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D’ISABELLA ANDREINI. 53

tano, non vi sdegnate, che come vostri, à voi stieno sempre intorno, che non isdegna ne anche la Luna, che nel bell’azurro del Cielo, stieno in sua compagnia le stelle, benche, di tanto inferiori alla sua luce.


Della mutatione de i luoghi.


O

H quant’obligo hà d’haver Amore al nascimento vostro (valorosissima Donna) poiche ’l misero, senza voi non potea, nè valea cosa alcuna. Spente erano le sue faci, rotto era l’arco, vota la faretra, & egli stesso havea tarpate l’ali, la faccia magra, e smorta, il corpo lacero, e consumato, e mendico, & ignudo chiedeva, piangendo (ma sempre invano) albergo. Non così tosto appariste voi, ò sola forza, e potenza d’Amore, che le sue faci cominciarono à risplendere; & à farsi più che mai chiare, e lucenti, in virtù de’ begli occhi vostri, in vece d’un’arco gli ne deste duo, e questi furono le disuguali, & innarcate vostre ciglia per uno strale spuntato, e rotto gli n’aggiungeste mille acuti, e forti, e questi furono i vostri sguardi, de i quali arricchito fa più stima, che d’altri, che mai ad altrui il petto pungessero. Egli stesso ripigliò il color, e le forze, e quelle lagrime, che gli cadeano in abbondanza da gli occhi, rinuntiò a gli innumerabili vostri amanti, & io ben sollo; a cui è dato il lagrimar più de gli altri, come più de gli altri ardo del vostro amore: Hor se voi sola Signora


O          ma,