Le stragi delle Filippine/Capitolo IX - L'odio di Hang-Tu

Capitolo IX - L'odio di Hang-Tu

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Capitolo IX


L'ODIO DI HANG-TU


Ritta sull'ultimo gradino, colla fronte increspata, gli occhi scintillanti, i lunghi capelli neri sciolti sulle spalle, la giovane spagnuola doveva avere l'aspetto d'una donna che non si lascia né imporre, né impressionare.

Vedendosi dinanzi un giovane ufficiale dei cacciatori, che teneva nella destra la sciabola sguainata e nella sinistra una rivoltella, lo guardò freddamente, facendo cadere su di lui i raggi azzurrognoli della lampada, ripetendo con un tono secco:

— Che cosa volete voi?...

Il tenente, che non si aspettava certo di trovare colà quella giovanetta, né una simile accoglienza, rimase cosí stupito, da non trovare subito una risposta.

— Orsú, parlate, — disse Teresita, con un moto d'impazienza.

— Ma... señorita... — balbettò l'ufficiale, abbassando la sciabola. — Cerchiamo dei ribelli.

— Dei ribelli! — esclamo la Perla, simulando un vero stupore. — Eh!... volete scherzare, señor?...

— Vivaddio!... No, señorita. Sono entrati in questo giardino, sono stati veduti.

— Cercateli nel giardino, adunque.

— Non li abbiamo trovati né nella palazzina, né nel parco, señorita.

— E volete che siano nascosti qui?...

— Ma... io non so...

— Signor tenente, sapete chi abita qui?...

— Il maggiore d'Alcazar.

— E io sono la figlia del maggiore d'Alcazar, — disse Teresita, con alterigia.

Il tenente, sconcertato, sorpreso, aveva fatto due passi indietro.

— Se ora volete entrare nel chiosco, per vedere se la figlia del maggiore d'Alcazar ha nascosto dei ribelli, fatelo, — continuò la giovanetta, con ironia. — Entrate, tenente.

— Perdono... señorita... Se avessi saputo che qui si trovava la figlia del maggiore, non avrei osato di disturbarla.

— Avete fatto il vostro dovere e nulla devo perdonarvi, — disse Teresita, con voce raddolcita. — Io credo, signore, che vi abbiano ingannato dicendovi che dei ribelli sono entrati in questo giardino, poiché né io, né le mie donne abbiamo veduto alcuno; abbiamo udito degli spari bensí, ma al di là della cinta.

— Eppure señorita alcuni uomini che montavano dei rapidi cavalli sono stati veduti arrestarsi presso la cinta.

— Ma poi avranno continuato la fuga.

— Cosí deve essere avvenuto, — rispose il tenente. — I miei cacciatori hanno frugato tutto il parco e non hanno trovato alcun ribelle. È una vera disgrazia, señorita, che ci siano sfuggiti, poiché si sa che due di essi erano persone pericolosissime, due dei capi piú influenti dell'insurrezione.

Teresita provò un brivido nell'apprendere che erano stati riconosciuti, pure padroneggiandosi, chiese con calma:

— E sono costoro?...

— Il meticcio Ruiz Romero ed il chinese Hang-Tu. Erano essi che difendevano ostinatamente le barricate della via dell'Asuncion.

— Forse a quest'ora saranno in marcia per Bulacan.

— O per Cavite, señorita. Perdonate se vi ho disturbata.

— Buona notte, signore, e buona fortuna.

Il tenente s'inchinò gentilmente dinanzi a lei, ringuainò la sciabola e tornò verso la palazzina, seguito da dieci o dodici cacciatori che avevano perlustrato, ma invano, i dintorni del chiosco.

Teresita attese che scomparissero fra le piante, poi rinchiuse la porta e mentre Manuelita rialzava la fiamma della lampada, scostò le tende che nascondevano Romero, dicendo con voce soffocata per la gioia:

— Sei salvo, mio valoroso!

