Lettere (Andreini)/Lettera CXVIII

CXVIII. Simili.

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Simili.


M’
E stato detto da gentilhuomo degno di fede, che voi, per haver veduta una mia lettera scritta alla Signora N. mia carissima amica, nella qual con ragione tratto in parte (che ’l trattarne in tutto è impossibile) de i costumi vostri, e dell’instabilità della vostra natura, havete detto, che volete contra me vendicarvi. Hor che vendetta sperate di fare per vostra fe? vi date voi forse, ad intendere di tenermi ancor legata alla tirannide, & all’ingiustitia vostra? voi v’ingannate. Sappiate il mio (non sò come debba chiamarvi, chiamatevi da voi) che poich’io vi conobbi poco meritevole di quel cuore, che v’amava, di quella fede, che v’osservava, di quella mente che vi s’inchinava, e di quell’anima, che v’adorava, mi levai affatto, affatto dalla pazza impresa nella quale inconsideratamete per mio tormento entrai, dunque, s’io non mi ricordo più di voi di quello, ch’io mi faccia di cosa non mai veduta, o conosciuta, o se pur d’alcuna vostra atione, mi rammento, è sol attione che contra voi m’accende, qual vendetta (com’hò detto ancora) sperate di fare? se alcuna

[p. 116r modifica]scintilla di quel fuoco immenso, che già per voi m’arse vivesse nel mio seno, o se alcuna di quelle molte ferite, ch’io portai nel cuore si facesse, ancorche debilmente sentire, potrebb’essere, ch’essercitando la vostra solita crudeltà mi stratiaste di nuovo (non voglio dir vi vendicaste, conciosia cosache non v’offesi giamai, che, perche i’ habbia scritto menomissima parte de’ costumi vostri, non reputo d’havervi offeso) ma di quel fuoco non c’è rimasa cenere, non che favilla, e di quelle ferite non ci sono pur i segni delle cicatrici, non che ’l dolore, di che ogni giorno più ne ringratio, e più ne benedico la sorte, poich’io qual Salamandra, o qual Fenice non mi consumo più nelle fiamme, nè qual Bibli, o qual Egeria mi distillo in fonti di lagrime, nè più sospirando passo senza sonno le notti, e senza riposo i giorni. Hora per gelosia non mi lascio cader in grembo di noiosi tormenti, nè per vedervi in mio dispregio far cose tanto memorabili quanto sconcie sento alcuna sorte d’affanno. Sò ben, che se poteste fareste peggio che mai, come colui, che sempre ha stimato più di qual si voglia tesoro, o più di qual si voglia fatto egregio il farmi ingiuria, quasi che per amarvi io meritassi ogni supplitio; e forse mentre v’amai conosceste voi quello, ch’io cieca amante conoscer non poteva, cioè, ch’io meritava, che ’l Mondo tutto, non che voi mi tormentasse per amarvi. Ah veramente sì, ch’era grandissimo errore il mio amore: ma così fatto errore non commetterò io più: e se voi siete armato dell’usata fierezza, e se havete deliberato di travagliarmi più che mai, [p. 116v modifica]satiatevi d’imaginatione, che d’effetto non vi satierete più certo. Non v’amerò, e così non m’haverete dominio sopra. Così saranno spezzate l’armi della vostra crudeltà, & assicurata la mia vita. S’havete animo di spiegar di nuovo le glorie, e gli atti heroici della vostra inhumanità trovate donna, che come me sia facile per sua sventura à rimaner presa dalla vostra ingannevol apparenza, e quello che più importa donna, che v’ami, come v’ho amato io; ilche è impossibile ad imaginare, non che a conseguire.