Lettere (Andreini)/Lettera LVII

LVII. Che il luogo non cangia pensiero.

../Lettera LVI ../Lettera LVIII IncludiIntestazione 4 febbraio 2016 75% Da definire

LVII. Che il luogo non cangia pensiero.
Lettera LVI Lettera LVIII
[p. 57r modifica]

Che il luogo non cangia pensiero.


I
O conosco, e confesso (bellissima Donna) d’esser indegno della gratia vostra: ma sicome ’l Sole più bello di tutti gli altri lumi del Cielo, non si sdegna di passar co’ suoi purissimi raggi, per le cose più vili della Terra, così voi non dovreste degnarvi di sparger in me i pietosi raggi della vostra gratia, che in quella guisa, che lo splendor del Sole, non riman’offeso dalla bassezza

[p. 57v modifica]della Terra, così voi non rimarreste offesa dalla bassezza del mio demerito. Deh unico mio conforto saria pur secondo me, ragionevole, che credesse all’amor mio, chi è del mio amor cagione: ma ohime, che chi hebbe poter di cagionarlo, non ha voglia di ricompensarlo, ch’a me in vero parrebbe d’haver trovata medicina al male, s’ei fosse almen conosciuto. Voi crudele di me non vi curate, nè possono le mie parole movervi à pietà del mio dolore. Non possono le mie lagrime intenerir quel duro smalto, che fatto saldissimo scudo del vostro cuore, non cura le continue percosse delle cadenti mie lagrime. Non possono i miei caldi sospiri, scaldar quel petto, che già fatto per me, tutto di ghiaccio, il lor fuoco disprezza. Lasso me, gli altri sogliono odiar i nemici, & voi odiate me, perch’elessi d’amarvi, e par, che niun’altra cosa più v’offenda, che l’amor mio: ma sappiate, che, se per amarvi v’offendo, sarò sempre sforzato ad offendervi, come sarò sempre sforzato ad amarvi: ma, se per amare, e per desiderar il Sole, non s’impedisce pur un minimo de’ suoi raggi, come per amar, e per desiderar la bellezza vostra, v’impedisco, & v’offendo? certo non per altro avvien questo, se non perche havete fisso nella mente, che ’n me il fine d’un male sia principio d’un’altro, e pur dovria bastarvi il sapere, ch’io colpa vostra son fatto uccello infelicissimo notturno, ilquale dove habita non iscorge altro che orrore; ma stratiatemi pur quanto vi piace, ch’io spero prender vigore da’ miei martiri nell’istesso modo, che la fiamma prende forza dal [p. 58r modifica]vento. Fra tanto pregherò Amore, che punga quel bellissimo seno, gradita carcere del cuor mio, con uno strale d’amorosa pietà fabricato, dalla consideratione della mia doglia.