Leonardo prosatore/Massime e pensieri

MASSIME E PENSIERI

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Profezie - VIII Appendice
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MASSIME E PENSIERI


Dell’anima.

Or guarda, lettore, quello che noi potremo credere ai nostri antichi, i quali hanno voluto difinire che cosa sia anima e vita, cose improvabili, quando quelle che con isperienzia ognora si possono chiaramente conoscere e provare sono per tanti seculi ignorate e falsamente credute.


..... la definizione dell’anima lascio nelle menti de’ frati, padri de’ popoli, li quali per inspirazione sanno tutti li segreti.

Lascio star le lettere incoronate1, perchè son somma verità.


Il corpo nostro è sottoposto al cielo, e lo cielo è sottoposto allo spirito. [p. 332 modifica]

I sensi sono terrestri, la ragione sta fuor di quelli quando contempla.


Ogni nostra cognizione prencipia da sentimenti.


Ogni parte ha inclinazion di ricongiugnersi al suo tutto per fuggire dalla sua imperfezione.

L’anima desidera stare col suo corpo, perchè, sanza li strumenti organici di tal corpo, nulla può oprare nè sentire.


Naturalmente ogni cosa desidera mantenersi in suo essere.


Il nulla è privazion dell’essere.


L’anima mai si può corrompere, nella curuzzion del corpo, ma fa nel corpo a similitudine del vento ch’è causa del sono de l’organo, che guastandosi una cana non resultava per quella del voto buono effetto.


E questo uomo ha una somma pazzia, cioè che sempre stenta per non stentare, e la vita a lui fugge sotto speranza di godere i beni con somma fatica acquistati.


Or vedi la speranza e ’l desiderio del ripatriarsi e ritornare nel primo caso fa a similitudine della farfalla al lume, e l’uomo che con continui desideri parole sempre con festa aspetta la nova primavera. [p. 333 modifica] sempre la nova state, sempre e novi mesi, e novi anni, parendogli che le desiderate cose, venendo, sieno troppo tarde, e non s’avvede che desidera la sua disfazione; ma questo desiderio è la quintessenza, spirito delli elementi, che trovandosi rinchiusa per anima dello umano corpo, desidera sempre ritornare al suo mandatario. E vo che sappi che questo desiderio è quella quinta essenza compàgnia della natura, e l’omo è modello dello mondo.


Perchè vede più certa cosa l’occhio ne’ sogni che colla immaginazione stando desto?


La idea, over imaginativa, è e timone e briglia de’ sensi, in però che la cosa immaginata move il senso.


E in questo caso io so che ne acquisterò pochi nemici, con ciò sia che nessun crederà ch’io possa dire di lui, perchè pochi son quelli a chi i sua vizi dispiaccino, anzi sol quelli omini li dispiacciano che son di natura contraria a tali vizi, e molti odiano li padri e guastan le amicizie, reprensori de’ sua vizi, e non vale esempli contrari a esse ne nessuno uman consiglio.


L’acqua che tocchi de’ fiumi è l’ultima di quella che andò, e la prima di quella che viene: così il tempo presente.


La vita bene spesa lunga è.


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Chi vol essere ricco in un dì è impiccato in un anno.


L’uomo ha grande discorso del quale la più parte è vano e falso, li animali l’hanno piccolo ma è utile e vero; e meglio è la piccola certezza che la gran bugia.


Li stremi di tutte le cose danno a essa cosa grazia o disgrazia.


Salvatico è quel che si salva.


Non si debba desiderare lo impossibile.


Dov’è più sentimento lì è più, ne’ martiri, gran martire.


La memoria dei beni fatti, appresso l’ingratitudine, è fragile.


Reprendi l’amico tuo in segreto e laldalo in paleso.


Chi teme i pericoli non perisce per quegli.


Non esser bugiardo del preterito.


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Ogni danno lascia dispiacere nella ricordazione, salvo che ’l sommo danno, cioè la morte che uccide essa ricordazione insieme con la vita.


Il voto nasce quando la speranza more.


Queste regole son cagione di farti conoscere il vero dal falso, la qual cosa fa che li omini si promettano le cose possibili e con più moderanza, e che tu non ti veli d’ignoranza, che farebbe che, non avendo effetto, tu t’abbi con disperazione a darti malinconia.


Non ti promettere cose, e non le fare, se tu ve’ che, non l’avendo, t’abbino a dare passione.


Facciamo nostra vita coll’altrui morte.

In nella cosa morta riman vita, la quale ricongiunta alli stomaci de’ vivi ripiglia vita sensitiva e intellettiva.


Chi non raffrena la volontà colle bestie s’accompagni.


