Lettere (Isabella Teotochi Albrizzi)/XXXV

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Venezia, 9 Dicembre 1824.

Sono arrabbiatissima. Con chi? Nol so nemmeno io: non già con voi certamente, cortese amico, che mi avete con tanta gentilezza favorito delle stampe canoviane. Non dovrei esserlo nè manco col signor Vendramin, il quale fece, alquanto però alla foggia di Panglos, tutto, dic’egli, per lo meglio. Or eccovi la dolente storia. Fino dal mese d’agosto il signor Vendramin dice di avere date quelle stampe al signor Neumann, secretario dello ambasciatore austriaco in Londra, pregandolo di mandarle al Co. Strasoldo, governatore di Milano, dal quale io poi dovea riceverle. Giunto appena il signor Vendramin, gli chiedo conto delle mie stampe, e ne ho per risposta un maravigliarsi grandemente che io non le avessi già ricevute. Mi promise di scrivere tosto a Londra: e qualche giorno dopo mi assicurò di avere anco scritto al signor Neumann per averne contezza, e ricercarlo se forse non fossero scordate in qualche cantuccio del suo scrittojo. E siccome avrebbe potuto essere accaduta la stessa dimenticanza al conte Strasoldo, così io gli scrissi; e n’ebbi per risposta non avere egli nulla mai ricevuto. Ora dunque, amico dilettissimo, abbiate la cortesia di fare, o di far fare, qualche ricerca presso il signor secretario.

Saprete che non ho veduto l’inglese che mi avete indirizzato: me ne increbbe doppiamente, e per avere perduto l’occasione di compiacervi usandogli qualche cortesia, e quella di compiacere a me stessa trattenendomi di voi. Serivetemi pure quanto più spesso potete, col mezzo di questi esseri erranti che trottano spesso per l’Europa sbadatamente, come noi per la piazza di San Marco. Amatemi sempre, ed aggradite i saluti di Giuseppino.

Addio, bello e sublime ingegno, Addio.

Isabella Albrizzi.

Note

  1. Pubblicata dall’Orlandini e dal Mayer nell’Epistolario d’Ugo Foscolo, luogo citato.