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lettere di fra paolo sarpi. 241

CLXXXVI. — Al medesimo.1


Per questo corriero ho ricevuto insieme due di V.S., una delli 7 e 11 settembre, l’altra delli 20 del medesimo; delle quali le rendo molte grazie per l’instruzione datami delle cose passate, le quali sebbene io desidererei migliori, nondimeno poi che ha piaciuto a Dio così disponerle, mi giova a credere che saranno inviate a servizio e gloria di sua divina Maestà, meglio che se fossero incamminate secondo li desiderii nostri.

La fama sparsa costì delle cose fatte in Bologna, è tutta falsa, nè meno è avvenuto alcun successo che possi aver dato occasione a quel rumore. Mai le cose furono più quiete che nel tempo presente. Il papa non vuole sapere niente di quello che passa: lascia fare alla Repubblica tutto quello che gli pare; sicchè li nostri politici, per sua modestia, restano di fare qualche cosa, ma con certezza che potrebbono se volessero.

Per due anni abbiamo avuto in Roma ambasciatore papista. Ultimamente, tornato quello, vi fu mandato un peggiore. Ora è morto, e la buona fortuna o, per parlar propriamente, la volontà di Dio ha fatto eleggere uno utile. Argomento che la divina Maestà voglia fare qualche favore, perchè non poteva esser un migliore.

Io scrivo a monsieur Du Plessis una cosa di qualche momento.2 Desideroso che la lettera gli capiti


  1. Stampata come sopra, pag. 407.
  2. Sembra alludersi ad altra lettera posteriore alla segnata dei 16 agosto, ch’è l’ultima fra quelle che sono a noi pervenute.
Sarpi. — II. 16