Lettere (Campanella)/XCIV. Al medesimo

XCIV. Al medesimo

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XCIII. A monsignor Francesco Ingoli XCV. Al medesimo

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XCIV

Al medesimo

Riparla della sua opera instancabile per la gloria della fede, e dell’utilitá de’ suoi libri che gli avversari non gli vogliono restituire con pregiudizio della religione.

          Illustrissimo e reverendissimo
               signore padrone osservandissimo,

Ho avuto alcuni articoli da certi ministri calviniani ridotti alla fede, e fan gran profitto; e mi dimandan aiuto e consiglio. Io li sto esaminando per agevolar a Vostra Signoria illustrissima la risoluzione delle dimande loro; e poi le manderò col mio parere. Credo far qualche bene. Li ministri non vònno venir a disputa con patto di farsi catolici sendo convinti, come scrissi a Vostra Signoria illustrissima che m’occorse in un congresso: e questo fu con grand’edificazione di catolici. Ho fatto che molti rinegano l’eresia, ma certe appendici li ritengono ch’a Vostra Signoria manderò. Di piú, vedo che credeno politicamente, e però fo ristampar il mio libro contra ateisti corretto. Item quel decreto eterno infrangibile da Dio e dagli uomini, secondo scrisse il Banes e l’Alvarez, esser de mente sancti Thomae, io ci lo levo di testa. E ’l conte di Brassach sempre predica ed è con me; e lo scrive a l’eminentissimo Barberino. La plebe crede con veritá né sol per politica; e ’l piú grand’intoppo è quello che nascimur iudicati non iudicandi etc., e l’imagini, e ’l calice negato a laici, e l’officio e messe in latino, dove li ministri dicon che bestemmiamo, e però non volemo che si intenda dal popolo. Io promisi ottener queste cose, se con questo prometten farsi catolici; tutto avvisarò per l’altro, e manderò il senso vero di san Tomaso attissimo a chiarirli. [p. 328 modifica]

Il padre Antonio, prefetto della Missione, che va col principe d’Etiopia, è animato da me d’andar lui prima in Etiopia e far la strada, tanto piú che è fatto un patriarca ch’era scismatico ed è fatto catolico in secreto; e fu mandato ad istanza del novo re scismatico dal patriarca scismatico d’Egitto: e con questo fará ben in secreto e poi in publico. Scrivo anche a quel converso negro — ch’andò son tre anni, instrutto da me, e m’ha scritto — che s’unisca con questo: fra tanto il principe resta qui assai accarezzato dal Cardinal Duca e dal re, ed io l’assisto. Non è vero che lui sia eretico, come v’hanno scritto quei frati; e se ha sparlato qualche volta, perché in Roma non l’han voluto conoscer per figlio di re, non disse mal della fede ma del poco conto [di lui] e poca caritá. Adesso sta instrutto e conosce etc. Vero è che è ingegnoso e sa ben la Bibbia quasi tutta: e nel disputare, quelli chi non sanno la fede se non con certe parole in forma, pensano che sia eresia quando non si dice proprio com’essi dicono etc., e poi lo pigliano in odio. Ma con veritá lui intende il negozio contra dioscoriani e contra scismatici chi separano la chiesa, ed a ogni correzione di savi nel resto è obediente. Questo è quanto io posso capir del trattar ch’ho fatto seco in Roma ed in Parigi; e l’aiutai etc. per l’onor della chiesa romana. E sta bene con il padre fra Antonio; però Vostra Signoria può mandar licenza a detto padre Antonio che si pigli compagni — perché molti vònno andarci e li cappuccini non vònno etc. — e vada in Etiopia, donde avviserá le veritá del principe, e li fará la porta per quando il re cristianissimo lo manderá con un galeone o altro etc.

Tutti mi cercano il Reminiscentur per li missionari fatto, come Vostra Signoria illustrissima sa: ed è approbato dal padre maestro Alassio vicecommissario del Santo Officio e dal padre Bartoli nomine reverendissimi generalis e dal padre Firlingerí, regente di Sant’Andrea della Valle. Lo tiene il padre Mostro, con certa politica che dispiacerebbe a’ principi se si stampa, perché dico che lascin le guerre tra loro ed attendano a questa guerra spiritale: vedi bagattella. Adesso mi scrive che mi lo [p. 329 modifica]manderá se si contenta il signor cardinale Antonio o Sua Beatitudine. Io scrissi, Vostra Signoria illustrissima dicane una parola, perché quel libro è utilissimo alla congregazione ed a tutto il mondo, è necessario stamparsi; e mandilo con qual si voglia correzione. È poi ridicolo che voi che trattando con le nazioni dica sol quello che si dice intra il capitolo di frati, e che la chiesa abbia sol un dottore, san Tomaso — e poi lo riduce all’esposizion del suo mastro, — e che non possiamo intender san Tomaso come fan gli altri tomisti in altro senso. E non vede che di tutti filosofi e di tutti teologi bisogna servirsi in difesa della fede, come fe’ san Tomaso nel Contra gentes, e Clemente alessandrino e Cirillo e san Agostino etc.: e comandano si faccia cosí. Anzi san Paolo insegnò questo, perché non «unus», ma «mille clypei pendent ex ea, omnis armatura fortium».

Resto al suo comando, ed aspetto frutto di questa lettera, e questo libro del padre Mostro lo do alla santa congregazione de propaganda, sendo fatto per essa. Che mi difenda se dico bene e mi lo faccia restituire.

A dio, bacio le mani a Vostra Signoria illustrissima.

 Parigi, 11 di settembre 1635.

Di V. S. illustrissima e reverendissima
servitore umilissimo
Fra Tomaso Campanella.


All’illustrissimo e reverendissimo monsignor Ingoli,
     secretario della santa congregazione de propaganda fide,
          padrone osservandissimo,
 Roma, alla Cancelleria.