— Grazie, Teresita, — disse il meticcio, che era vivamente commosso. — Ti devo anch'io la vita.

— Vedi che mi è costata ben poca fatica, — disse la giovane, che rideva e piangeva ad un tempo. — Ah!... se potessi io disporre della tua vita!...

— Che cosa faresti, Teresita.

— T'impedirei di partire pei campi degli insorti.

— Sarebbe impossibile, mia fanciulla. Si direbbe che Romero Ruiz è un codardo.

— Ma i tuoi compagni non amano forse.

— No, non amano le donne bianche come te...

— Romero!...

— Non rimproverare il destino che mi ha spinto sui tuoi passi, Teresita, e poi...

S'interruppe, poi aggiunse con voce triste:

— Giunge l'ora della separazione.

— Parti?... — chiese la giovane, con viva commozione. — Ora?... Mentre puoi cadere in un'imboscata?... Mentre possono ucciderti sotto i miei occhi?...

— Le tenebre mi proteggeranno. Domani sarebbe troppo tardi.

— E vai?...

— A Salitran od a Cavite.

— Tu vai a cercare la morte, Romero.

— No, — disse Hang-Tu che era uscito dal suo nascondiglio e che si era silenziosamente avvicinato a loro. — No, perché Hang-Tu veglierà su di lui.

Poi fissando la giovanetta con uno sguardo strano, aggiunse, sorridendo amaramente:

— Io t'odiavo, Perla di Manilla, come odiavo tuo padre che m'ha condannato a morte e che m'avrebbe fatto fucilare, se gli amici miei non mi avessero salvato. A te tutto perdono, hai la parola di Hang-Tu. Un giorno, forse comprenderai quante stille di sangue abbia costato questo perdono al cuore di Hang-Tu e quante lagrime ai begli occhi d'una fanciulla.

Afferrò bruscamente per un braccio Than-Kiú, strappandolo al gran vaso giapponese a cui si era aggrappata, e prima ancora che Teresita, stupita da quel misterioso linguaggio, aprisse le labbra per chiedergli una spiegazione, si diresse verso l'uscita dicendo:

— Partiamo, o noi non rivedremo il tramonto di domani.

Aveva aperta la porta e stava per scendere nel parco, ma ad un tratto s'arrestò, poi indietreggiò vivamente, posando la destra sull'impugnatura della catana.

Un uomo, un ufficiale, colla sciabola sguainata nella destra ed una rivoltella nella sinistra, stava fermo sull'ultimo gradino.

— Lui!... — aveva esclamato il chinese, con un intraducibile accento d'odio.

L'ufficiale era entrato rapidamente chiudendo dietro di sé la porta. Era un uomo sulla quarantina, di statura imponente, dalla pelle bruna, con due folti baffi neri, ma un po' brizzolati e dai lineamenti energici.

I suoi occhi, neri e scintillanti come quelli della Perla di Manilla, si fissarono sul meticcio con un lampo minaccioso, poi sulla spagnuola.

— Voi!... — esclamò, con voce sibilante.

Teresita aveva mandato un grido di terrore ed era caduta in ginocchio, esclamando:

— Mio padre!...

Il maggiore d'Alcazar, poiché era proprio lui, aveva fatto due passi verso Romero puntandogli sul petto la rivoltella e dicendo:

— Vi uccido, signor Ruiz.

Il meticcio non si era mosso. Aveva incrociate le braccia e guardando tranquillamente il maggiore, aveva risposto:

— Non mi difendo: fate fuoco, signore.

Ma Teresita, dopo il primo istante di terrore, si era prontamente rialzata e con una rapida mossa si era slanciata fra il padre e Romero, dicendo con voce quasi minacciosa:

— Tu non lo ucciderai, padre mio!

Than-Kiú non aveva gettato alcun grido. Aveva fatto solamente un passo avanti, ma stringendo nella piccola mano una rivoltina che teneva nascosta nella fascia e l'aveva puntata risolutamente sul maggiore.