Non si po avere magior nè minor signioria che quella di se medesimo.


Chi poco pensa molto erra.


Più facilmente si contrasta al principio che fine.


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Nessun consiglio è più leale che quello che si dà dalle navi che sono in pericolo.


Aspetti danno quel che si regge per giovane in consiglio2.


Le cose vedute da uno medesimo occhio parranno alcuna volta grande alcuna volta piccole.


Non si dimanda ricchezza quella che si può perdere. La virtù è vero nostro bene ed è vero premio del suo possessore: lei non si può perdere, lei non ci abbandona, se prima la vita non ci lascia. Le robe e le esterne devizie sempre le tieni con timore, ispesso lasciano con iscorno e sbeffato il loro possessore, perdendo lor possessione.


La paura nasce più tosto che altra cosa.


Da Cornelio Celso3. Il sommo bene è la sapienza, il sommo male è il dolore del corpo. Imperochè essendo noi composti di due cose, cioè d’anima e di corpo, delle quali la prima è migliore, la peggiore è il corpo, la sapienzia è dalla miglior parte, il sommo male è della peggior parte e pessima. Ottima cosa [p. 337 modifica] è nell’animo la sapienza. Così è pessima cosa nel corpo il dolore, adunque siccome il sommo male è ’l corporal dolore, così la sapienzia è dell’animo il sommo bene, cioè de l’om saggio e niuna altra cosa è da a questa comparare.


Si come una giornata bene spesa dà lieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire.


La stoltizia è scudo della vergogna, come la improntitudine della povertà.


Farisei: frati, santi, vol dire.


Un vaso crudo rotto si po riformare, ma il cotto no.


Molte volte una medesima cosa è tirata da due violenzie, cioè: necessità e potenzia: l’acqua piove, la terra la sorbisce per necessità d’omore, el sole l’asciuga non per necessità ma per potenzia.


È di tanto vilipendio la bugia che s’ella dicessi be’ gran cose di Dio, ella to’ di grazia a sua deità; ed è di tanta eccellenzia la verità che s’ella laldassi cose minime elle si fanno nobili.

Sanza dubbio tal proporzione è dalla verità alla bugia quale dalla luce alle tenebre, ed è essa verità in sè di tanta eccellenzia che ancora ch’ella s’astenda sopra umili e basse materie, sanza comparazione ell’[e]ccede le incertezze e bugie estese sopra [p. 338 modifica] li magni e altissimi discorsi, perchè la mente nostra, ancora ch’ella abbia la bugia pel quinto elemento, non resta però che la verità delle cose non sia di sommo notrimento delli intelletti fini, ma non di vagabundi ingegni.

Ma tu che vivi di sogni ti piace più le ragion sofistiche e barerie de’ parlari nelle cose grandi e incerte, che delle piccole.


Mostruoso è quello che ha grandissimo capo e corte gambe, e mostruoso è quello che con ricchi vestimenti possede gran povertà; adunque diremo proporzionato esser quello de lo quale le sua parte sono corrispondente a suo tutto.


Chi tempo ha e tempo aspetta, perde l’amico e denari non ha mai.


Il giudizio nostro non giudica le cose fatte in varie distanzie di tempo nelle debite e propie lor distanzie, perchè molte cose passate di molti anni parranno propinque e vicine al presente, e molte cose vicine parranno antiche, insieme coll’antichità della nostra gioventù; e così fa l’occhio infra le cose distanti, che per essere alluminate dal sole, paiano vicine all’occhio, e molte cose vicine paiano distanti.


Deh non m’avere a vil, ch’i’ non son povero; povero è quel che assai cose desidera. Dove mi [p. 339 modifica] poserò? Dove di qui a poco tempo tu ’l saprai, risposi, per te stessi.4


O tempo, consumatore delle cose, e, o invidiosa antichità, tu distruggi tutte le cose, e consumate tutte le cose dai duri denti della vecchiezza, a poco a poco, con lenta morte. Elena, quando si specchiava, vedendo le vizze grinze del suo viso fatte per la vecchiezza, piagne, e pensa seco perchè fu rapita du’ volte.


L’età che vola discorre nascostamente e inganna altrui, e niuna cosa è più veloce che gli anni, e chi semina virtù fama raccoglie.


L’omo e li animali sono propio transito e condotto di cibo, sepoltura d’animali, albergo de’ morti, facendo a sè vita dell’altrui morte, guaina di corruzione.


Si come l’animosità è pericolo di vita, così la paura è sicurtà di quella.


Le minaccie sol sono arme dello imminacciato.5


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Dov’entra la ventura, la ’nvidia vi pone lo assedio e lo combatte; e dond’ella si parte, vi lascia il dolore e pentimento.


