Lettere (Sarpi)/Vol. II/202

CCII. — Al medesimo

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CCII. — Al signor De l’Isle Groslot.1


Non ho mancato di scrivere a V.S. con tutti li corrieri che sono partiti questo anno. Può esser che alcuna volta, per la negligenza di quelli per mano de’ quali le lettere passano, alcuna sia stata ritardata: spero che quelle che non sono capitate, capiteranno.

Il tumulto nato per il libro di Richerio2 non [p. 292 modifica]debbe dispiacere nè esser reputato inutile, poichè senza quello sarebbe stato letto da pochi, e meno considerato; ma una contraddizione lo farà esaminar e pesar con diligenza, e farà fermar li partiti di chi l’approverà o riproverà quella dottrina; e nissuna cosa è più utile che il separar li buoni dalli cattivi, e far che si conoscano; e che li buoni non restino addormentati, e senza conoscer le perverse opinioni di chi non vuol conoscer alcun Dio in cielo, ma ne vuol uno in terra, per mezzo del quale possano esser espiati dalle scelleratezze perseverando in quelle.

Le parole nate tra il principe e il cardinale mi paiono di tanto momento e di tanta conseguenza, che non volendo star al solo avviso che V.S. mi dà per questa sua delli 15 (se ben quasi l’istessa cosa mi vien scritta da monsieur l’Eschassier), la prego scrivermi di nuovo quello che in tempo avrà verificato in questo particolare; perchè, se dovrò credere che quel principe sia capace di tanto, concepirò maggior speranza, non solo per la Francia, ma anco per altre regioni.

Sarebbe gran danno che monsignor Servin fosse ricompensato in altro per levarlo di quel carico: [p. 293 modifica]ma vedendo qualche altra azione poco generosa, conviene temer di tutto. Il Plaidoyer di Martilliers3 è una eloquente e soda scrittura, e conclude molto bene. Avrei voluto che siccome egli ha parlato solo a fine di difendere l’Università, e però non ha passato la materia dell’instruzione della gioventù, avesse avuto fine più generale; cioè di mostrare il danno che il mondo riceve da quella società per tutte le loro azioni: ma chi sa che un giorno quel valente gentiluomo non abbia occasione di farlo.4

Già avevo veduta la giustificazione di Solier, con la censura della Sorbona, e il discorso di quello che è passato a Troia, con un altro bel successo di Tolosa; e non posso negare a V.S. di esser restato senza nissuna maraviglia leggendo quello che ha scritto Solier, perchè avendo veduto altre cose molto più esorbitanti che ci passano per le mani quotidianamente qui in Italia, non posso se non dire che quelle non sono considerabili. Mi fa temere qualche male il vedere che li Riformati siano così mal trattati dalla regina, e tanto più, attesa la differenza di Boullion e Desdiguières con gli altri. Io prego Dio, che per sua bontà prevenga la cattiva volontà degli uomini.

Stupisco come li principi hanno sopportato il matrimonio trattato senza di loro. Se il re fosse maggiore, non lo avrebbe fatto da sè?5 [p. 294 modifica]

Quanto alla venuta costà del signor Barbarigo, per la passata ho scritto a V.S. non solo tutto quello che ne so, ma anco tutto quello che se ne può sapere da qual si sia. In Spagna ovvero costì anderà al certo. In fine di questo mese egli tornerà a casa, e il signor Gussoni, che per l’avvenire sarà ambasciatore, andrà a Torino; per mezzo del quale continueremo a scrivere secondo il consueto. Per il seguente corriere credo che avrò da narrare a V.S. una bella arte di Gesuiti contro la Republica, e una provvisione pubblica di quella, in maniera che sarà degna di esser portata anco per esempio ad altri.

Nascono disgusti tra il papa e la Repubblica per causa di navigazione, che potrebbe esser di conseguenza, se non si rimedia presto. Se qualche cosa sarà, per la seguente ne darò a V.S. conto; alla quale, dopo renderle li saluti a nome del signor Molino e del padre M. Fulgenzio, le bacio le mani, pregandola ad aver un poco di più cura della propria sanità, e ringraziandola delle scritture mandatemi.

Delle cose di Germania qui vi è grand’incertezza, e la maggior parte pensa che debba nascer turbazione; ma io non lo posso credere, e tengo che Mattias resterà imperatore senza difficoltà. E per pronosticare ancora più oltre, aggiungo che poco dopo Alberto sarà fatto re de’ Romani, e stabilito più che mai il dominio spagnuolo in Germania: il quale chi lo vuole lo merita.

Di Venezia, il dì 13 marzo 1612.




Note

  1. Dalla raccolta come sopra, pag. 454.
  2. Edmondo Richer, sindaco della facoltà teologica di Parigi, ed uno dei personaggi che, nelle controversie religiose di quel tempo, si mostrò più fermo ed animoso, ed ebbe anche maggiormente a patirne. Ci piace qui riportare una parte di quanto troviamo scritto da francesi biografi intorno a quest’uomo: “Si sollevò nel 1611 contro la tesi di un domenicano, che sosteneva l’infallibilità del papa, e la sua superiorità sopra del Concilio. Pubblicò nel medesimo anno un piccolo scritto intitolato della Potenza ecclesiastica e politica, per istabilire i principii sopra de’ quali egli sosteneva esser fondata la dottrina della chiesa di Francia e della Sorbona, appartenenti all’autorità del Concilio generale ed al papa. Questo piccolo scritto destò gran rumore, e sollevò contro di lui il nunzio ed alcuni dottori, che si sforzarono di farlo deporre dal sindacato, e di far condannare il suo libro dalla facoltà di teologia. Ma il Parlamento rimise alla facoltà stessa il deliberare. Contuttociò, il cardinale Du Perron, convocati in Parigi otto vescovi della sua diocesi, e l’arcivescovo di Aix, in sinodo composto di altri tre, censurarono quel libro; dopo di che seguì pure la condanna fattane in Roma. Sorsero allora d’ogni parte gli oppositori che si fecero a confutarlo; ma al Richer venne dalla Corte comando espresso di non iscrivere cosa alcuna in sua difesa. Come se ciò non bastasse, fu costretto a deporre la sua carica di sindaco; nè gli valse il ritirarsi nella solitudine, perchè fu chiuso eziandio nelle carceri di San Vittore. Dopo essere stato astretto a fare ample dichiarazioni, se non ritrattazioni, della sua dottrina, e mentre attendeva a limare le sue opere, fu colpito dalla morte nell’età d’anni 72.„
  3. Vedi la nota 2 a pag. 285.
  4. Vedi la pag. 285 e nota 2.
  5. Luigi XIII, che allora non aveva compiti i dodici anni, si sposò nel 1615 ad Anna d’Austria, infanta di Spagna; matrimonio, per quanto ce ne ricordi l’aver letto, abbastanza infelice, perchè il re era preso d’amore per altra donna.