Lettere (Andreini)/Lettera LXXXIII

LXXXIII. Della pudicitia.

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Della pudicitia.


G
Randissimo è stato (dolcissimo Signor mio) il contento, c’ho ricevuto nel legger la vostra lettera; e se non fosse, ch’io non posso ancora, fermamente creder, che mi facciate tanta gratia, dubiterei di morire, per sovverchia allegrezza. Deh perche havete così lungo tempo tenuto il vostro amore, che dovea bearmi, sepolto sott’odiosa terra, non sò se dir mi debbia, o ritrosità, o di rispetto? era io appresso di voi in concetto dico sì forte, che poteste credere, ch’io bastassi à contrastar alla forza di quelle stelle, che sforzano tutti i cuori ad amarvi? o pur m’havevate per tanto sciocca, c’haveste pensiero, ch’io non fossi per apprezzare le vostre virtù? e se questo non era, era forse il credermi per così priva, di conoscimento, che poteste dubitare, ch’io non conoscessi il vostro merito? e finalmente mi vi descriveva l’opinione per così fredda, e per così priva d’amore, ch’io non dovessi arder per voi? e ch’io non dovessi amar giovine dotato di tante gratie? Signor mio, voi siete tale, che chi non v’ama ò non vive, ò non merita di vivere. Così piacesse à chi fece voi così bello, far me così ingegnosa, ch’io sapessi ritrovar

[p. 78r modifica]alcun nuovo modo di ringratiamento, per poter in parte rendermi gratie di tanto favore: ma che? se l’obligo, ch’io vi tengo, il qual non è punto inferiore alla gratia, che l’ha prodotto, non forma voci à se medesimo eguali, non è possibile, ch’io vi ringratij quanto debbo. Contentatevi dunque, con la gratia, che v’è piacciuto di farmi, di donarmi ancora quelle gratie, che si converrebbono, e ch’io non sò rendervi; e siate certo, che prima potrei viver senza cibarmi, che senz’amarvi; nè crediate, che hora la vostra lettera m’habbia mossa al vostr’amore, perche bench’ella sia atta a destare spirito, e senso d’amore nelle piante, e ne i marmi, non che in cuor di donna, io nondimeno haveva cominciato molto prima ad arder per voi. Non così tosto mi fu dato in sorte di vedervi, che mi giunse per gli occhi al cuore la vostra bella imagine, onde l’anima mia me da me divisa lasciando, venne a starsi con voi, e s’io son vissuta senz’anima così lungo tempo, è stato solo, perche la bella forma dell’imagine vostra ha fatto, e tuttavia fa in me quell’offitio, che già l’anima mia faceva; nè solamente il suo vago sembiante ha havuto forza di mantenermi in vita: ma mirabilmente anc’ha potuto rendermi riguardevole, tralucendo i suoi divini raggi da questo mio petto, non meno, che tralucer soglia lume da vetro rinchiuso; e s’io non contradico à quel bello, che ’n me di lodar vi piace, è solo, perch’io conosco esser in me commendata la vostra bellezza, e non meno in me medesima veggo il mio dolce Signore, di quello, ch’io vedrei me stessa, mirandomi in [p. 78v modifica]lucidissimo specchio, onde mi maraviglio, come vinta da questa cara trasformatione di me stessa, non m’innamori; ma perche non è possibile trattar con parole finite dell’amor infinito, ch’io vi porto, e dell’obligo, ch’io vi tengo, non sarò più lunga. Vi bacio le mani, & vi prego à perseverar nell’amor, che per vostra bontà, non isdegnate di portarmi, assicurandovi, che non hò sì cara parte in me, che non sia vostra, e prima il Cielo nella più chiara notte, sarà privo di stelle, ch’io muti pensiero.