Hang-Tu aveva però veduto quella mossa e negli sguardi della giovane chinese aveva scorto un lampo minaccioso. Quantunque il capo degli uomini gialli odiasse mortalmente lo spagnuolo, pure aveva trattenuto la mano armata che si preparava a far fuoco, mormorando:

— No, Than-Kiú.

Il maggiore d'Alcazar, che pareva in preda ad un terribile accesso di collera, tentò di respingere Teresita, ma questa resistette, ripetendo con piú energia:

— Tu non lo ucciderai, padre mio.

— Sei tu che m'impedirai di ammazzare questo ribelle?... — chiese lo spagnuolo.

— Sí, poiché tu non puoi uccidere colui che ha salvato la vita a tua figlia.

— Contro chi?...

— Dai parangs dei moros, padre mio.

Il maggiore aveva abbassato il braccio. Il lampo d'ira che gli brillava negli occhi a poco a poco si spegneva: parve anzi che una rapida commozione passasse, come un fremito, sul suo bruno e fiero volto.

— È lui che t'ha salvata? — chiese con voce lenta.

— Sí, padre, e senza di lui tu non avresti piú la tua Teresita.

— Ed era pure lui che questa sera si batteva nella via d'Asuncion.

— Sí, maggiore, — rispose Romero.

— Che cosa siete venuto a fare qui, Romero Ruiz?... Sarebbe stato meglio per voi rimanere lontano da Manilla.

— La morte non la temo, maggiore d'Alcazar.

— E se io vi facessi arrestare?

— Fatelo, — disse Romero, con freddo accento.

— Ma tu non lo farai, padre mio, — disse Teresita. — Tu non puoi perdere per due volte quest'uomo. Il sangue spagnuolo è generoso e non si macchia di viltà, e poi, io amo quest'uomo.

— Sí, un ribelle — disse il maggiore con amarezza.

— È un prode, padre mio.

— Che volge le armi contro tuo padre.

— No, contro la Spagna, signore, — disse Romero. — Voi combattete per la vostra bandiera e io combatto per quella innalzata dai miei fratelli di colore.

— Una bandiera che si ripiegherà presto, signor Ruiz.

— Chissà, signor d'Alcazar.

— Soffocheremo l'insurrezione, non dubitate.

— E noi sapremo morire da forti.

— Voi, lo so, siete coraggioso, ma gli altri?... Avreste fatto meglio voi, che avete nelle vostre vene sangue di spagnuoli, ad abbracciare la nostra causa. Avete invece scavato un abisso: mi comprendete?

Ringuainò la sciabola, poi avvicinandosi verso la porta, disse bruscamente:

— Seguitemi.

— Padre mio! — gridò Teresita, mettendosi dinanzi a Romero.

— Il maggiore d'Alcazar pagherà il suo debito verso Romero Ruiz, — disse lo spagnuolo.

— Lo salvi?...

— O lo perdo.

— Che cosa vuoi dire?

— Quando l'insurrezione riceverà il colpo mortale, lo saprai.

— Ah!... Tu me lo uccidi!...

— Non io: lo ucciderà la guerra.

— Ma io l'amo, padre mio.

— Una figlia della vecchia Spagna non può amare i nemici della patria, — disse il maggiore, con voce cupa.

— M'ha salvato la vita.

— Ed io gliela salvo ora. Orsú, seguitemi o sarà troppo tardi.

Vedendo che Romero esitava, lo afferrò strettamente per un braccio e lo trasse seco. Hang-Tu li aveva seguiti, ma Than-Kiú, prima di uscire, si era arrestata dinanzi a Teresita. Gli occhi profondi e vellutati della celestiale si fissarono in quelli della spagnuola che erano bagnati di lagrime, ma avevano perduto la loro dolcezza. Un lampo sinistro illuminava le pupille della figlia del paese del sole.

