Lettere (Sarpi)/Vol. II/205

CCV. — Al medesimo

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CCV. — A Giacomo Leschassier.1


Pare ch’abbia adoperato da senno il Richer, che nel porre a luce le dottrine della Sorbona, non tenne dietro alle proprie opinioni, ma al sentimento comune. Perocchè il diportarsi altrimenti è come fare un buco nell’acqua, acquistandosi odio. Io ho per costume, quando debbo dir qualche cosa, di prefiggermi a fine la verità, e di essa pigliar quella parte che possa acconciarsi ai tempi. A quel che taccio, non dico però alcun che in contrario, sicchè sempre aperta resti una via per avanzar di più, e a me stesso mai non contraddire.2 Allorchè vidi l’opuscolo del Richer, venni in grande fidanza che voi altri foste per rivendicarvi in libertà, costituendovi in esempio a noi; pur mi pungeva qualche sospetto e, dirò veramente, angoscia, che vi si preparasse occasione di più duro servaggio. E non ho perduto ancora ogni speranza, sebbene sembri che le lettere [p. 299 modifica]della S.V. del 15 marzo la escludano affatto, laddove Ella narra che il terrore dello sdegno papale invade quei medesimi che dovrebbero essere esempio di fermezza. Già suonò la tromba di guerra, e bisogna oggimai che tutti dicano a qual parte vogliono darsi. Questa è grande intrapresa, e, per dirla col proverbio usuale: il principio è metà dell’opera.

Ci pervenne la censura dei vescovi stampata costà, ma in Italia non si pubblicherà. Il papa vuol l’asse intero intero: a dargli anco undici once, si guadagna egualmente il titolo d’eretico: per un’oncia soltanto! E però non lascia pubblicare le sentenze e di chi gli nega un’oncia e di chi gli nega l’asse intero. Ma le sue lettere accennano cosa per me ignota fin qui; l’occasione, cioè, della divulgazione del libretto di Richer; che fu l’avere i Gesuiti sottoscritto a tali insegnamenti a forma della deliberazione del Senato. E a tanto accomodaronsi, come mi par di raccogliere dalle lettere di V.S. La prego a scrivermi se ciò sia accertato da pubblici documenti, come anco a informarmi chi possegga il libello dei Gesuiti.

La ringrazio vivamente dell’aver notato i luoghi del Direttorio,3 dove si fanno occulti processi e s’arma lo zelo dei superstiziosi incontro a’ buoni. Penso di leggerne attentamente i nomi, subito che avrò un po’ di riposo, stante che oggi sono oppresso dagli affari; e se m’occorrerà poi di leggere od osservare alcun’altra cosa, non mancherò di fargliene parte.

Il 27 marzo, scrissi a V.S. una lettera da comunicarsi anche al signor Gillot, in cui la [p. 300 modifica]ragguagliavo della condotta tenuta qui verso i Gesuiti. E scrissi pure nominativamente al signor Gillot: desidero sapere a mia quiete se egli ricevè le mie lettere.

Non c’è alcuna novità da raccontarle, tranne che il cardinale Borromeo, arcivescovo di Milano,4 intimò per editto agli abitanti di certi villaggi situati nella diocesi milanese, ma soggetti alla temporale giurisdizione di Bergamo, di non dare ospitalità a Rezii e Grigioni, e non aver comunione di sorta con loro. Il che risaputo, i magistrati veneti stabilirono, per decreto promulgato a voce di banditore, che ognuno potesse ricoverare quelle genti e trattare con esse; e fu stanziata una multa pe’ parrochi che affiggessero nelle proprie chiese l’editto cardinalizio. A Roma, poi, il papa pensa dar fuori una legge sulla residenza dei vescovi. E il cardinal nipote del Borghesi, creato, or fanno sei mesi, arcivescovo di Bologna, senza pure aver visto quella chiesa, la rinunzia,5 assegnando al novello arcivescovo due mila ducati, e pigliando per sè tutti i frutti, che passano la somma di ducati sedicimila. Fra i nostri e quei del Ferrarese s’accesero gravi litigi per causa dei confini, e d’ambe le parti si fa accolta di soldati; ma spero che non verrà alcun disastro. Tanti saluti da mia parte al signor Gillot. E le bacio le mani.

10 aprile, 1612.

Gli Spagnuoli stabilirono che l’infanta sposata al vostro re rinunzi tutti i dritti di successione al [p. 301 modifica]regno di Spagna; e poichè le manca l’età conveniente, supplicano il papa acciocchè a questa supplisca con la sua autorità e ratifichi la renunzia. Ella vegga se questo chiamasi un dispensare sul gius naturale. Amerei sapere se il Richer incontri qualche pericolo pel suo libretto, e sia protetto dalla curia del Parlamento. Quell’opuscolo è talmente desiderato da molti, che son forzato a rinnovar la molestia del chiederle un altro esemplare.




Note

  1. Edita come sopra, pag. 101.
  2. Buone regole di prudenza, a noi sembra, semprechè i tempi non consentano di dir senza danno tutto ciò che l’uom pensa in sè stesso.
  3. Vedi la pag. 269 e nota 2.
  4. Il cardinal Federico, intorno al quale i romanzi dicono più del vero, e non sempre nè tutto il vero.
  5. Vedi la nostra nota a pag. 158.