Leonardo da Vinci e la scultura/Capitolo II. Le sculture attribuite a Leonardo
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CAPITOLO li LE SCULTURE ATTRIBUITE A LEONARDO Esaminiamo le sculture attribuite dal Bode a Leonardo (’). La Deposizione della chiesa dei Carmini a Venezia è fra quelle. La scena drammatica è rappresentata, con vivacità d’azione, in una tabella votiva eseguita, secondo A. Venturi, probabilmente verso il 1474, e nella quale sono le mezze figure, di profilo, nel secondo piano, del Duca d’Urbino, di Guidobaldo infante e di un personaggio, forse il Conte Ubaldini p). 11 Venturi l’attribuisce al Bertoldo insieme ad altri bronzi, fra cui la Crocifissione e la Pietà del Museo Nazionale di Firenze «date unanimemente a Bertoldo», e che comunque rivelano una stessa mano, nell’uniformità dei modellati, nelle pieghe «che formano corde aggirate intorno alle figure». Questi caratteri tuttavia son meno appariscenti nella Deposizione dei Carmini dove, fra l’altro, le pieghe hanno forme cartacee, a zig zag intorno alle membra, come usavano fare, in altra scuola, i Mantegazza e V Amadeo e non richiamano quelle dei bronzi del Museo fiorentino. A Bertoldo il critico ascrive molte altre cose, fra cui un (*) W. BODE, Florenliner Bildhauer Jer Renaissance, Berlino, Cassirer, 1910, cap. XII. e-;) A. Venturi, op. di., pag. 508. 32 CAPITOLO li Martirio di San Sebastiano (per altri la Flagellazione di Gesù Cristo) nel Museo della Università di Perugia die a parer nostro ha ancora forme diverse dalla Deposizione, nella quale, secondo il Venturi, la figura della donna seduta che sostiene il corpo di Gesù sarebbe «simllissimo» a quella seduta nel primo piano del bassorilievo di Perugia, che, a dir vero, ha diverso atteggiamento e trattazione, e una somiglianza limitata al fatto di esser seduta: dove le figure son tondeggianti, un po’ tozze invece che lunghe, a pieghe spezzate come nella scena del martirio. E a Bertoldo egli dà anche il bassorilievo con la Discordia del Victoria and Albert Museum di Londra, pure attribuito a Leonardo dal Bode e dal Miiller Walde (’). I rapporti fra la Discordia e il Martirio di S. Sebastiano e i due bronzi del Museo di Firenze appaiono nella foga di movimento dei personaggi, nelle pieghe a mo* di corde e — in confronto alla scultura di Perugia — nel modo particolare d’intendere gli edifici aperti a logge del fondo. Ma che cosa vi sia, non diremo di Leonardo, ma a pena di leonardesco nella Deposizione e nella Discordia non si saprebbe vedere. Indipendentemente dalla presenza nella prima della figura del principe d’Urbino — col quale non risulta che Leonardo abbia avuto relazioni — lo spirito agitato piuttosto che drammatico che muove le due scene, il modo di raggruppar le figure, le pieghe tormentate nelle une, a corde nelle altre o comunque non plausibili, la forma delle (^) MULLER- Walde, Leonardo da Vinci, Lebenskizze und Forscbungen iiber sein Verhaliniss zur Floreniiner Kunsl und zu Rafael, Miinchen, 1889. Lo Schubring ascrisse invece la Deposizione, il Martirio di S. Sebastiano e la ’Discordia a Francesco di Giorgio Martini: SCHUBRING, Die plastik Sienas im Quattrocento, Berlino, Croie, 1907. LE SCULTURE ATTRIBUITE A LEONARDO 33 architetture non trovano riscontro con quelli di Leonardo anche se appartenessero al suo periodo giovanile. E poiché la critica, meglio che delle ipotesi, per quanto attraenti, si vale di confronti sicuri, per un possibile raffronto con quelle opere dobbiamo risalire ai primi dipinti del maestro. Rinunciando alle due Annunciazioni, di Firenze e di Parigi, che non gioverebbero al caso nostro, e attenendoci aY Adorazione dei Magi degli Uffìzi, vi cercheremmo invano relazioni persuasive coi due su ricordati rilievi. Forse che quella bizzarra figura di donna, agitata come una folle, meglio che come una dolo- rante, ai piedi della croce nella Deposizione dei Carmini, con quella gamba piegata ad angolo tagliente, e le braccia attaccate quasi al collo della spiritata donna sprovvista di spalle — e eh' è la sola che pel movimento ricordi un po' le figure agitate e commosse dei pastori nel quadro di Firenze — è degna veramente di stare al loro confronto? Sembrò al Bode che nessun artista del Quattrocento, fuor di Leonardo, fosse capace di imprimere alla scena della Discordia, con una così esuberante rappresentazione, tanta