Lettere (Sarpi)/Vol. II/186

CLXXXVI. — Al medesimo

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CLXXXVI. — Al medesimo
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CLXXXVI. — A Filippo Duplessis Mornay.1


Per questo corriero ho ricevuto insieme due di V.S., una delli 7 e 11 settembre, l’altra delli 20 del medesimo; delle quali le rendo molte grazie per l’instruzione datami delle cose passate, le quali sebbene io desidererei migliori, nondimeno poi che ha piaciuto a Dio così disponerle, mi giova a credere che saranno inviate a servizio e gloria di sua divina Maestà, meglio che se fossero incamminate secondo li desiderii nostri.

La fama sparsa costì delle cose fatte in Bologna, è tutta falsa, nè meno è avvenuto alcun successo che possi aver dato occasione a quel rumore. Mai le cose furono più quiete che nel tempo presente. Il papa non vuole sapere niente di quello che passa: lascia fare alla Repubblica tutto quello che gli pare; sicchè li nostri politici, per sua modestia, restano di fare qualche cosa, ma con certezza che potrebbono se volessero.

Per due anni abbiamo avuto in Roma ambasciatore papista. Ultimamente, tornato quello, vi fu mandato un peggiore. Ora è morto, e la buona fortuna o, per parlar propriamente, la volontà di Dio ha fatto eleggere uno utile. Argomento che la divina Maestà voglia fare qualche favore, perchè non poteva esser un migliore.

Io scrivo a monsieur Duplessis una cosa di qualche momento.2 Desideroso che la lettera gli capiti [p. 242 modifica]sicura, e per ogni rispetto di sinistro che potesse occorrere alle lettere prima che venissero in mano di V.S., non ho voluto soprascriverli, se non quanta basta per intelligenza di lei: la quale prego fare una coperta alla lettera, e dirgli ch’è direttiva a lui.

Il signor Barbarigo resterà ancora in Torino fino alle pasque. Quello che possiamo fare della nostra comunicazione, io lo ho scritto già più di 40 giorni a V.S., e ne attendo la risposta.

Non so se io possi credere che il grand’imbroglio in Germania possi risolversi in niente. Chi considerasse le cose passate, e il grand’amore che portiamo all’ozio, dovrebbe crederlo; ma le cose camminano così innanzi, che pronosticano mutazione. Li Genovesi mandarono un ambasciatore in Spagna per il negozio di Sassello: credo che dalli Spagnuoli sarà trattenuto sì, che la piazza li resterà in mano. Pare adesso che li medesimi Spagnuoli voglino fortificare un luogo alli confini di Asti, chiamato Cisterna; cosa che non dovrà piacere al duca di Savoia, nè al papa, per esser feudo del vescovato d’Asti. Materia di vigilia ve n’è molta, ma il letargo è troppo profondo.

Qui si dice che il Parlamento di Parigi per arresto3... siccome anco si dice di certa pubblicazione che ha fatto monsignor Servin, con alcune sue aggiunte e interpretazioni contra Bellarmino.

Li rendono molti saluti e baciamani il signor Molino e padre Fulgenzio; e io mi rallegro sopra modo, che, per grazia di Dio, la sanità di V.S. è tollerabile, restando con speranza che sia ancora per [p. 243 modifica]migliorare oltre lo stato presente; e non potendo finir di maravigliarmi delli tradimenti di Bellarmino, finirò di dar noia a V.S., alla quale bacio la mano.

Circa il decreto pronunciato contro il predetto Bellarmino, qui se ne parla diversamente. Avrei a caro sapere il contenuto, con tutte le particolarità, per poterne informare alcuni senatori miei amici, quali difficilmente possono soffrire la libertà del parlare di questo uomo, come soggetto nato a portar pregiudizio alla quiete della Cristianità.

Di Venezia, li 25 ottobre 1611.




Note

  1. Stampata come sopra, pag. 407.
  2. Sembra alludersi ad altra lettera posteriore alla segnata dei 16 agosto, ch’è l’ultima fra quelle che sono a noi pervenute.
  3. Lacuna dell’antica stampa.