— Gli occhi del Fiore delle Perle hanno pianto a lungo, — le disse con accento selvaggio, — ma gli occhi della Perla di Manilla piangeranno pure molto e saranno lagrime di sangue.

Poi s'allontanò frettolosamente e raggiunse Hang-Tu.

Il maggiore d'Alcazar camminava rapidamente ed in silenzio, a fianco di Romero. Seguí per qualche tratto le mura del parco, aprí un piccolo cancello di ferro ed uscí sulla via.

Due cacciatori che si trovavano appostati dietro l'angolo di un muro, vedendo quel gruppo di persone, furono lesti ad avanzarsi, intimando il «Chi vive?...»

— Il maggiore d'Alcazar, — rispose lo spagnuolo. — Sgombrate.

Una stradicciola, che serpeggiava fra le mura di parecchi giardini, si apriva di fronte al chiosco. Il maggiore vi si inoltrò facendo cenno a Romero di seguirlo e di affrettare il passo, e ad Hang-Tu e alla giovane chinese di tenersi presso di lui.

Giunto all'estremità, due altre sentinelle cercarono d'arrestarlo, ma appena riconosciutolo, s'affrettarono a ritirarsi.

Sarebbe bastata una semplice parola per far arrestare i tre ribelli, ma il leale soldato manteneva scrupolosamente la promessa, pur sapendo di dare all'insurrezione due dei piú valorosi campioni che avrebbero potuto, un giorno, creare dei gravi imbarazzi ai soldati spagnuoli.

Giunto all'estremità della via, in aperta campagna, si arrestò guardando attentamente a destra ed a sinistra, dove si scorgevano confusamente delle piantagioni di canne da zucchero, poi volgendosi verso Romero:

— Una spiegazione ora, signor Ruiz, — disse.

— Parlate, — rispose Romero.

— Come vi trovavate in casa mia?...

— Vi siamo entrati per sfuggire l'inseguimento dei cacciatori.

— O mia figlia v'aspettava?...

— No, signor d'Alcazar. Ella ignorava che noi ci eravamo nascosti nel chiosco.

— Volete un consiglio?... Dimenticatela.

— Mi vuol bene, signore.

— Ed io vi odio, signor Ruiz.

— Ah!... È vero, — disse Romero, con amarezza. — Io sono un sangue misto, un meticcio.

— No, ma vi odio poiché siete uno di quei nemici che per vincervi farete spargere alla Spagna torrenti di sangue. Senza di voi, fra quindici giorni l'insurrezione potrebbe venire spenta, mentre ora chissà se la nostra bandiera ondeggerà ancora su Cavite. So quanto valete, Ruiz, e so quanto vi si teme. Volete Teresita?... Lasciate l'insurrezione.

— Oh mai!... — esclamò Romero. — non tradirò i fratelli, maggiore d'Alcazar, dovesse il mio cuore venire infranto.

— E sia.

Poi additandogli la deserta campagna:

— Andate, — proseguí — siete liberi, ma spero un giorno di incontrarvi.

— Mi reco a difendere Salitran.

— Spero che un giorno ci rivedremo. Addio: ho pagato il mio debito.

Si volse per ritornare verso il sobborgo, ma Hang-Tu gli sbarrò il passo. Il chinese aveva rialzato l'ampio cappello che fino allora aveva tenuto abbassato nascondendogli quasi l'intero viso, e teneva in pugno la rivoltella:

— Maggiore d'Alcazar, — gli disse, — mi conoscete?

— Hang-Tu!... — esclamò lo spagnuolo.

— Sí, Hang-Tu, il capo delle società segrete che voi avete fatto condannare alla fucilazione. Potrei uccidervi, ma invece vi risparmio. Voi mi avete salvata la vita ed ora sono io che rinuncio a prendermi la vostra; nulla quindi piú debbo a voi per ciò che avete fatto ora ed il mio odio rimane intatto. Addio, o meglio arrivederci a Salitran, maggiore d'Alcazar.