Lettere (Campanella)/LXVI. Al medesimo
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LXVI
Al medesimo
Per il processo di cui vien minacciato l’autore del Dialogo sopra i dite massimi sistemi del mondo, il Campanella, senza badare a rischi, si proferisce di aiutarlo, mostrando tutta la nobiltá del suo animo.
Molt’illustre ed eccellentissimo signore,
Con gran disgusto mio ho sentito che si fa congregazione di teologi irati a proibire i Dialoghi di Vostra Signoria, e non ci entra persona che sappia matematica né cose recondite. Avverta che mentre Vostra Signoria asserisce che fu ben proibita l’opinione del moto della terra, non è obligata a creder anche che le ragioni contradicenti sian buone. Questa è regola teologica; e si prova, perché nel concilio niceno secondo fu decretato che «angelorum imagines depingi debent, quoniam vere corporei sunt»: il decreto è valido e non la ragione, giá che tutti scolastici dicono che gli angioli son incorporei, a tempo nostro. Ci son altri fondamenti assai.
Dubito di violenza di gente che non sa. E ’l padre Mostro fa fracassi contra, e dice ex ore pontificis; ma Nostro Signore non è informato, né può pensar a questo. Vostra Signoria per mio avviso faccia scriver dal granduca, che sí come mettono domenicani, gesuini e teatini e preti secolari in questa congregazione contra i vostri libri, ammettano anche il padre Castelli e me: e si vinceranno succumbemus etc. etiam nella proposizione, non che nelle ragioni. Ma sia a me secreto, quia etc. O dimandi avvocato e procuratore in questa causa: e se non la vinceremo, mi tenga per bestia. Io so ch’il papa è di gran senno, e quando sará informato etc. A Dio.
Roma, 21 agosto 1632.
Di V. S. eccellentissima |
Ho molti autori sacri per noi etc.
Al molt’illustre ed eccellentissimo
signor Galileo Galilei,
filosofo e matematico dell’Altezza di Toscana,
Firenze.