Lettere (Andreini)/Lettera L
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Delle humane miserie.
morte parole. Deh cara la mia Signora, se mai fù mossa, per preghiere honeste giusta pietade, soccorrete al mio male, e credete, che sospetto, e rispetto m’hanno quasi al fine de’ miei giorni condotto, siche, se altri si pentì d’haver parlato, io debbo pentirmi d’haver tacciuto, perche quand’io non havessi ricevuto altro conforto, parlando, haverei pur ricevuto questo, di manifestarvi gli affanni miei, ilche sarebbe stato ottimo rimedio alle mie interne passioni. Hor, se sin’a questa hora hò tacciuto, siami lecito al presente di dirvi, come l’amoroso mio fuoco, prende per esca delle sue fiamme la vostra divina bellezza; e se per avventura troppo ardisco, quella pietà, che sente ognuno del proprio dolore, sia quella; che mi scusi, assicurandovi, che tanta doglia m’apporta la pietà del mio male, quanta il mio stesso male. Non vorrei già, che da questo mio scriver giudicaste, che non mi fosse caro lo struggermi nell’amato splendore de gli occhi vostri, che quant’à me, tanto apprezzo questa mia vita, quant’ella per voi si strugge: ben mi sarebbe caro, che credeste ciò, ch’io dico esser solo, per farvi conoscere, che di tanti, che ardono per voi, son’io quel solo, che mi consumo ardendo, e perch’io sò, che à pochi di quei molti, che v’amano, voi concedete la gratia vostra, io non sarei tanto ardito di supplicarvi Che mi poneste nel numero di quei pochi, solamente dirò, che vi piaccia (e con preghiera humilissima) d’accettar questi ardenti sospiri, ch’io vi dono, prima, che i venti quasi lor preda, per l’aria segli compartano, non vi sdegnate, che come vostri, à voi stieno sempre intorno, che non isdegna ne anche la Luna, che nel bell’azurro del Cielo, stieno in sua compagnia le stelle, benche, di tanto inferiori alla sua luce.