varietà di atteg- giamenti, tanta sapienza d' architettura nello sfondo grandioso, prospettato con arte sicura ; mentre l'artista dev'essere fioren- tino, cresciuto alla scuola del Verrocchio — - lo tradisce il movimento impetuoso dei personaggi — ma superiore al maestro; l'affinità coi disegni per l' Adorazione dei Magi e per una Adorazione dei pastori di Leonardo sembra evidente al critico tedesco, al quale sembra pur evidente il rapporto d' arte fra la Discordia e i due bassorilievi del Carmine e di Perugia. Ma in tal caso converrebbe pur attribuire al grande fiorentino altri bassorilievi d'analoga ispirazione e fattura che logicamente la critica attribuisce oggi ancora a Bertoldo : Malaguzzi- Valeri. 3 34 CAPITOLO li due Crocifissioni e la Pietà del Museo Nazionale di Firenze, una squisita Deposizione (ascritta tuttavia a un seguace di Bertoldo dal Venturi) dell' Hofmuseum di Vienna, uno stucco del Kaiser Friedrich 's Museum di Berlino attribuito dubita- tivamente dal Venturi ancora al vivacissinno Bertoldo e nel quale può infatti bastare la presenza dei due putti nel centro della scena, in tutto uguali a quelli d' altre sculture di lui, per toglier dubbio sulla giustezza dell' attribuzione di A. Ven- turi per quella e per altre sculture ; nelle quali torna costante quella caratteristica e superba animazione (« la sorpresa del movimento » per dirlo con le parole del critico italiano) da renderlo ben degno di addestrare all' arte un allievo come Michelangelo. V è un* opera di Bertoldo — non riprodotta da quello studioso — in cui i caratteri dell'artista sembrano avvicinarsi a quelli di Leonardo : il bassorilievo in bronzo nel Museo di Firenze raffigurante una battaglia, nel quale, a detta del Vasari, imitò Donatello. Il bronzo fin da allora passava per opera di Bertoldo e fu destinato al « guarda- roba » del duca Cosimo. La foga dei cavalieri combattenti, il groviglio fra vincitori e caduti, gli atteggiamenti di certe figure ricorderanno Leonardo — più sapiente modellatore e che non avrebbe certo allineato così i cavalli della zona superiore — che forse vi si ispirò. Perchè escludere che al di fuori di Leonardo, di ben altre audacie maestro, nessun altri, allora, sapesse dar tanta vita ai bassorilievi cosi ammi- rati dal Bode? Il Vasari ci assicurò pure che Bertoldo era « molto riputato » e degno continuatore dell' opera di Dona- tello, suo maestro, e che nei getti di bronzo, specialmente per le piccole cose « non si trovava allora in Firenze chi lo avanzasse ». Così che, a capo di una specie d'accademia o scuola d'arti, sorta sotto gli auspici del Magnifico, a Firenze, LE SCULTURE ATTRIBUITE A LEONARDO 35 fu posto « Bertoldo, vecchio e pratico maestro » (Vasari), e quando morì nel 1 49 1 nella villa di Lorenzo De Medici a Poggio a Caiano, Bartolomeo Dei ne pianse la fine « che non se ne trovava un altro in Toscana, ne forse in Italia, di sì nobile ingegno e arte in tali cose » ('). E i rapporti fra il magnifico Bellerofonte dell' Hofmuseum di Vienna, che reca la sua firma, ricordato da Marcantonio Michiel come opera sua, e figure di altri bronzi attribuitigli non mancan certo, compreso quel bizzarro gruppo di un negro a cavallo com- battente contro un leone assalitore eh' è nella collezione Foulc a Parigi (^), che richiama nel movimento e nello spirito ani- matore schizzi di Leonardo stesso, meglio che 1' Ercole a cavallo della galleria Estense di Modena, pure attribuito a Bertoldo, e un po' tozzo e impacciato nell' insieme con quella gran figura su quel corto cavalluccio. Per tutto questo l' attribuzione a cui il Bode, per via d' un' esclusione non giustificata, arriva non può convincere. I caratteri generali dei bassorilievi assegnati a Leonardo con- cordano, s' è visto, con quelli di Bertoldo e rappresen- tano un naturale frutto del seme lasciato nel profondo solco dell' arte fiorentina da Donatello : mentre son troppo poca cosa certi particolari — come supposti tipi leonardeschi in due teste calve nel fondo del bassorilievo di Perugia — per così nuova e grande paternità artistica. Queste considera- zioni dovrebbero valere anche più per la plachetta in bronzo della collezione Dreyfus a Parigi col giudizio di Paride — in cui questi siede di profilo sulle rocce e offre il pomo alla preferita che procede nuda, mentre le compagne, vestite, si (•) MILANESI