a V.S. degli avvisi datimi nella precedente, che mi furono gratissimi. Dopo 15 giorni abbiamo qui la morte del conte di Soissons, la quale ognuno ha giudicato molto importuna, riputando che quel principe fosse un freno per ritener che lo stato non precipitasse.2 Con tutto ciò, non conviene cader di speranza, ma aspettare soccorso da Dio, quando totalmente mancano gli umani. Contì non è uomo. Condè si dice poco capace.3 Veramente è gran giudicio di Dio, che da alcuni anni in qua, tutte le morti de’ principi sono a favore di Spagna, eziandio quelle del loro proprio partito. Si vedono tutte le cause della fatalità conspirare alla loro grandezza. Vero è che l’ira di Dio appunto si dimostra potente, quando ogni cosa è in sicuro. Piaccia alla Maestà divina, che tutto sia in sua gloria.
Quanto al negozio di lega con li Stati, essendo qui molto sospetto di Spagna, chi proponesse lega di diretto, farebbe effetto contrario, perchè si reputerebbe dare occasione. So bene che V.S., leggendo, dirà che dovrebbe esser tutto altramente, ed io lo confesso; ma è gran differenza da chi ha visto in faccia la guerra, a chi è sepolto in ozio. La via è unica, di introdurre ambasciatore ordinario, scambievole, e poi trattare di commercio; che sarà, per conseguenza necessaria, espedizione di navi, soldati, danari e altre corrispondenze: e V.S. tenga per fermo, che sì come par difficile il primo passo, così fatto, vi sarà più bisogno di briglia, che di sprone.
Quella di V.S. a me diretta m’ha recato una tristizia grande, dubitando che le cose di cotesto nobilissimo regno non passassero a qualche disordine. Si è temperato il dispiacere assai, avendo letta un’altra sua scritta a monsieur Assellineau, dove, otto dì dopo, dà ferma speranza che si dovesse trovar composizione e alle cose comuni e a quelle di monsieur di Rohan. Così prego la Maestà divina che succeda secondo il suo santo beneplacito.
Questi giorni passati si è intesa, con dispiacere comune, la morte del principe di Galles, la quale Dio non voglia che non profondi nella mestizia il padre.4 essendo una perdita tanto grande, che non poteva avvenirgli maggiore. Saranno levate le pratiche di matrimonio,5 le quali a me piacevano sommamente, quantunque fossero per terminare in fumo; perchè servivano grandemente a domesticare, ed erano con molta diminuzione di reputazione del papa, che i principi papisti trattassero matrimonio con Riformati. Ma noi siamo pur all’istesso, di veder morti solo a favore di Spagna.
Non vi è cosa di nuovo in Italia, che meriti di esser avvisata. S’intende che monsignor Richer scriva in difesa del suo libretto, e che l’opera sia sotto la stampa: cosa che, se fosse vera, mi piacerebbe molto; e desidero sapere quello che ne sia, parendomi che se in Francia, tra Cattolici, si stampi quella dottrina, sia aperta un’ampla porta. Non è sempre da cercare che alla prima si faccia il più perfetto. È bene alcune volte imitare la natura, la quale incomincia dal rozzo, per pulirlo poi.6
Cresce quotidianamente l’odio del papa contro la Repubblica: però non se ne può sperar effetto, per le cause altre volte scritte. Mi par di vedere in questa nostra regione, sì come alcune volte d’estate, che le nuvole discendono sino a terra, che pur non piove: così ora la guerra. La vera causa è, perchè Spagna vuole prima disponer la materia, facendo partito in Venezia: al che si cammina a gran passi. Nè vi è rimedio, salvo che con rottura; ma non è veduto, perchè Dio non apre li occhi: sarà forse quando piacerà alla Maestà sua. La quale prego che doni a V.S. ogni sua grazia, e le bacio la mano, anco per nome del signor Molino e del padre Fulgenzio. Mi sarà caro sapere se del negozio di monsieur de Thou sarà riuscito cosa alcuna.
- Di Venezia, il dì 4 decembre 1612.
Note
- ↑ Stampata come sopra, pag. 519.
- ↑ Non diversamente giudicarono della morte di quel principe (Carlo di Borbone), benchè d’intelletto assai mediocre, anche i Francesi contemporanei del nostro autore; cioè ch’essa fu da tutti deplorata, perchè il rispetto della sua persona conteneva non pochi, i quali ruppero in appresso a sfrenatissima licenza.
- ↑ Qui, nella prima stampa, seguono, in periodo a parte, le parole “Tre punti;„ le quali noi abbiamo creduto opportuno di sopprimere.
- ↑ Tutt’altro, però, avvenne, avendo Giacomo vietato finanche di portare il lutto per cotesto erede della corona. I più attribuiscono un tal procedere a gelosia che il re disputatore ed inerte avesse concepita delle energiche qualità di quel suo primogenito.
- ↑ Cioè con una principessa savoina o toscana.
- ↑ Questo buon canone gioverebbe di ricordare a certi impazienti politici del tempo nostro. Se non che, un’eccezione sarebbe da farsi. Cominciare dal rozzo, sta bene; ma dal barocco, dal guasto, da quello di cui promettavasi la fine, oh questa invero è un’altra cosa!