Lettere (Andreini)/Lettera XXXVIII

XXXVIII. Dell’Audacia.

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Dell’Audacia.


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ERCHE l’audacia hoggidì si spende per virtù, non maraviglia, se voi appena conoscendomi siete stato così sfacciato nello scrivermi una lettera piena di simulati dolori, e di non vera fede. Io non voglio creder l’amor vostro, nè darvi speranza del mio. A voi par convenevole d’haver ricompensa di volontaria servitù, & à me par lecito di viver senza la noiosa cura d’amore. Et si legge d’Emilia giovene vestale, ch’essendolesi nel Tempio della sua Dea spento senza sua colpa il fuoco, ch’esser eterno dovea, ella co’ prieghi il raccese; & io al contrario di lei, vorrei poter senza indugio, spenger quel fuoco, che senza mia colpa s’è acceso (se pur s’è acceso) nel tempio del vostro seno, attesoch’io conosco esser questo amore, che dite di portarmi, nemico della mia fama. Se voi m’amaste (come dite) procurereste più tosto di viver con tormento, per salvar la mia riputatione, ch’esser contento, e rendermi colpevole. S’io fossi pietosa del vostro male, sarei micidial del mio honore. Ne i casi d’amore la pietà, ne gli huomini si lauda per virtù, e nelle donne si punisce per vitio. Chi dunque sarà, che non affermi, esser molto megliore la crudeltà honesta, che la pietà incolpata? cessate di molestarmi, nè pensate, che ’l Tempo, o la vostra perseveranza (che dovrei dir ostinatione) possano farmi cambiar

[p. 38r modifica]pensiero, perche penserete il falso, essendo che, io sò benissimo, che tanto è lodevole, la mutatione nelle cose mal fatte, quanto la fermezza nelle cose honeste. Non v’avvedete, che, se metterete in disputa l’honor mio, non sarà senza pericolo della vita vostra? Se le vostre dimande fossero lecite, vi farei vedere, che non sarei men pronta al concedere, & al donare, di quel, ch’io mi sia al dissuadere, & al riprendere: ma voi non bramate d’esser sodisfatto secondo il dovere dell’honestà mia: ma secondo l’appetito del desiderio vostro; e mentre mi pregate, ch’io metta fine à i vostri sospiri, alle vostre lagrime, & alle vostre pene, m’aveggo, che voi cercate d’impoverir Amore de’ suoi tesori, perche gli amanti, non sono tributarij d’altro ad Amore, che di sospiri, di lagrime, e di pene. Dite ancora, che non penate, per amarmi: ma, perch’io son crudele: & io con pace vostra rispondo, che non è così, perche, se non m’amaste poco v’importerebbe, ch’io fossi, o crudele, o pietosa: e se pur crudele non mi volete, lasciate l’amore, ch’io lascierò la crudeltà. Se ricercaste l’amore, e non il frutto d’amore, sarebbe facil cosa, anzi dovuta il concedervelo: ma sò, che più il frutto, che l’amore desiderate; onde vi dico chiaramente, che non voglio concedervi, nè l’un, nè l’altro, siche lasciate affatto ogni speranza, e sovvengavi, che precipita nelle miserie colui, che spera cose non covenevoli, e ’ngiuste.