e PINI, La saUlura degli artisti, I, 60. (2) Rlprodollo a pag. 516, fig. 342 d^l Venturi, voi. cit. 36 CAPITOLO li soffermano strette per mano — attribuito già dal Bode un tempo al Verrocchio e oggi da lui sospettato quale opera giovanile e debole di Leonardo. L attribuzione prevalente è oggi in favor del Bertoldo. Lo Schubring attribuì invece a Francesco di Giorgio Martini le tre sculture — del Carmine a Venezia, di Londra, di Perugia — di cui s' è parlato ('). Non è quindi il caso, per noi, di discutere la singolare attri- buzione. Allo stesso periodo fiorentino di Leonardo dovrebbe finalmente appartenere il celebre busto in cera colorata della Flora del Museo di Berlino. Le interminabili discussioni che !' opera d' arte ha pro- vocato e la grande paternità artistica che le fu attribuita, meritano che se ne ricordi, per sommi capi, la storia del ritrovamento. Ceduto da Mr. Murray Macks di Londra al direttore del Museo di Berlino Dr. Bode, che volle riconoscervi l'arte leonardesca, il busto fu, oltre Manica, dichiarato invece falso e opera del restauratore Lukas di Southampton morto nel 1883, e che l'avrebbe eseguito nel 1860 per conto dell' antiquario Buchanan, copiandolo da un dipinto di Leo- nardo rappresentante una Flora. Al Bode e ad altri studiosi tedeschi la cosa sembrò senza fondamento. Pubblicate foto- grafie di opere autentiche di Lukas, queste apparvero quali veramente sono : assai deboli cose ancor influenzate dallo stile Canoviano, ben lontane dalla « vincianità » indubbia del busto. Testimonianze e indagini di varia natura — non escluse quelle fisio-chimiche e fotogrammetriche — (per le quali si rimanda il lettore che vuol saperne di più al fascicolo di (0 Op. cit. LE SCULTURE ATTRIBUITE A LEONARDO 37 dicembre 1 909 degli Amtliche Berichte der Kgl. Kunstsam- mlungen in Berlin) — fecero conoscere che il busto, in cui la cera ha preso consistenza, forma e patina date solamente dai secoli, era antico e stato fuso « a vuoto » e che per impedirne la rovina era stato dato 1' incarico al Lukas di riempirlo di gesso e di completarne le braccia. Risultò che il busto, appartenente a lord Palmerston, era quindi stato in semplice deposito nello studio del supposto falsificatore : le cui cere — acquistate dal Museo berlinese quali corpi del delitto « devono finire di persuadere il più incredulo Tom- maso che vi lasci aderire le sue dita — come scrive Ernst Diez ('). Essi presentano una superfìcie grigio-sporca; non hanno traccia alcuna di policromia, e conservano l'odore di cera, non ancora scomparso dopo quarant' anni. Qualsiasi materia si presta alle falsificazioni meglio che la cera, la superfìcie della quale acquista soltanto attraverso i secoli una rigidezza cristallina ». Si vuole che Leonardo, durante il suo soggiorno a Firenze nei primi anni del Cinquecento, abbia dipinto un quadro rappresentante Flora, a giudicare dalle ripetizioni dei suoi sco- lari. Il Lomazzo, d 'altra parte, ricorda pure che Leonardo dipingeva allora volontieri figure femminili « ornate a guisa di primavera, come il ritratto della Gioconda, ne' quali ha espresso tra le altre parti meravigliosamente la bocca in atto di ridere ». Se ne conclude dal Diez non senza verosimi- glianza : « Per condurre a termine il ritratto di Madonna Lisa occorsero parecchi anni. Nulla di più ammissibile che Leonardo, il quale aveva modellato un Gesù bambino per (') // busto in cera di Flora allribuHo a Leonardo. In «Rassegna d'Arte», gennaio, 1910. Pagina:Francesco Malaguzzi Valeri - Leonardo da Vinci e la scultura, Bologna, 1922.djvu/48 Pagina:Francesco Malaguzzi Valeri - Leonardo da Vinci e la scultura, Bologna, 1922.djvu/49 Pagina:Francesco Malaguzzi Valeri - Leonardo da Vinci e la scultura, Bologna, 1922.djvu/50 Pagina:Francesco Malaguzzi Valeri - Leonardo da Vinci e la scultura, Bologna, 1922.djvu/51 Pagina:Francesco Malaguzzi Valeri - Leonardo da Vinci e la scultura, Bologna, 1922.djvu/52 Non era infatti difficile vedere in questo busto, ammanierato, un po lezioso, i gusti prevalsi nel periodo e nell’ ambiente del Bernini. Qualcosa del fascino leonardesco pur rimasto in questa opera gentile potrebbe rappresentare forse un caso tardo e sporadico di imitazione da Leonardo.
Di altre sculture attribuite a Leonardo o alla sua scuola diretta e che riproducono cavalli e gruppi equestri vedremo fra breve.