Raro cade chi ben cammina.


Chi non punisce il male comanda che si facci.


Chi piglia la biscia per la coda quella poi lo morde.


Chi cava la fossa questa gli ruina addosso.


Domanda consiglio a chi ben si corregge.


Ogni cosa per distirpare il tristo.


Ogni torto si dirizza.


Di lieve cosa nasciesi gran ruina.


Al cimento si conosce il fine oro.


Tal fia il getto qual fia la stampa.


Chi scalza il muro quello gli cade addosso.


Chi taglia la pianta quella si vendica colla sua ruina.


La pazienzia fa contra alle ingiurie non altrementi che si faccino i panni contro del freddo; [p. 341 modifica] imperò che se ti multiplicherai di panni secondo la multiplicazione del freddo, esso freddo nocere non ti potrà; similmente alle grandi ingiurie cresci la pazienza, esse ingiurie non ti potranno offendere la tua mente.


Tutti li animali languiscano, empiendo l’aria di lamentazioni, le selve ruinano, le montagne aperte per rapire i generati metalli; ma che potrò io dire cosa più scellerata di quelli che levano le lalde al cielo di quelli che con più ardore han nociuto alla patria e alla spezie umana?


Acquista cosa nella tua gioventù, che ristori il danno della tua vecchiezza. E se tu intendi la vecchiezza aver per suo cibo la sapienza, adoprati in tal modo in gioventù, che a tal vecchiezza non manchi il nutrimento.


A torto si lamentan li omini della fuga del tempo, incolpando quello di troppa velocità, non s’accorgendo quello esser di bastevole transito; ma bona memoria, di che la natura ci ha dotati, ci fa che ogni cosa lungamente passata ci pare esser presente.


O dormiente, che cosa è sonno? Il sonno ha similitudine colla morte; o perchè non fai adunque tale opra che dopo la morte tu abbi similitudine [p. 342 modifica] di perfetto vivo, che vivendo farsi col sonno simile ai tristi morti?


Naturalmenti li omini boni desiderano sapere. So che molti diranno questa essere opra inutile, e questi fieno quelli de’ quali Demetrio disse non faceva conto più del vento, il quale nella lor bocca causava le parole, che del vento ch’usciva dalle parte di sotto; uomini i quali hanno solamente desiderio di corporal ricchezze, diletto, e interamente privati di quello della sapienza, cibo e veramente sicura ricchezza dell’anima; perchè quant’è più degna l’anima che ’l corpo, tanto più degni fien le ricchezze de l’anima che del corpo. E spesso quando vedo alcun di questi pigliare essa opra in mano, dubito non si come la scimia sel mettino al naso, o che mi domandi se è cosa mangiativa.


Aristotile nel terzo dell’Etica: l’uomo è degno di lode e di vituperio solo in quelle cose che sono in sua potestà di fare e di non fare.


Sì come il ferro s’arrugginisce sanza esercizio, e l’acqua si putrefa, o nel freddo s’addiaccia, così lo ’ngegno sanza esercizio si guasta.


Mal fai se laidi, e peggio è si tu riprendi la cosa, quando bene tu nolla ’ntendi.


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Quando fortuna viene, prendila [a] man salva, dinanzi dico, perchè dirieto è calva.


Infralle cose grandi che infra noi si trovano, l’essere del nulla è grandissima. Questo risiede nel tempo, e distende le sue membra nel preterito e nel futuro, co’ le quali occupa tutte l’opere passate e quelle che hannio a venire, sì di natura come delli animali, e niente possiede dello indivisibile presente. Questo non s’astende sopra l’essenzia d’alcuna cosa.


La somma filicità sarà somma cagione della infelicità, e la perfezion della sapienza cagion della stoltizia.





Note

  1. Libri sacri.
  2. Queste sei ultime sentenze son tolte dal Fiore di Virtù, XVIII e XXXII.
  3. Aurelio Celso o Aulo Cornelio Celso fu uno scrittore latino del I sec. d. C. Compose trattati di retorica, storia, arte militare, ma non ne è rimasto che uno, il De Medicina, pubblicato per la prima volta a Firenze nel 1478.
  4. Le due prime frasi sono due endecasillabi sdruccioli, probabilmente tolti a qualche commedia del tempo; il resto è una modificazione dei versi del Petrarca: Dimmi per cortesia, che gente è questa? | Di qui a poco tempo tel saprai | Per te stesso, rispose. Trionfo d’Amore, vv. 66-68.
  5. La minaccia serve soltanto a mettere in guardia il minacciato.