Lettere (Campanella)/XCIII. A monsignor Francesco Ingoli
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XCIII
A monsignor Francesco Ingoli
Gli dá notizia di quanto lavora per la fede.
Io lavoro per la fede in gran cose. Desidero il Reminiscentur fatto per li missionari, chi tiene il padre Mostro, e Vostra Signoria illustrissima sa quanto è utile, non manchi agevolar mi sia mandato. Ho convinto i capi di Calvino, e tutti ricorreno a san Tomaso come lor fautore, perché l’Alvarez lo tirò a loro troppo, lo mostrai che non è vero: e però mi bisogna stampare il centon tomistico De praedestinatione; e ’l medesimo fa con me l’inquisitor di Colonia della medesima opinione. E quello che stampò la lettera al Cardinal Duca indrizzata, dove vol provare che Calvino è il medesimo con san Tomaso, restò confuso da me; ed io feci patto di patir ogni pena se non lo convinco publice, pur che convinti si facciano catolici. Non vònno accettare il patto. M’accorsi che son ateisti, però ristamp[ar]ò l’Ateismo trionfato. Trattai con alcuni ministri convertiti: mi dicono ch’è necessario dir la messa in volgare, perché li ministri donâro a creder al popolo che noi biastemamo quando dicemo la messa, e però non volemo sia intesa. Supplico a Vostra Signoria illustrissima che tratti si possa dir latino e volgare insieme nelle ville; poi sentirete il suono.
Resto al suo comando, e li prego da Dio ogni bona grazia.
Parigi, 25 agosto 1635.
Di V. S. illustrissima |
All’illustrissimo e reverendissimo monsignor Ingoli,
secretario della santa congregazione de propaganda fide,
padrone osservandissimo,
Roma, alla Cancelleria.